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MOZAMBICO

I preti veronesi dopo l’assedio e l’uccisione della suora: «Restiamo per questo popolo»

Sono stati loro ad andare a recuperare i padri sopravvissuti. «Eravamo a letto, abbiamo sentito grida, spari e poi dei tonfi. Abbiamo pensato: ci ammazzano»
La vittima Suor Maria De Coppi con alcune delle ragazze che frequentavano la sua missione a Chipene
La vittima Suor Maria De Coppi con alcune delle ragazze che frequentavano la sua missione a Chipene
La vittima Suor Maria De Coppi con alcune delle ragazze che frequentavano la sua missione a Chipene
La vittima Suor Maria De Coppi con alcune delle ragazze che frequentavano la sua missione a Chipene

L’alba di un nuovo giorno, l’alba africana, quella fatta di umidità e sole pallido che piano piano si alza e allunga le ombre. L’odore del caffè, quello della moka. In fondo all’anima quel dolore che affianca l’umana gioia di essere ancora al mondo.

 

L’attentato e la morte di suor Maria

Si sono svegliati così, Loris Vignandel e Lorenzo Barro, i due preti sopravvissuti all’attacco di insurgent alla missione di Chipene. In quell’attentato jihadista è stata ammazzata suor Maria de Coppi. La Procura di Roma ha aperto un fascicolo di indagine per omicidio che è stato affidato al pool dell’antiterrorismo. Le indagini sono state affidate ai carabinieri del Ros. Svegliati, dicevamo. Svegliati è una parola grossa. Non hanno dormito molto, è stato il loro, più un dormiveglia, con la paura di ritrovarsi in quell’inferno sulla terra vissuto soltanto 24 ore prima.

Con loro c’erano i veronesi don Francesco Castagna (fu il più giovane missionario in terra d’Africa) e Fabio Gastaldelli, che sono andati a recuperarli dopo l’attentato percorrendo centinaia di chilometri. I preti veronesi non hanno alcuna intenzione di rientrare in Italia.

«Siamo stati a colloquio con i vescovi, abbiamo deciso di passare le giornate alla nostra missione e poi di andare a dormire a Nacala. Non possiamo abbandonare la nostra missione, siamo padri di questo popolo. Noi dobbiamo restare con loro, se non altro per una parola, per dare qualcosa da mangiare, siamo venuti qui per questo», dicono don Francesco e Fabio.

«Le ragazze che studiavano a Chipele sono state mandate a casa, le suore sono state spostate nella sede provinciale, assieme alle ragazze che vogliono farsi suore. Sono nella loro casa madre qui in Mozambico, noi due da soli ci possiamo muovere più agevolmente», aggiungono i due preti veronesi convinti.

 

Il pericolo dei commando

«Seguiamo i consigli dei vescovi che fanno appello alla cautela, ma dobbiamo restare qui. È stato tristissimo vedere scappare i professori, gli infermieri, il regulo, che è una sorta di autorità massima, qui, il segretario generale, tutti via. Noi vogliamo dare un segnale e restare con la gente. Di giorno continueremo la nostra missione, la notte andremo a Namahaca e poi magari troveremo una stanza in affitto nei pressi, più vicino. I commando attaccano le missioni, dove ci sono scuole ed ospedali per avere grande visibilità. Cercheremo di stare lontano da quei pericoli». Ieri Francesco e Fabio hanno portato Loris e Lorenzo dai vescovi. I due sopravvissuti sono molto provati.

 

Le grida e gli spari

«Eravamo a letto nelle nostre stanze, saranno state le 20.40 circa, abbiamo sentito delle grida, degli spari e poi dei tonfi. Abbiamo pensato: ci ammazzano. Ho un canale Telegram con il quale sono molto attivo e parlo con gli amici ho scritto loro: ci vediamo in paradiso. Stanno incendiando la casa. Se non vi risento, approfitto per chiedervi scusa delle mie mancanze e per dirvi che vi ho voluto bene». Era convinto di morire don Loris, il prete friulano scampato all’attentato di Chipene dove ha perso la vita suor Maria De Coppi.

«Ricordatevi di me nella preghiera. Se il buon Dio me ne darà la grazia, vedrò di proteggervi da là. Ho perdonato chi eventualmente mi ucciderà. Fatelo pure voi. Un abbraccio». Poco dopo aver inviato questi messaggi, don Loris e il suo collega don Lorenzo hanno atteso che la porta si spalancasse e si sentissero gli spari. «Don Lorenzo ed io siamo rimasti zitti in camera tutta la notte», ci ha raccontato don Loris, «e quando siamo usciti la missione era distrutta. È strano che noi siamo illesi. Forse gli attentatori erano ragazzi che abbiamo aiutato o forse volevano che noi facessimo da cassa di risonanza al loro gesto». Ieri mattina i preti sono stati dal vescovo, don Alberto Viera, a Nacala.

 

«Dobbiamo decidere che fare, se restare qui, ma la nostra missione non esiste più è tutto distrutto. Noi siamo qui per il popolo, ma il popolo è scappato, non c’è più nessuno, le persone vivono della foresta senza cibo e senza niente. La situazione è molto difficile. Anche per noi è necessario fermarsi un attimo e capire. La salma di suor Maria è a Karapira per la sepoltura. Era una donna dal cuore grande, siamo molto addolorati per la sua morte. E dobbiamo decidere che fare della nostra vita».

Alessandra Vaccari

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