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«Per vedere il ponte tibetano
si perdono ogni settimana»

MARANO. L'allarme di una ristoratrice dopo l'ultimo episodio che ha visto i soccorritori cercare due giovani in Valsorda. Lonardi: «Spesso nelle sere dei fine settimana dobbiamo riaccompagnare escursionisti che non sanno dove sono finiti»
Il ponte tibetano realizzato in Valsorda attrae molti turisti spesso poco pratici di sentieri
Il ponte tibetano realizzato in Valsorda attrae molti turisti spesso poco pratici di sentieri
Il ponte tibetano realizzato in Valsorda attrae molti turisti spesso poco pratici di sentieri
Il ponte tibetano realizzato in Valsorda attrae molti turisti spesso poco pratici di sentieri

Marano. Ai margini della selva oscura dove è facile smarrire la retta via. Ida Lonardi abita lì, a due passi da Malga Biancari, dove partono i sentieri che salgono alla collina di Marezzane e al Monte Noroni, o che dalla valle di Marano scendono a Fumane, passando dal nuovo ponte tibetano oppure lungo la stretta gola della Valsorda, in un dedalo di viottoli, ufficiali e non, che attraversano boschi e stretti canyon tra le rocce, in cui è facile perdere l'orientamento, ma anche farsi male. La cronaca recente purtroppo è segnata dalla tragica fine di Federica Gellio, trentanovenne di Sant'Ambrogio, scivolata e morta battendo la testa sul terreno davanti agli occhi del figlioletto domenica 12 agosto, e dallo smarrimento di due giovani escursionisti, recuperati dal soccorso alpino solo a notte fonda, domenica scorsa. Ma da queste parti ricordano anche di un ragazzo ritrovato annegato nel torrente della Valsorda 40 anni fa e di un anziano del luogo caduto da uno spuntone di roccia e ritrovato tre giorni dopo, nei primi anni del secolo scorso. «Adesso invece qualcuno si perde tutte le settimane», premette la Lonardi, ristoratrice di via Pontarola, contrada sopra San Rocco di Marano, «il ponte tibetano è un forte attrattore di persone, che si avventurano spesso lungo i sentieri, senza preparazione e abbigliamento adeguato. Quello della Valsorda esiste da trent'anni e non si è mai perduto nessuno, poi ne sono stati realizzati altri, che non sono probabilmente segnalati bene. Così capita spesso che mio marito e mio figlio ormai a sera trovino persone salite dalla valle dei progni di Fumane che non sanno più da che parte andare e che talvolta riaccompagniamo a valle per recuperare l'auto». «Prima della realizzazione del ponte tibetano la gente si perdeva di più sui sentieri di Marezzane o di Monte Noroni», prosegue, «dalla Valsorda salivano solo i più esperti. Invece oggi per vedere il ponte si avventurano in molti anche da lì». Quello della Valsorda è un percorso impegnativo, realizzato dal Cai e segnalato con le classiche strisce bianche e rosse, disegnate su alberi e spuntoni di roccia. Ce ne sono altri invece, battuti succesivamente e segnalati con cartelli direzionali alle biforcazioni, lungo i quali si possono incontrare alcune false vie, aperte dal passaggio continuo dei cinghiali e dei cacciatori, in cui si infilano talvolta per errore gli escursionisti poco esperti, che poi non riescono a ritrovare la strada del ritorno. E a peggiorare la situazione in alcuni punti ci si mette pure la scarsa copertura per i telefoni cellulari. «Non c'è campo nemmeno per le telefonate d'emergenza», spiega la ristoratrice, «insomma, il ponte tibetano in sè è estremamente sicuro, ma la gente deve capire che non ci si può arrivare con le infradito o le scarpe coi tacchi e che quei sentieri non sono cosa adatta a tutti. Ci sono tratti scoscesi che per qualcuno possono risultare molto difficoltosi. Vado spesso a camminare sulle montagne del Trentino, ma lì preferisco non andarci». E il ponte tibetano? «Beh, quello preferisco guardarlo su internet». © RIPRODUZIONE RISERVATA

Gianfranco Riolfi

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