<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
Il processo

«Il corpo di Marco non era presentabile ai parenti. Avevo consigliato di tenere chiusa la bara»

Si difende l'addetto alle celle mortuarie accusato di vilipendio sul corpo del giovane Marco Andreoli
Marco Andreoli morì in un incidente a Bussolengo
Marco Andreoli morì in un incidente a Bussolengo
Marco Andreoli morì in un incidente a Bussolengo
Marco Andreoli morì in un incidente a Bussolengo

Ha spiegato quale fosse, al tempo in cui lavorava nelle celle mortuarie di borgo Roma, la procedura in caso di vittime di incidenti. Come Marco Andreoli, morto a 28 anni il 21 agosto 2017. Il giovane di Bussolengo era in sella alla sua Ducati quando finì contro un autobus che stava svoltando a sinistra. 


«Non era presentabile»

«Aveva una lacerazione alla testa e ferite al volto. Era nel sacco, e lo abbiamo lasciato così perché sarebbe stato difficile estrarlo, c’erano ancora liquidi», ha esordito G.G. il cellista di 62 anni che davanti al giudice Isabella Pizzati deve rispondere di vilipendio di cadavere.
Perché, stando alla denuncia presentata dai genitori del giovane motociclista, il loro caro era stato riposto nella bara scomposto, con solo i boxer addosso. E alla domanda se le pompe funebri avrebbero potuto fare qualcosa non ha esitato: «Sì, potevano vedere la salma prima ma non è accaduto. Potevano sistemarlo, certo. Avevamo lavato il viso, il corpo era stato coperto con un lenzuolo, i vestiti appoggiati sopra. Avevamo avvisato Agec che non era stato possibile preparare la salma e consigliato di tenere la bara chiusa».


Bara chiusa

Ha spiegato che la direttiva era appesa negli uffici, che le pompe funebri devono controllare le condizioni della salma almeno un’ora prima dell’esposizione ai parenti. «Non è mai successo in dieci anni (il tempo in cui ha lavorato alle celle) che una salma non presentabile venisse mostrata ai parenti. Non ci è parso il caso di estrarlo e vestirlo. Ho sentito quello che è stato detto la scorsa udienza, io ho solo sconsigliato di farlo vedere ai genitori, che dovevano farsi coraggio, avrò anche detto che se volevano vederlo lo avrebbero visto così. La situazione era brutta».

Il pm d’udienza ha ribadito che Marco aveva sangue sul viso e sui denti: «Forse non era stato pulito bene. Personalmente non ho ricevuto richieste, il mio ruolo era quello di vestire e preparare le salme, il giovane non era visibile né vestibile».

Poi le contestazioni dei legali di parte civile: «Potevate mettere un velo sul volto», le valutazioni del medico legale e della psicologa sulle condizioni e sul trauma subito dalla mamma di Marco. Per lei, seduta in fondo all’aula con il marito e l’altro figlio, un dolore mai sopito. Aveva la testa bassa e le mani sul volto. Rigato di lacrime.

Fabiana Marcolini

Suggerimenti