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Paura alla Grande Mela

Colpo in gioielleria, c'è il Dna di uno dei rapinatori: si è ferito dando un calcio a una teca

Il bottino dell’incursione alla gioielleria all’interno della Grande Mela è di tremila euro. Uno dei banditi ha dato un calcio alla teca di cristallo per prendere alcuni preziosi ma si è tagliato
Sul posto Il sopralluogo dei carabinieri FOTO PECORA
Sul posto Il sopralluogo dei carabinieri FOTO PECORA
Sul posto Il sopralluogo dei carabinieri FOTO PECORA
Sul posto Il sopralluogo dei carabinieri FOTO PECORA

Un bottino da tremila euro. Sarebbe questo l’incasso rubato dai due rapinatori che martedì pomeriggio hanno messo a segno il colpo al negozio Gioielli di Valenza all’interno del centro commerciale La grande Mela. Le due commesse si sono ritrovate davanti i due uomini, che potrebbero essere giovani vista la corporatura atletica e l’agilità, con addosso i caschi delle moto.

La ricostruzione

Secondo quanto ricostruito dai carabinieri di Villafranca che stanno seguendo le indagini, i due sarebbero entrati dalla porta antipanico direttamente dal corridoio del piano terra, a dimostrazione che prima di entrare in azione avevano studiato bene l’area in cui avrebbero poi colpito.

Uno dei due aveva la pistola in mano (difficile capire se si tratti di un’arma vera, giocattolo o di una scacciacani). «Ce li siamo trovati davanti all’improvviso, non ce ne siamo neanche accorte che erano già qui con la pistola puntata», hanno detto le commesse che sono state sentite dai militari della Compagnia, assieme ad altre persone presenti al momento del colpo. Anche altri commessi, visto che alle 16 nel centro commerciale non c’erano molti clienti.

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Il Dna

I rapinatori hanno puntato direttamente alla cassa, quindi la loro intenzione non era quella di portare via gioielli, bensì contante. Ma l’avidità di uno dei due potrebbe costare loro cara. Uno dei banditi infatti ha dato una scarpata ad una delle teche che contengono i gioielli e si è ferito ad una gamba.

Un dettaglio non da poco che adesso farà sì che quel sangue venga analizzato nei laboratori della scientifica dei carabinieri e quindi gli inquirenti saranno in possesso del Dna di uno dei rapinatori. E se già inserito in banca dati darà la svolta. L’uomo dopo aver infranto la teca è riuscito ad arraffare alcuni gioielli che si è portato via.

Uno dei vigilantes del centro ha tentato di inseguirli per fermarli, ma i due hanno raggiunto la moto e sono poi scappati. Ma del mezzo, ammesso non fosse rubato o non avesse una targa falsa non si conoscono dettagli. Ci sono indagini per verificare attraverso le telecamere della zona da quale parte i due siano scappati. E non sono esclusi sviluppi nelle prossime ore.

La Procura

Nel frattempo la Procura è al lavoro per riuscire a risalire agli autori della rapina. A occuparsi del caso è il pubblico ministero Eugenia Bertini. Dai primi accertamenti gli inquirenti sembrano escludere che si tratti della stessa banda che il 20 dicembre aveva assaltato due gioiellerie di «Le Porte dell’Adige» a Bussolengo o di quella che il 7 febbraio ha preso di mira il negozio del centro commerciale Valecenter di Marcon, nel Veneziano.

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Non ci sarebbero elementi che facciano pensare alla stessa mano criminale. I rapinatori di Lugagnano non erano cinque-sei, come nel colpo di Marcon, ma solo due. Le armi utilizzate non erano kalashnikov, ma pistole. I malviventi non indossavano passamontagna, ma caschi.

Un modus operandi diverso, che denota però «coraggio» da parte dei rapinatori: i due uomini, infatti, hanno fatto irruzione all’interno del centro commerciale impugnando un’arma da fuoco, con tutto quello che ciò implica sia in termini di potenziali rischi nell’esecuzione del colpo, sia in termini di aggravamento della posizione in caso di arresto e condanna. Le indagini sono solo all’inizio, ma gli inquirenti avrebbero già raccolto alcuni elementi su cui lavorare, che potrebbero aiutare a stringere il cerchio sui responsabili. 

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Manuela Trevisani e Alessandra Vaccari

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