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Dopo 15 giorni di ricerche

L'epopea di Crazy
Ecco il racconto
di chi l'ha salvato

Stefano Benedetti, il «salvatore» di Crazy
Stefano Benedetti, il «salvatore» di Crazy
Stefano Benedetti, il «salvatore» di Crazy
Stefano Benedetti, il «salvatore» di Crazy

Stefano Benedetti ha 33 anni, è un vicentino appassionato di montagna ed è lui ad aver ritrovato Crazy, il pastore australiano scomparso sul Carega e rintracciato dopo un'incredibile «impresa collettiva» durata 15 giorni. Questo è il suo racconto

 

Dopo aver letto l’articolo sul giornale e l’annuncio dato su Facebook, domenica scorsa non potevo che scegliere come itinerario un percorso escursionistico sul Carega. Il tempo era pessimo e purtroppo ero rincasato senza buone notizie anche se le zone percorse (Campogrosso-Giaron della Scala-Scalorbi - bivio Plische – rif. Fraccaroli - Bocchetta Fondi e discesa per l’omonimo Boale – Campogrosso) sapevo potevano essere quelle giuste. Non credevo affatto che un cane riuscisse a percorrere tanti chilometri da raggiungere la pianura vicentina o veronese e nemmeno che nessuno l’avesse mai incrociato, fosse per bosco o per strada: ero quasi certo che dovesse trovarsi ancora lassù, dentro qualche gola o dolorante nascosto tra i mughi.

E così, alla mia seconda domenica disponibile, sono giunto al rifugio Cesare Battisti, sopra Recoaro, per iniziare le ricerche. Il programma era di percorrere il sentiero che porta al vajo Scuro: facile nella prima parte e veramente impegnativo dall’incrocio con il vajo Lovaraste. Un cane, rincorrendo una preda o “giocando” con i camosci poteva spingersi solo fino a questo incrocio (inizio tratto attrezzato impegnativo). Nulla di fatto, solo qualche camoscio e loro tracce. Ridiscendo con l’intenzione di andare in zona rifugio Scalorbi e scrutare in tutti i canali/vaj che ci sono nelle vicinanze. Sono salito quindi per il vajo Pelagatta (sentiero 114) fino al rifugio Scalorbi e, poco sotto quest’ultimo, ho cercato bene tra le mugaie e nelle “terrazze” dove i camosci solitamente prendono il sole. Ho quindi rimontato i circa 150 metri di dislivello che separano il rifugio Scalorbi dalla caverna dove all’interno era riposto il cuscino di Crazy: una vecchia traccia di cibo masticato –forse pollo?- (al di là di due wurstel interi), mi han fatto capire che il cane doveva essere ancora nei paraggi.

Frontalmente a questa piccola caverna, un bel pendio erboso con un po’ di neve ed un’altra caverna mi dicono di provare a vedere. Mi trovo proprio sopra il vajo Pelagatta, non quello del percorso escursionistico che a metà devia bruscamente a sinistra, ma all’uscita del vajo principale vero e proprio che termina a quota 1870 circa. È un attimo, uno sguardo in basso e vedo una “palla di pelo”: è proprio lui, Crazy! Se ne sta seduto con lo sguardo rivolto a valle. Lo chiamo e si gira di scatto, mi risponde immediatamente con due abbai secchi e dopo nulla più. Tre ragazzi che mi precedevano di poco nel vicino sentiero mi sentono urlare: si fermano e si girano, rivolgo loro la domanda “state cercando il cane???”. Mi dicono di no ma vedo che s’incamminano verso di me. Saranno di grande aiuto per comunicarmi eventuali movimenti del cane e nell’avvisare Roberto, il padrone di Crazy.

 

LA SECONDA PARTE DEL RACCONTO A QUESTO LINK 

 

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