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LA SFIDA

«Noi, commesse
Anni ’60
in divisa»

Prosegue con tagliandi quotidianamente sul giornale (a pagina 31) la nostra iniziativa per incoronare il migliore addetto alla vendita. Intanto tuffo nel passato
Il gruppo delle ex commesse di Coin, «anima» del grande magazzino negli anni Sessanta e Settanta
Il gruppo delle ex commesse di Coin, «anima» del grande magazzino negli anni Sessanta e Settanta
Il gruppo delle ex commesse di Coin, «anima» del grande magazzino negli anni Sessanta e Settanta
Il gruppo delle ex commesse di Coin, «anima» del grande magazzino negli anni Sessanta e Settanta

«Buongiorno, posso esserle utile?». Era questo l’approccio al cliente richiesto negli anni Sessanta e Settanta alle commesse dei grandi magazzini Coin, nella storica sede in via Cappello, un mondo di novità che andavano dall’abbigliamento ai giocattoli e casalinghi. Senza contare le avveniristiche, a quel tempo, scale mobili. Rigorosamente in divisa, prima grigia e poi blu, sempre con la gonna, scarpe chiuse con i tacchi e calze anche d’estate, le commesse dovevano mostrarsi gentili ma discrete, disponibili e mai invadenti. Guai a dare il benvenuto con un «ciao», troppo colloquiale. Figuriamoci rivolgersi al cliente dandogli del tu, impensabile: il lei era obbligatorio. Vietato dire, di un vestito o complemento d’arredo «non ce l’abbiamo»: bisognava trovare sempre un’alternativa ed essere convincenti, oltre che professionali. Non erano ammesse chiacchiere tra colleghe nell’orario di apertura. E colloqui a voce alta. Vigeva insomma un codice di comportamento ben preciso. Non sarà stato un po’ soffocante o noioso lavorare così? «Macché, è stato bellissimo» risponde Maria Magagna, 93 anni, di Negrar di Valpolicella, per 30 anni commessa a Coin nel reparto Bambino. Fu assunta all’apertura del grande magazzino, nel 1960. Aveva 33 anni e sulle spalle già 20 anni di esperienza sartoriale. «Non mi piaceva fare la sarta, ho amato molto di più fare la commessa», spiega Magagna. «Il contatto con le persone era la cosa più bella, mi divertiva capire cosa volevano e mandarli via contenti dei loro acquisti». Annuiscono le colleghe Novella Boselli, 69 anni, di Negrar, e Laura Marcolini, 66, di Verona, che al momento dell’assunzione avevano 16 anni. Le commesse di allora lasciano spazio ai ricordi mentre è partita la nostra iniziativa (tagliandi ogni giorno su L’Arena) in cui i lettori voteranno i loro commessi preferiti. Boselli «è nata» nel 1965 al reparto Uomo e poi è passata al lavoro d’ufficio. Marcolini ha fatto esperienza in tutti i reparti, per specializzarsi infine nei casalinghi, ed è l’unica del gruppo che ha lasciato Coin (dopo 22 anni) per divenire capo area alla Metro. Sandra Girardi, 68 anni, di Verona, ne aveva 15 quando iniziò come commessa, settore Giocattoli. Era il 1965. Altri tempi. «Per tutte noi fu l’inizio di un’esperienza straordinaria, non solo lavorativa», affermano. «C’era attenzione per la formazione e specializzazione di ognuna, poi s’imparava anche sul campo. I criteri espositivi erano rigidi, le regole andavano rispettate. Ma era giusto così. La vendita era molto diversa, rispetto a oggi: i clienti si facevano consigliare e spesso venivano le mogli a comprare per i mariti. Gli uomini, poi, le mutande non se le compravano mai: ci pensavano le consorti o le madri». A distanza di tempo i ricordi sono ancora nitidi e l’entusiasmo trapela in ogni discorso. «Vi ricordate di quando si rimaneva fino alle tre di notte per gli allestimenti o i cambi di stagione?», chiede Boselli. «Sì, mi divertivo tanto», risponde Marcolini. «E le signore anziane che cadevano sulle scale mobili, i bambini che si facevano male alle dita o quel cane che rimase intrappolato con le zampe…», prosegue Girardi, che si occupava anche dell’infermeria interna. E un tempo, da Coin, erano ammessi anche gli animali. Loro quattro sempre rimaste in contatto e da colleghe sono diventate amiche. «Abbiamo condiviso molto, in quegli anni, e imparato la convivenza. Una lezione che ci è servita per la vita».


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Camilla Madinelli

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