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IL DELITTO DI TRENTO

Ha ucciso l'ex fidanzata Trent'anni a Ciccolini

All'avvocato il massimo della pena prevista dal rito abbreviato. Il padre di Lucia Bellucci: «Nessuna vendetta, ma la sentenza ci aiuta a lenire il dolore»
L'auto di Ciccolini dove è stato trovato il corpo senza vita di Lucia Bellucci. La donna era stata uccisa a coltellate
L'auto di Ciccolini dove è stato trovato il corpo senza vita di Lucia Bellucci. La donna era stata uccisa a coltellate
L'auto di Ciccolini dove è stato trovato il corpo senza vita di Lucia Bellucci. La donna era stata uccisa a coltellate
L'auto di Ciccolini dove è stato trovato il corpo senza vita di Lucia Bellucci. La donna era stata uccisa a coltellate

Fabiana Marcolini
INVIATA A TRENTO
Trent'anni. Il massimo della pena in un processo per omicidio celebrato con rito abbreviato, questa la condanna inflitta ieri dal gup di Trento a Vittorio Ciccolini.
«Tra trent'anni io non ci sarò più, e lui sarà ancora in carcere. Sono tanti anni, anche ne facesse venti in una cella sarebbero tanti comunque. Ma lui ha ucciso la mia Lucia, è una condanna giusta». Pia Mattiucci aveva gli occhi segnati dalle lacrime. Giuseppe, il marito, mentre parlavano le difese è uscito dall'aula, lei alla lettura del dispositivo ha pianto. «Io e il pubblico ministero Colpani ci siamo abbracciate, anche lei piangeva. Una condanna diversa, inferiore, avrebbe voluto dire uccidere Lucia due volte».
SENTENZA IMMEDIATA. Un'udienza iniziata in orario, la porta della stanza del giudice Carlo Ancona si è chiusa alle 11.30 in punto per riaprirsi alle 14.15, subito dopo la lettura del dispositivo pronunciato al termine delle arringhe dei difensori di Vittorio Ciccolini. Non si è nemmeno ritirato in camera di consiglio: trent'anni di reclusione, interdizione perpetua dai pubblici uffici a cui si aggiunge l'interdizione legale e la condanna al risarcimento alla mamma di Lucia (164mila euro) e al padre (190mila euro, somma maggiore perchè ricevette la lettera in cui Ciccolini parlava del rapporto tormentato con la giovane spa manager ma soprattutto ne stigmatizzava il comportamento, e al dottor Bellucci è stato riconosciuta una sofferenza ulteriore). Dovrà risarcire anche i fratelli di Lucia e il marito (i familiari sono tutelati dagli avvocati Grandi e Buongiorno). Nessun risarcimento invece per l'associazione Isolina che potrà però agire in un separato giudizio davanti al giudice civile. Ed entro 40 giorni saranno depositate le motivazioni.
L'AGGRAVANTE. Trent'anni, la stessa richiesta che, per l'avvocato veronese che la notte del 10 agosto scorso uccise con quattro coltellate l'ex fidanzata, aveva avanzato il pm Maria Colpani al termine della requisitoria. Premeditazione l'aggravante per l'uccisione di Lucia accusa alla quale si aggiunge l'occultamento di cadavere (perchè dopo averla pugnalata al cuore la sistemò sul sedile della Bmw, tornò a Verona e parcheggiò l'auto nel garage della casa della madre). Nessuna attenuante concedibile, per il pm, anche perchè Vittorio Ciccolini non ha mai fatto pervenire alla famiglia della vittima un cenno di pentimento. Nemmeno una lettera di scuse. E la ricostruzione fatta in aula dal rappresentante dell'accusa non si è discostata da quanto contenuto nella richiesta di rinvio a giudizio. Nessun elemento nuovo, una vicenda terribilmente nota in ogni particolare.
DAL PAESE. Ad accompagnare Pia e Giuseppe ieri, per sostenenrli, c'erano anche gli amici e le amiche di Lucia, compresa Emmanuelle, arrivata a Trento dalla Sicilia. Lei era molto legata alla trentenne di Pergola, a lei la ragaza aveva confidato le perplessità e i timori di una relazione non pacifica, quella con l'avvocato veronese finita tragicamente al limitare di un bosco a Pinzolo, sulla strada per Madonna di Campiglio. C'era anche Francesco Baldelli, il sindaco del piccolo comune marchigiano. «Rappresento tutta la comunità che in questo processo si ritiene parte offesa», ha detto, «sono qui per questo, per testimoniare alla famiglia di Lucia la vicinanza di tutto il paese, perchè questo delitto ha offeso tutti noi. I genitori di Lucia non sono mai stati lasciati soli e non devono esserlo nemmeno oggi. Mi aspetto una sentenza che renda giustizia».
IL RICORDO. Ore nel corridoio ad attendere, le persone che conoscevano e amavano Lucia hanno parlato di lei, ricordandone il sorriso e la bontà, e poi del dolore composto e della grande forza di mamma Pia, della fede che la sorregge fin da quel terribile giorno. Lei è rimasta in aula per tutto il tempo. Il marito Giuseppe, invece, non ce l'ha fatta. «Ad un certo punto, quando l'avvocato de Luca stava parlando di mia figlia, mi sono sentito male, ho dovuto uscire», ha detto con un filo di voce a fine udienza. «Non abbiamo sentimenti di odio o di vendetta», ha aggiunto, «ma ci premeva una condanna esemplare che riabilitasse la figura di Lucia. In questi casi infatti si tenta di tutto per infangare la memoria della vittima. Il giudice è stato giusto stabilendo una pena che è quella che ci aspettavamo visto il rito abbreviato e dunque l'impossibilità dell'ergastolo. Ci aiuta a lenire il dolore, che non si può descrivere».

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