Fra il 9 e il 20 dicembre 2013 in Italia andò in scena la cosiddetta «protesta dei forconi».
Si trattò di una protesta contro la crisi economica in corso e lo Stato, e in particolar modo le tasse, che sfociò in cortei, blocchi del traffico e qualche isolato episodio di violenza, come gli scontri avvenuti a Torino il 9 dicembre. Tuttavia la protesta fu meno massiccia di quanto il tam tam (soprattutto su Facebook) dei giorni precedenti lasciasse presupporre, e di fatto nel giro di pochi giorni si smise di parlarne.
Il movimento dei forconi in origine era un movimento formato da autotrasportatori e agricoltori nato in Sicilia un paio di anni prima, ma che col tempo incassò il sostegno di diverse altre categorie e di alcune formazioni di estrema destra.
I forconi, anche per la natura troppo vaga delle proprie richieste e la composizione estremamente eterogenea, non ebbero una prosecuzione politica e si divisero in diversi gruppi.
Il movimento dei forconi a Verona
A Verona la protesta si sviluppò soprattutto nella zona Est della provincia. Alcune centinaia di persone manifestarono fra San Bonifacio e Soave: alla protesta parteciparono anche studenti e agricoltori con i loro trattori. La protesta, che rimase sempre pacifica, portò l'11 dicembre alla chiusura temporanea del casello dell'A4 di Soave. Qualche protesta ci fu anche al casello di Peschiera.
A Verona città l'episodio più eclatante avvenne circa una settimana dopo, quando Eugenio Rigodanzo, uno dei leader del «Movimento 9 dicembre», cercò di entrare nell'ufficio a palazzo Barbieri dell'allora sindaco Flavio Tosi. Dopo aver sfondato a calci la finestra, fu bloccato dal personale del Comune e in seguito dagli agenti della Digos. Ci fu tensione quando i manifestanti cercarono di bloccare l'auto della Polizia che doveva portare l'uomo in Questura. Rigodanzo per quell'episodio venne assolto in tribunale: non ci fu alcun reato.
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