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Dopo 15 giorni di ricerche

L'epopea di Crazy
Il racconto di chi
l'ha salvato - 2

Il momento in cui Stefano raggiunge Crazy
Il momento in cui Stefano raggiunge Crazy
Il momento in cui Stefano raggiunge Crazy
Il momento in cui Stefano raggiunge Crazy

La seconda parte del racconto di Stefano Benedetti, il «salvatore» di Crazy (clicca qui per la prima parte):

 

Valuto quindi la discesa: inizialmente erba e piccoli sassi e poi roccia franosa con sassi di piccola e media dimensione. E’ come camminare in una cristalleria, ogni sassolino che muovo scende e finisce proprio vicino al cane che, alcune volte, si sposta impaurito. La discesa, circa 100 metri di dislivello, è lenta e faticosa, vuoi per il tentativo di non muovere un sasso vuoi per l’attenzione personale che devo prestare: arrivo a circa 10 metri dal cane che è “intrappolato” sotto un salto roccioso di circa 2 metri e mezzo. Sicuramente sotto questa grande roccia aveva dormito perché riparato da una specie di tettoia di circa 1 metro per 1.

Non l’ho ancora raggiunto ma mi sono già privato dei tre paninetti con la mortadella che lancio nella sua direzione: divorati. Non sembra comunque felicissimo di vedermi, tant’è che brontola e ciò mi intimorisce un po’. Me ne infischio, ridiscendo il salto roccioso e continuando a parlargli me lo ritrovo di fianco. E’ davvero un bel cane! Ferito, perché vedo provenire sangue fresco da una zampa ma tutto sommato mi sembra in buona salute per essere da più di 10 giorni in quell’ambiente! Gli porgo il mio litro d’acqua che ingurgita in un battibaleno ed apro due saporitissimi mandarini che…vanno giù che è un piacere: ok Crazy, mi hai mangiato tutto, inutile che annusi nello zaino gli dico!

Dopo un po’ di coccole capisco di essere diventato un suo amico: lo prendo in braccio e provo a metterlo sopra il salto roccioso. Impaurito, punta le zampe e mi spinge all’indietro. Capisco che da lì non passeremo e quindi valuto di uscire dalla gola del vajo ed aggirare il grande torrione roccioso che ci separa dalla “salvezza”, il rifugio Scalorbi. Avviso i ragazzi rimasti di sopra e dico loro di ridiscendere allo Scalorbi dove ci incontreremo.

Lego quindi il cordino/fettuccia del mio zaino che è sufficientemente lungo alla pettorina del cane: risalgo lateralmente due metri quasi verticali su terreno morbido/erboso. Non ci sono alternative, deve salire da lì: lo incito a seguirmi e tiro il cordino. Non ho dubbi, si è arrampicato perché ha annusato… la salvezza!!! Percorriamo un piccolo traverso esposto e poi giù per l’ampio ghiaione, spostamento laterale sotto il torrione e poi in salita verso lo Scalorbi. Mi accorgo che è stanco ed affaticato quando il cordino si tende: Crazy si ferma a riposare e a mangiare la poca neve quando la troviamo.

Sul sentiero battuto sente aria di casa e quasi mi supera! Dopo poco mi raggiungono i ragazzi (che ringrazio davvero per l’aiuto e per aver cambiato il loro programma di giornata!) e con loro cominciamo la discesa verso il Pertica: Crazy zoppica ma quando vede Roberto, comincia a correre. E’ un momento di grande gioia per tutti.

La mia giornata termina così, con quella consegna tanto attesa e desiderata da parte di Roberto. Ripercorro a ritroso, con passo lento e stanco, la strada fino al rifugio Scalorbi in assoluto silenzio; raccolgo i volantini affissi al rifugio e lasciati nella vicina Chiesetta e comincio la discesa verso il rifugio Battisti. Non ho mai scritto un post così lungo ma penso che tutto l’affetto dimostrato da tantissime persone verso questo cane lo richiedesse. Ciao Crazy, chissà magari un giorno ci rivedremo! Nel frattempo spero ti rimetterai presto per correre felice insieme al tuo amico Shadow e al tuo padrone.

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