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Il dibattito

«Sparare ai lupi? Non serve a nulla. Bisogna essere onesti con gli allevatori: esiste solo la prevenzione»

L'intervista a Claudio Groff, coordinatore per la gestione dei grandi carnivori della Provincia Autonoma di Trento

Ha una certezza. «Sparare ai lupi per sterminarli, anche ammettendo che ciò fosse ammesso, non sarebbe comunque la soluzione». Claudio Groff, coordinatore per la gestione dei grandi carnivori della Provincia Autonoma di Trento, territorio già alle prese con il dolore e le polemiche seguite alla morte del giovane Andrea Papi per l'aggressione da parte di un orso, affronta con il pragmatismo del faunista di lungo corso l'altra «grande emergenza», emotiva ed economica, legata al ritorno del canis lupus.

 

«Il bracconaggio non fa calare la popolazione»

«Anche nell'Italia centrale, dove il bracconaggio è ben più diffuso, la specie "incassa" i colpi ma non arretra. Capisco perfettamente le ragioni degli allevatori ma, guardando alla realtà, si sarà obbligati ad un cambiamento nell'approccio al problema».

«Volenti o no», osserva, «la prevenzione dei danni è l'unica via percorribile». La realtà dovrebbe mettere a tacere le tifoserie opposte. Divise e agguerrite, tra fautori della soluzione finale con il «piombo» o deportazioni di massa e protezionisti dell'ala estrema, quelli del «giù le mani dai selvatici senza se né ma».

 

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Lupi in Lessinia

Tre branchi (almeno) scorrazzano in Lessinia. La presenza del predatore è altrettanto forte nel vicino Trentino: dalla quasi condivisa Val dei Ronchi fin su, verso le Dolomiti e dal Baldo ai territori occidentali della Provincia autonoma, le «terre dell'orso».

«E non sono certamente tutti figli e discendenti di Slavc e Giulietta, sebbene siano stati i capostipiti», precisa Groff. «Altri innesti sono arrivati infatti dall'Ovest alpino e dalle montagne dinariche. Più in generale, ormai», osserva il faunista, «si tratta di una ricolonizzazione, che interessa anche la pianura Padana, fino alle foci del Po». Altro che branchi paracadutati dietro le linee in un presunto «Wolf-Day».

 

La prevenzione

Come sperimentò il Francesco patrono d'Italia, Fratello Lupo è di tempra tosta, teppista per natura contro mandrie e greggi. In assenza di santi tocca però agli uomini sfangare la situazione. «Da dieci anni abbiamo puntato sulla prevenzione. Avevamo l'esperienza fornita dal ripopolamento dei plantigradi e l'abbiamo adattata», spiega Claudio Groff.Significa, in sintesi, recinzioni elettrificate e cani da guardiania.

Le prime, assicura, «funzionano, eccome. Se non al 100 di certo al 90 per cento. Ed è un grande vantaggio. Ma non vanno considerate come una dotazione a tutta prova: richiedono manutenzione e attenzione. Solo così l'efficacia è massima».

 

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E il turismo?

Quanto ai «vigilantes» a quattro zampe il problema è più complesso. In aree frequentate da turisti, vale per il Trentino come per la Lessinia, la presenza di «corpi speciali» ringhianti potrebbe causare problemi anche ai benintenzionati di passaggio: una questione di difesa del territorio.

«Il problema è stato affrontato, con lo stesso specialista toscano, Duccio Berzi, il quale aveva collaborato anche con la Provincia di Verona», spiega il faunista trentino.

«Sono state elaborate linee guida per la gestione dei cani (a Nord di Verona l'acquisto è finanziato al 90 per cento, ndr). Un lavoro che continua con l'apporto di specialisti piemontesi e nostri veterinari al fianco degli allevatori». Questi ultimi comunque chiamati ad un'assunzione di responsabilità: «Ad oggi, da noi, i danni sono pagati sempre e comunque», spiega Groff. «Ma si sta lavorando ad una revisione restrittiva della norma, ovvero niente risarcimento per chi non si doti di misure di protezione. Perché un dato è certo: dove viene attuata la prevenzione gli attacchi crollano drasticamente».

 

I problemi della Lessinia

Il problema è evidente sull'altopiano lessinico. E ancora più lo sarà con l'imminente alpeggio, il «cargar montagna», con le mandrie lasciate al pascolo brado. Incluse le manze, pietanza preferita dai lupi nostrani, indifese, a differenza degli esemplari adulti dotati di corna e zoccoli, coriacei anche per un branco. «Un immenso "self-service" all'aria aperta», sintetizza Groff. Ma è la tradizione. La Regione Veneto, con maggiore o minore tempestività, paga i danni.

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«Si arriverà però al punto», ribadisce, «in cui il risarcimento sarà legato alle opere di prevenzione. Impegno gravoso, certo. Ma necessario».La Lessinia non è (neppure per disponibilità finanziaria) il Trentino, nonostante «i buoni rapporti con l'ente Parco regionale». «Si lavorava in un modo, ora tocca cambiare», ammette lo specialista. «Senza contare però come il lupo, dall'Appennino, alla Francia alla Spagna, possa essere anche un richiamo forte per il turismo».

«Eliminare un plantigrado "problematico" fa una differenza. Per i branchi non è così, sparare non è una soluzione, se non per casi estremi. Bisogna essere onesti con gli allevatori ed accettare, per quanto difficile, di cambiare metodo». Tra proclami (troppi), politica (altalenante), polemiche (continue) e in assenza del Santo Francesco si va a «cargar montagna». E i lupi saranno lupi. Zanne pronte, zero discorsi e menù servito «alla carta».. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Paolo Mozzo

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