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Francesca, il talento
veronese che svela
Leonardo al mondo

Francesca Borgo, docente alla «St.Andrews», in Scozia, davanti a un affresco del castello estense
Francesca Borgo, docente alla «St.Andrews», in Scozia, davanti a un affresco del castello estense
Francesca Borgo, docente alla «St.Andrews», in Scozia, davanti a un affresco del castello estense
Francesca Borgo, docente alla «St.Andrews», in Scozia, davanti a un affresco del castello estense

La presentano come «l’astro nascente degli studi su Leonardo da Vinci». «Esagerato e immeritato!», si schermisce lei, «È solo perché di studiosi di Leonardo giovani ce ne sono pochi». Ma il curriculum di Francesca Borgo, 34 anni, veronese, fa di tutto per smentirla: laurea in storia dell'Arte a Ca’ Foscari di Venezia, master e PhD (il nostro dottorato) ad Harvard, sei mesi all'università di Amburgo, un anno al Getty Research Institute di Los Angeles e quattro a Firenze nell'istituto tedesco di Storia dell'Arte della prestigiosa «Max Planck». E oggi la cattedra di storia dell'arte del Rinascimento alla scozzese St.Andrews, la terza università più antica del Regno Unito dopo Oxford e Cambridge. Quella dove hanno studiato e si sono conosciuti William e Kate, i duchi di Cambridge. Al suo posto prima di lei c’era Martin Kemp, il più grande leonardista vivente, oggi professore emerito a Oxford. E siccome il 2019 è l’anno dedicato proprio al genio rinascimentale, di cui si celebrano i 500 anni dalla morte, la professoressa Borgo tornerà per un po’ in Italia. Con il direttore del Centro Palladiano Guido Beltramini, darà vita a una mostra su Leonardo e Vitruvio a Fano, nella Marche. Sta curando con due colleghi la pubblicazione del volume di studi «Leonardo e gli altri», ma, prima di tutto, il 18 gennaio, salirà sul palco del teatro comunale di Vicenza per raccontare «L'origine delle cose: il disegno del primo Rinascimento», una delle quattro conferenze del ciclo «Cervelli in fuga».

Ma si sente un cervello in fuga?

Non mi sento incompresa e a dire il vero non ho avuto mai il tempo di chiedermi se sarei voluta rientrare. Fossi rimasta qui, non farei le cose che faccio e che mi piacciono. Quindi, è andata bene così. Anche se è ovvio che fare una serata a Vicenza, vicino a casa, mi emoziona molto di più di quando l'ho fatta per esempio a Tokyo. E finalmente posso parlare in italiano!

Cosa racconterà sul palco?

Vorrei raccontare come lavorava la testa di Leonardo. Come se potessimo chinarci sul suo scrittorio, oltre la sua spalla, e lo vedessimo mentre lavora. Mi piacerebbe aiutare il pubblico a guardare più lentamente e a «smontare» le immagini. Leonardo sarà inserito in un discorso più ampio, quello sul valore del disegno per gli artisti di inizio 1500, documento della mente dell'artista al lavoro E ci sarà una parte dedicata all'uomo vitruviano: cercheremo di leggerlo capendo in quale sequenza è stato creato. È il processo che mi interessa. Ma per farlo partirò da un'opera che amo particolarmente...

Cioè?

Cioè il «Fanciullo con disegno del Caroto», conservato al museo di Castelvecchio, uno di quelli rubati e ritrovati due anni fa. È un quadro pazzesco e molto poco conosciuto. È una delle mie opere preferite, da quando ci portavano lì alle medie in visita scolastica. Il «fanciullo» mi aiuta a introdurre il concetto del disegno come origine del percorso artistico, dalla bottega alla tela, con il passaggio obbligato dal disegno.

Quando ha «incontrato» Leonardo da Vinci?

Non prestissimo, più o meno a metà della mia tesi sulla pittura di battaglia: era impossibile occuparsene senza occuparsi di Leonardo. Ma la peculiarità degli studi su di lui è che esistono 4.000 pagine autografe, fra manoscritti e disegni, e 40 nuove monografie all'anno. Il «biglietto d'ingresso» per entrare in questo campo di studi è molto caro: devi fermarti un anno per capire come orientarti, devi scalare una montagna di carta per entrare nel mondo di Leonardo. Il problema è che quando viene fuori il nome di Leonardo, il resto scompare: un sacco di studiosi non si avvicinano a lui perché pensano che sia stato tutto fatto, in realtà c'è ancora moltissimo da scoprire. Lo dico sempre ai miei studenti. E con queste celebrazioni ce ne stiamo rendendo conto sempre di più.

Che rapporto c'è con la figura storica di Leonardo?

Diciamo che non mi interessano certi aspetti della sua biografia, ad esempio se fosse stato omosessuale o no, come invece interessa a certa divulgazione. Non darebbe una risposta diversa ai quesiti su di lui. Mi interessano la sua mano e il suo occhio.

Nel 2017 il «Salvator Mundi» di Leonardo è stato venduto a 450 milioni. Una cifra spropositata?

Qualcuno ha detto addirittura che è stata la decadenza della civiltà occidentale! Io invece mi sono chiesta cosa avrebbe pensato. E lui sarebbe stato assolutamente entusiasta, perché gran parte di quello che cerca di fare Leonardo è caratterizzare la pittura come la realizzazione umana più preziosa, la cosa migliore che l'uomo sia riuscito a ad esprimere. Non avrebbe mai pensato che un prezzo per un dipinto sarebbe stato troppo alto. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Riccardo Verzè

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