<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
LA TESTIMONIANZA

«Gli ho portato una foto,
passi la vita a guardarla»

Pia Mattiucci dice di non odiare la persona che le ha rubato il sorriso della figlia: «Ma non posso perdonarlo. Che resti in carcere. A lungo»
La mamma di Lucia Bellucci era in tribunale a Trento
La mamma di Lucia Bellucci era in tribunale a Trento
La mamma di Lucia Bellucci era in tribunale a Trento
La mamma di Lucia Bellucci era in tribunale a Trento

Ieri mattina, in attesa di entrare nella stanza del giudice aveva gli occhi lucidi. La mamma di Lucia parla in fretta, per farsi forza, per non permettere forse a quel dolore lacerante, al suo dolore lacerante, di prendere il sopravvento. E gli occhi sono velati di lacrime, quelli di una madre che non ha mai smesso di versarle ma lucida racconta di sua figlia, del suo sorriso, di quanto fosse bella.
«Non sono riuscita a salvarla, non ce l'ho fatta. Era preoccupata per le lettere che lui avrebbe potuto scrivere al padre per metterla in cattiva luce. Se solo ne avesse parlato con me le avrei detto di fregarsene. Ma non voleva creare un dispiacere. Aveva paura e ha cercato di gestire da sola qualcosa che nessuno di noi pensava potesse mai accadere». Perché si può pensare che una relazione finisca. Non con un delitto però.
Sono partiti alle 3 di notte: «Non avremmo comunque dormito, è da più di un anno che non dormiamo, un viaggio lungo e con noi sono venuti anche gli amici di Lucia, c'è anche il sindaco di Pergola. È un paese piccolo, ci conosciamo tutti e Lucia poi era così solare. Non avrei voluto questo processo. Guardi non lo odio, perdonarlo no, non ci riesco e non so se riuscirò. Gli ho fatto avere una foto di Lucia, l'ho data al suo avvocato perché gliela dia. Mia figlia è al cimitero, lui che passi il resto della sua vita a guardarla. A guardare quel sorriso che mi ha tolto per sempre. È un uomo intelligente, un avvocato, possibile che non sia riuscito ad andare oltre? Guardi so solo che tra alti e bassi le cose si erano trascinate, lei voleva una famiglia, voleva un rapporto stabile e lui le piaceva, certo». Ricorda la felicità quando tra la figlia e Vittorio le cose sembrava avessero imboccato il percorso voluto da entrambi, cioè quello di una relazione stabile, che portasse a qualcosa di concreto. «Era altalenante, a volte la trattava con sufficienza, poi faceva le improvvisate come quella alla vigilia di Natale quando arrivò a Pergola con i regali. Se ci penso adesso.... Avevo chiesto a mia figlia cosa provasse, lei diceva che era un uomo divertente, che con lui stava bene e poi quando l'aveva invitata a Verona, a stare con lui una settimana, aveva creduto che le cose si sarebbero sistemate, lo avrei creduto anch'io».
Prende fiato mentre l'altra figlia le si avvicina e l'accarezza. Teneramente.
«Lucia era contenta, aveva preparato il pranzo e lo aspettava, era educata così, come le ragazze semplici che pensano a una famiglia». Si concede solo un attimo, le lacrime affiorano ma la mamma di Lucia è forte e le ricaccia indietro: «Lui all'una l'ha chiamata e le ha detto che non rientrava e che invece sarebbe andato a giocare a tennis. Ma come si fa a comportarsi così, povera figlia. Mi ha chiamato e ha detto che aveva buttato tutto, che non avrebbe più cucinato e che sarebbero usciti a cena. Per questo si era stancata, per questo non voleva più andare avanti anche se Vittorio le piaceva. Ma la trattava come lei non meritava, come nessuna merita. Poteva lasciarla in pace e invece le mandava le foto dello striscione che avevano appeso e nel quale le si diceva di tornare».
E mentre lei parla, racconta, si commuove spiegando che a Pergola, alla fiaccolata per Lucia ha partecipato tutto il paese, il corridoio si riempie. Arrivano le amiche di lei, il fratello e i legali di parte civile, i cugini. Arriva il sindaco e poi altri amici. Tutti per restare accanto alla famiglia, per manifestare la loro vicinanza. Per fare sentire la loro presenza e la richiesta di giustizia.
«Pensi che il 7 agosto mi era venuto un flash e le avevo chiesto "ma Vittorio non si sente più?" e lei mi rispose che aveva un'altra. Che regalo che fu sentire quella frase. È quello stesso giorno lui comprava il coltello con cui me l'avrebbe poi uccisa».
Si ferma, troppo forte per lei, troppo. Anche se è lucida, di Lucia parla. Per suo marito è diverso, quello che è accaduto lo ha piegato. Chi lo conosce da sempre dice che è curvo, si è incurvato.
«Lui sta in carcere, che ci resti e spero per tanto. Non mi va di dire quello che si sente dire, che vorrei vederlo morto, questo no. Però che resti in carcere per tanti anni. Non ho ricevuto una riga, nè da lui nè dai suoi familiari. Poi penso a sua madre. Io non ho più la mia Lucia, ma è suo figlio che me l'ha uccisa. Non avrei mai voluto questo processo. Mai». La porta della stanza del gip si apre, uno dopo l'altro entrano i familiari e i legali. Lei esita un attimo: . E così non è. Dalla notte del 10 agosto.F.M.

dall'inviato

Suggerimenti