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INCIDENTI IN MONTAGNA

Valsorda, ancora troppi escursionisti soccorsi: «Serve maggiore preparazione»

Ennesimo intervento del Soccorso alpino. In anni recenti tre vittime. Con la bella stagione ricominciano le escursioni e aumentano i rischi Corà: «Non si va in ambiente impervio con scarpe da ginnastica»
Soccorritori impegnati in Valsorda. Ogni anno moltissimi interventi
Soccorritori impegnati in Valsorda. Ogni anno moltissimi interventi
Soccorritori impegnati in Valsorda. Ogni anno moltissimi interventi
Soccorritori impegnati in Valsorda. Ogni anno moltissimi interventi

È quasi l’ora del crepuscolo. La luce comincia a calare nella boscaglia della Valsorda. Una coppia Isola della Scala, marito e moglie di 35 e 32 anni in gita con la nipote quindicenne, è in difficoltà sul sentiero del rientro: il terreno è umido di pioggia, sdrucciolevole ed erto. Lei è scivolata, ha un ginocchio leggermente ferito. Sono stanchi, capiscono di non essere in grado di trarsi d’impaccio. Allertano il «118», viene attivata la stazione veronese del Corpo nazionale di Soccorso alpino e speleologico del Cai.

Cinque operatori raggiungono malga Biancari, punto di partenza dei sentieri che si snodano intorno ai 52 metri di acciaio sospesi ad un’altezza di 40 metri del famoso (famigerato?) «ponte tibetano». Si dividono in due squadre, cominciano la ricerca. È l’ennesimo intervento nella zona in pochi anni, ormai vanno quasi ad istinto. In breve raggiungono il gruppetto in difficoltà, confortano e guidano il rientro in sicurezza. Viene contattata la centrale del «118»: l’intervento medico non è necessario, la famiglia torna a casa con la propria auto. Lieto fine.

Croce dei soccorritori

Allarga le braccia Alberto Corà, a capo del Cnsas scaligero. «Spiace dirlo, ma il problema esiste. Non si affrontano itinerari in “ambiente impervio“ con le scarpe da ginnastica, senza un minimo di preparazione fisica e valutazione del percorso». Diciotto missioni già all’attivo per il 2023 e 95 effettuate l’anno precedente: numeri che collocano la stazione di Soccorso alpino di Verona al secondo posto, su scala veneta, dietro solamente a Cortina, a dispetto del contesto ovviamente diverso.

La Valsorda da anni è «croce» e nessuna delizia per i soccorritori. In alcune stagioni recenti gli interventi nella zona avevano sfiorato in qualche caso: persone esauste, sfinite dal caldo estivo, senza più orientamento. Ma anche tre vittime, purtroppo.  Nel 2012 una giovane mamma scivolata sul pendio e morta di fronte agli occhi del figlio. Sette anni dopo un ventisettenne di Pegognaga, precipitato in un dirupo dopo aver perso la traccia, non prima di avere lanciato su Facebook un messaggio che, a tragedia compiuta, sarebbe apparso inquietante: «Non so dove sono, ho le scarpe sbagliate, vado avanti. Se va male, chiedo scusa».  Nel 2020 la caduta fatale ad Antonio Sartori, il «padre» del Parco delle Cascate di Molina. Incidente da cui uscì fortunatamente senza danni la nipotina di quattro anni che era in gita con lui e la mamma.

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Prevenzione

Corà forse vorrebbe essere più severo. Ma è un soccorritore e si trattiene. «La Valsorda? Nulla che non sia affrontabile dai più, fatta salva la dovuta preparazione fisica, una capacità di valutazione del percorsi ed una dotazione tecnica basilare ma indispensabile, cominciando dalle calzature. Negli ultimi tempi il Comune ha fatto quanto in suo potere per rendere comprensibili i tracciati, un bel lavoro. Poi c’è l’aspetto soggettivo...».

È «alta collina», forse al più «media montagna» (quota massima poco oltre i 700 metri, ndr), a pochi minuti dalla città. Ma di scarponi degni tale nome, da quelle parti, se ne vedono pochi. Nonostante alcuni tratti siano protetti da corrimano in acciaio e paratie con reti, gradinati in alcuni punti, scivolosi sempre quando piove o ha appena smesso. «Il guaio sta nel non rendersi conto delle variabili possibili su un terreno impervio, quasi sempre complicato anche per portare soccorso», ribadisce Corà. Un acquazzone estivo cambia radicalmente lo scenario, al pari del caldo torrido (e soffocante, vista la quota) quando non si abbia neppure una goccia d’acqua.

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Tabelle

«Per escursionisti esperti». «Difficile». Ora le indicazioni, su alcuni tracciati della Valsorda, ci sono. Giuseppe Zardini, sindaco di Marano, sposa l’analisi del Soccorso alpino: «Grazie, sempre, per ciò che fanno e per avere collaborato con noi negli interventi di sicurezza. Hanno ragione: pochi mettono purtroppo nel conto il reale impegno di certi tracciati, nonostante le indicazioni siano esplicite e i percorsi ben tenuti». Ovvero decine di migliaia di euro in interventi, sui sentieri e relative segnalazioni, in diversa proporzione divisi tra Parco regionale della Lessinia e Comune. E volontari della Pro loco dislocati, nei fine settimana, a malga Biancari, per fornire informazioni e consigli.

«Francamente», ammette il primo cittadino, «non saprei che altro fare sul fronte operativo». «Forse il vero problema», riflette, «sta in un’equazione sbagliata all’origine: “vicino“ non equivale a “facile“».  Un altro aggettivo, «impervio», segna la differenza quanto ad eventi e conseguenze. «La stessa che passa tra l’essere esausti o presi dal temporale nel centro città costellato di bar o da soli sulla montagna», chiarisce Corà. A buon intenditor...

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Paolo Mozzo

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