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IL 23 AGOSTO: L'INTERVISTA

Carl Brave: «L’Arena? Un sogno che si realizza»

Carl Brave
Carl Brave
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Carl Brave

Sono poco più di 500 i chilometri che separano il Colosseo dall’Arena. Un viaggio di un’ora d’aereo, qualche ora di macchina. Per Carl Brave però, cantante romano classe 1989, la conquista del luogo simbolo di Verona è partita da molto più lontano e adesso è lì. E’ un sogno che si realizza. Lunedì prossimo, 23 agosto, infatti, sarà Carlo Luigi Coraggio – Carl Brave – il padrone di casa dell’Arena nel «Coraggio live tour 2021», tournée che prende il nome dal suo ultimo album.

 

Carlo Coraggio, Carl Brave se vogliamo dirlo in inglese, che tipo di concerto sarà quello che si terrà in Arena lunedì prossimo?

Sarà il mio concerto migliore. Sul palco saremo in undici, tantissimi. Con me ci sono due nuovi coristi e poi fiati, chitarre, percussioni, batteria, sassofono, tromba, flicorno, basso, piano. Ripercorrerò la carriera dall’inizio dando però tanto spazio a «Coraggio». Sarà una cosa mai fatta, diciamo un upgrade rispetto allo scorso tour. Con questi nuovi elementi ci sarà un bel picco «de quality» (lo dice mezzo in romanesco, ndr). Dai momenti più grevi a quasi picchi di tecno.

 

Sarà un concerto abbastanza lungo però come dice Carlo Verdone in un suo film «Se score». Come ci arriva a questo appuntamento? 

E' una sensazione di voglia di salire sul palco mischiata a ansia. E davvero tanta ansia. Se due o tre anni fa mi avessero detto che avrei fatto questo concerto credo che avrei risposto solamente «Ma magari». Già dai tempi dei concerti con Franco126 facevamo la gag di uscire e dire: “ciao Arena di Verona!”, anche se eravamo nei locali. Alla fine questa cosa ha portato fortuna.

 

Nella canzone «Fratelli» canta: «Ieri ho fatto le 6. Stavo a Verona con tutti i butei». Cosa ci può raccontare di quella notte?

Assolutamente niente! (ride, ndr)

 

Va bene, qual è allora il suo rapporto con Verona?

Ottimo. Io ho un grande amico di Verona e vado spesso a trovarlo, l’ho conosciuto quando ho frequentato la Sae a Milano. Diciamo che i primi anni sono stati quelli più bollenti, con lui ho frequentato tutta la città: il centro e casa di altri amici. Varie situazioni, ecco. L’Arena è un po’ il Colosseo, sì, ma in generale Verona è una città dove mi sono sempre trovato benissimo. Poi, io non ci sono mai stato più di una settimana quindi non ho vissuto la vera vita veronese, fare la spesa o cose simili. Però sono sempre stato bene.

 

Che periodo è stato per lei quello dei lockdown, delle chiusure?

Mesi senza palchi e musica dal vivo… Nella disgrazia l’ho vissuto bene. Ho avuto una grande botta di ispirazione, io sono un lavoratore. Il mio trucco è mettermi ogni volta che ho tempo davanti al computer e lì le cose mi escono: scrivo, faccio le basi. Devo dire che sono usciti un sacco di pezzi e alcuni li ho pure messi dentro a «Coraggio». Come «Le Guardie» che è brano crudo ed è nato là. Com’è la situazione ora nel mondo della musica? E’ tosta. Le regole sono troppo «Pellaria», faccio una autocit. Aspettiamo da tanto di suonare, facciamo con meno gente e secondo me è sbagliato che ognuno faccia come gli pare. Ma è vero pure che nei fine settimana c’è il «fuoco», è pieno di gente, nei centri città, in strada. Bisogna capire qual è la dimensione giusta. Senza dimenticare tutti quelli che vivono di questo lavoro, che stanno dietro i palchi.

 

Cosa racconta nelle sue canzoni? Che lente usa?

Racconto la mia vita, il mio momento, questo periodo storico. Cerco di descrivere piccole storie, anche magari inutili. Istanti che solitamente non si raccontano e lo faccio con l’occhio di una persona normale. Il quotidiano di tutti, piccoli frammenti che diventano grandi a seconda del vissuto di ciascuno.

 

Nell’ultimo periodo, conclusa anche la bella e fortunata esperienza con Franco126, l’album «Notte Brave» e «Coraggio» ha sempre fatto tantissime collaborazioni. Come mai questa scelta?

I featuring ti danno nel pezzo un altro timbro vocale, per me averne due, tre in una canzone fanno diventare quel pezzo meno noioso: io ragiono sempre da produttore. Mi dispiace poi quando mi etichettano: indie, pop o trap, vorrei far capire che etichettare è sbagliato. Ormai noi facciamo tutto. Programmi per il futuro? Un sacco di cose. A settembre uscirà un progetto molto diverso dal solito, sperimentale. Darò un lato di me che si è sentito fino ad ora solo in piccoli sprazzi..

Nicolò Vincenzi

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