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L'ESPANSIONE DEL CARNIVORO TRA MINACCIA E TUTELA

Lupi, quattro branchi attivi tra la Lessinia e il Baldo. La Regione: «Risorse agli allevatori per sistemi di prevenzione»

di Marta Bicego
Le zone delle Alpi popolate dai lupi
Le zone delle Alpi popolate dai lupi
Le zone delle Alpi popolate dai lupi
Le zone delle Alpi popolate dai lupi

Che il lupo fosse tornato tra noi, era noto. La popolazione dei predatori è cresciuta ovunque, con aumento significativo registrato in particolare sulle Alpi. Un numero stimato intorno ai 950 esemplari si muove nelle regioni alpine e sono quasi 2.400 quelli distribuiti la penisola. In Italia si stima la presenza totale di circa 3.300 esemplari di lupi. I dati sono quelli dell’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, che ha realizzato il primo monitoraggio nazionale della specie.

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«A livello alpino c’è stato un raddoppio di presenze rispetto al precedente monitoraggio, che risale al biennio 2017-2018», riassume Sonia Calderola, referente per i grandi carnivori della Regione Veneto. «Dinamica veloce», indica, «dovuta al fatto che, nelle aree alpine, più della metà del territorio potenzialmente utile alla specie è ancora disponibile». Osservando la cartina geografica, esiste una distinzione netta tra popolazione di lupi di centro-ovest (Piemonte, Val d’Aosta, Liguria e parte di Lombardia) ed est: «Qui sono stati individuati venticinque branchi, di cui dodici transregionali che si muovono tra Veneto e Trentino».

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Stringendo il campo sul Veronese e in attesa di un focus più specifico al quale i tecnici stanno lavorando, conclude, «attualmente i branchi sono quattro, di cui tre transregionali, cioè due in Lessinia e uno nel territorio del Baldo». Tra il 2020 e il 2021, il monitoraggio ha coinvolto una rete di 3mila persone tra tecnici, personale di parchi e polizie provinciali, ricercatori, volontari formati di associazioni e reparti dei comando unità forestali ambientali e agroalimentari dei Carabinieri. Ricerca meticolosa che, nelle regioni alpine, è stata coordinata da Centro referenza grandi carnivori del Piemonte e Università di Torino nell’ambito del progetto Life WolfAlps Eu. Lo studio ha richiesto l’integrazione di tecniche d’indagine di campo e genetiche, analizzando i risultati con recenti modelli statistici prodotti dalla comunità scientifica. Attività in laboratorio ma non solo, che ha portato a percorrere 85mila chilometri per mettere assieme i dati. Come l’analisi di 6.520 avvistamenti con fototrappola, 491 carcasse di ungulato predate, 1.310 tracce, 171 esemplari morti, 16mila escrementi rinvenuti sul terreno; per identificare la specie, sono stati effettuati sugli esemplari in questi anni 1.500 test genetici.

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