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le elezioni e il caso politico

Autonomia, i paletti di Letta e le due velocità del centrodestra

Il leader dem: «Non si spacchi il Paese». Tosi (Fi): «Riforma col presidenzialismo? Impossibile»
Elettori al voto al referendum per l’autonomia del Veneto il 22 ottobre 2017
Elettori al voto al referendum per l’autonomia del Veneto il 22 ottobre 2017
Elettori al voto al referendum per l’autonomia del Veneto il 22 ottobre 2017
Elettori al voto al referendum per l’autonomia del Veneto il 22 ottobre 2017

L’autonomia? Come una seduta dal dentista: tutti sanno che bisogna farla ma tutti la rimandano volentieri. A ottobre saranno trascorsi cinque anni dal referendum consultivo del 23 ottobre 2017 che in Veneto vide l’affluenza di oltre il 57% dei veneti con un risultato di consensi del 99% a favore dell’autonomia. Un plebiscito. Un risultato definito storico. Ma qui, si sa, si sfonda una porta aperta. È a Roma che c’è il muro come ha sempre detto il governatore Zaia che ha rilanciato fortemente in questa campagna elettorale la parola d’ordine.

All’inizio era secessione sul Po, poi diventò indipendenza con il tanko, ora è semplice autonomia differenziata: andando avanti ancora cosa arriverà? E i veneti come si chiede il politologo Feltrin, alla fine saranno contenti? Perché se il centrosinistra è tiepido, anche nel centrodestra al di là di un programma elettorale comune, le sensibilità sono differenti tra Lega e alleati e scaricarsi le responsabilità è gioco facile. Le ministre Gelmini e Carfagna ora dicono che tutto era pronto, se la Lega non avesse fatto cadere Draghi ora il testo di legge sarebbe già in Parlamento...

La linea del Pd

Enrico Letta da Taranto traccia la linea del Pd e manda precisi avvertimenti: no ad un’autonomia che spacca il Paese, quindi è sottinteso che deve essere gradita a tutti per essere votata in aula. Salvini vuole che sia il primo punto del primo Consiglio dei ministri, ma gli alleati gli hanno già risposto che le priorità sono altre. È lo sport preferito in politica, il benaltrismo: sì va bene ma c’è ben altro. Non si dice mai di no, ma si sposta l’obiettivo o si alza l’asticella. Ma il Pd appoggerebbe l’autonomia in Parlamento?

«Noi abbiamo sempre preso precise posizioni a favore dell’autonomia differenziata delle Regioni, che non può togliere il principio di sussidiarietà che tiene insieme il paese e vada bene a tutte le 20 Regioni», risponde Alessia Rotta, parlamentare ricandidata del Pd, «per cui riteniamo possibile l’autonomia su alcune determinate materie; invece chiederne 23 come ha fatto Zaia significa renderla impraticabile. Anche perché il Veneto che chiede più autonomia potrebbe cominciare a esercitare i suoi poteri in materia di trasporti finanziando il fondo nazionale per il ricambio dei mezzi obsoleti o alzare gli stipendi dei medici del Veneto che sono tra i più bassi d’Italia. E se nel Governo Draghi la Lega non l’ha portata fino in fondo, forse è meglio se il centrodestra guardasse un po’ in casa propria».

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Entra nel dettaglio Giacomo Possamai, capogruppo del Pd in Regione e candidato del Pd: «Letta a Taranto non ha detto nulla di nuovo sull’autonomia: per noi va bene ma non deve spaccare a metà il Paese. In Parlamento noi la sosterremo ma se davvero vogliamo raggiungere l’obiettivo bisogna concentrarsi su sette materie, dal lavoro alle imprese e alla formazione, che sono temi di grande importanza per il Veneto. Altrimenti con 23 materie sul tavolo, si alza il muro a Roma».

Cambio di traiettoria

Già qui, insomma, si chiede un cambio di traiettoria. E che il muro sia una realtà a Roma lo conferma anche Lorenzo Fontana, candidato per le Lega e vicesegretario nazionale della Lega: «Lo Stato centrale non ama perdere competenze, poteri e risorse». Però l’autonomia non è arrivata nemmeno quando al Governo c’erano tre ministri veneti... «Ma sono ottimista, con il nuovo governo si può fare. Con i Cinquestelle era impossibile, venivamo addirittura derisi su questo tema».

Che la Gelmini affermi ora che il testo era pronto e che tutto si è bloccato perché la lega ha fatto cadere Draghi non convince Fontana. «Mah, in Consiglio dei ministri i nostri leghisti non hanno mai visto nemmeno la bozza del testo di legge quadro per l’autonomia, che prima di approdare in Parlamento doveva passare dal Governo. Anche Letta tira indietro, è una battaglia durissima». Con un governo trainato da Fratelli d’Italia andrà meglio? «Non credo, è vero, che per loro sia una priorità viste le differenze di Dna politico che abbiamo ma sono nostri alleati e sanno quanto ci teniamo, le basi sono state poste, i governatori hanno lavorato bene e anche il presidente Mattarella nel suo discorso di insediamento ha elogiato l’autonomia. Sono molto ottimista perché gran parte del lavoro più complicato è stato fatto grazie al ministro Stefani e al governo Draghi dopo».

Il futuro

Quale sarà il percorso di questa legge quadro dopo il 25 settembre è tutto da vedere. Maddalena Morgante, candidata di Fratelli d’Italia, sposa in pieno il progetto «che fa parte del nostro programma elettorale di riforme istituzionali». E aggiunge: «Non è solo una battaglia della Lega ma anche nostra e la leader Meloni è stata molto chiara sia a Trento che a Mestre». Anche qui arriva qualche suggerimento. «Noi siamo per l’autonomia differenziata ma in un contesto che veda crescere uno Stato più efficiente e più forte, tant’è vero che nel programma di coalizione c’è anche il presidenzialismo tra le priorità».

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Se da un lato Salvini chiede l’autonomia sul tavolo del primo Consiglio dei ministri, dall’altro il tema del presidenzialismo è un rischio... «Credo che nel primo Consiglio dei ministri andranno considerate anche altre priorità: sul tavolo arriverà l’emergenza delle bollette, il caro energia per le imprese, dovremo aiutare gli italiani; ben venga l’autonomia ma ci aspettano tempi difficili...»

E allora sentiamo la terza gamba della coalizione di centrodestra, Forza Italia che candida a Verona Flavio Tosi, ex leghista: «È vero, Fratelli d’Italia ha in mente prima di tutto il presidenzialismo, ma se questa riforma deve andare avanti insieme con l’autonomia, ne riparliamo tra un po’ di anni. Sono due cose che non stanno insieme: il presidenzialismo è una riforma costituzionale, l’autonomia è una legge dello Stato a Costituzione invariata. È solo questione di volontà politica e basta». Appunto, ma questa volontà c’è stata finora? I veneti aspettano da cinque anni... «Ecco, diciamo che chi ha predicato tanto l’autonomia, poi non l’ha messa in pratica». La Lega? «Dico che chi era al governo non ha profuso forse il massimo sforzo. Noi come Forza Italia rimaniamo a sostegno dell’autonomia come nel 2017 e nel 2020. Ma non credo che nel primo Consiglio dei ministri la priorità sarà questa: ci sarà l’emergenza economica delle aziende e delle famiglie e dovremo parlare positivamente con l’Europa. Entro ottobre serviranno provvedimenti o rischiamo il disastro». Tra i veneti serpeggia però un po’ di sfiducia ormai. «Comprensibile. Il tema è sempre molto sentito ma dopo cinque anni di rinvii e promesse chiunque sarebbe sfiduciato. Quando nel governo 2001-2006 Bossi si impuntò arrivò la riforma costituzionale della devolution. Ed era più difficile di questa riforma: l’autonomia non cambia la Costituzione».

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Maurizio Battista

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