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La storia

Lucio, il triatleta che presta gli occhi a Gina. «Con lui non sono mai inciampata»

La storia di Mariuccio Zaffaina e Gina Rocca: il primo una volta a settimana assiste la seconda per allenarsi in cammino o di corsa
Lucio e Gina
Lucio e Gina
Lucio e Gina
Lucio e Gina

«Una volta a settimana presto i miei occhi a Gina per regalarle la straordinarietà della normalità».

Da un anno e mezzo succede ogni mercoledì o giovedì mattina quando Mariuccio Zaffaina, geometra cinquantunenne di Roncà, sul presto suona il campanello di Gina Rocca, casalinga cinquantottenne di Cazzano di Tramigna, e da lì partono assieme per due, tre ore di camminata sportiva.

 

La storia di Gina

Gina, a causa di una malattia genetica, è non vedente da quando aveva 22 anni ma non si è mai arresa al buio. Elsa, il primo cane guida, l’ha avuta al fianco nel 1997: poi c’è stata Gioia, quindi Stella e poi Omar che tre anni fa ha cominciato a manifestare i primi segni di stanchezza. In mezzo il Covid, che blocca le persone ma regala tempo e spazio che, però, per Gina diventano una gabbia: «Camminare è la mia vita ma non c’era nessuno e non potevo contare su Omar: la solitudine era diventata insopportabile anche davanti all’anno e mezzo che serve per avere un nuovo cane guida».

In quel buio totale Gina perde anche il marito Agostino Mellini, portato via da un brutto male, e l’amica Antonella lancia per lei un appello sul sito www.disabiliincorsa.it che incrocia disabili visivi o motori che vogliono praticare sport e sportivi pronti ad affiancarsi come guide.

 

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Arriva Lucio

Non succede niente fino al 21 aprile 2021, «il giorno prima ero diventata nonna la seconda volta e Lucio scoprì una casa piena di palloncini». Lucio - nessuno lo chiama Mariuccio - oltre a fare il geometra è un triatleta di Verona triathlon: a luglio è stato uno dei 280 al via della Northcape 4000 (partenza in bici da Rovereto, arrivo a Capo Nord, 3850 chilometri di ultracycling in 12 giorni, ventiduesimo di 185 arrivati), è tornato 20 giorni fa dalla Bolivia.

 


«All’Ironman di Cervia, nel 2017 (3,86 km di nuoto, 180,260 in bici e 42,195 di corsa ndr.), ero stato colpito da un atleta che gareggiava in carrozzina aiutato da una persona. È stato qualcosa simile all’innamoramento, ho desiderato fortissimamente fare la stessa cosa e una volta a casa mi sono fatto un giro su Internet fino ad incappare in disabili in corsa: un secondo dopo ho mandato la mia disponibilità».

Non succede niente fino all’aprile dell’anno scorso: «Una mail che mi cambia la vita, una richiesta per una signora di Cazzano: non stavo più nella pelle, ero felice». Lucio chiama Gina l’indomani, si accordano per incontrarsi di lì a qualche giorno: Lucio inforca la bici a Roncà e corre a Cazzano dove i due si conoscono e programmano la prima uscita, il mercoledì mattina.

«Nessuno mi aveva spiegato come fare: alle gare avevo visto che non vedente e guida sono legati da una cordicella e così l’ho proposto a Gina. Lei non si sentiva sicura, ha proposto che indossassi un marsupio al quale attaccarsi con una mano e così siamo partiti».

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In cammino insieme

Dodici - tredici chilometri in media, partenza alle 6 d’estate alle 7.30 d’inverno, un passo a cui non stai dietro e al quale, nel frattempo, si unisce Emma, il labrador che la Scuola Triveneta cani guida di Selvazzano, in provincia di Padova  mette a disposizione di Gina. «Per un mese non ho detto niente a Cinzia, mia moglie: alle mie levatacce anche alle 4 per allenarmi era abituata ma questa era una cosa mia. Poi ho deciso di raccontarle cosa stavo facendo anche perché avevo piacere che conoscesse Gina. Si è commossa e in un’occasione è venuta con noi, ma ha dovuto abbandonare: col nostro passo andava in sofferenza». Lucio prova a portare anche i figli Ginevra, Marco e Antonio ma nessuno riesce a sintonizzarsi col binomio che nel frattempo si è creato. «Gina parla, parla... fa parlare anche me. A un certo punto non mi rendo più conto di avere una persona a fianco, siamo un tutt’uno», dice Lino.

«Non sono inciampata nemmeno una volta», conferma Gina, «il cane cambia la stabilità del corpo e io leggo il terreno coi piedi». Lei non sa come sia fatto Lucio, «mi hanno detto che è un marcantonio, un bel ragazzo ma io non mi sono mai permessa di toccarlo (Gina legge il volto con le dita, ndr), ho troppo rispetto. Nel primo periodo in cui ci vedevano insieme in paese si erano fatti idee strane», racconta ridendo.
«Lavoro minimo 10 ore al giorno, spesso il sabato mattina, ma se scegli di non perdere tempo e ti programmi quell’ora al giorno per fare qualcosa di tuo, la trovi. È un impegno che mi sono scelto perché volevo fare qualcosa di buono e stare bene anche io: l’ho preso in maniera molto seria, come un appuntamento di lavoro e in quelle ore non mi prendo alcun impegno». 
Anche Gina, che nel quotidiano è affiancata dall’amica Daniela, la pensa così: l’essere una persona disabile non le ha impedito di darsi da fare per l’associazione bambini cerebrolesi, per l’Avis del suo paese della quale è stata tra i fondatori. «Aiutare gli altri», conclude, «è un grande dono». Solo in un caso Lucio e Gina rispondono a una sola voce, quando chiedi loro perché vale la pena: «Perché fa stare veramente bene», dicono, «scrivilo maiuscolo!». 

Paola Dalli Cani

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