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convegno al polo santa marta

Violenza giovanile, all'università la «ricetta» di Vittorino Andreoli: «L'antidoto sta nell'inclusione»

«Dalla violenza alla distruttività» il titolo della lectio magistralis dello psichiatra e scrittore di fama mondiale tenuto questa mattina nell’aula magna
Vittorino Andreoli all'ateneo scaligero (Marchiori)
Vittorino Andreoli all'ateneo scaligero (Marchiori)
Massucci, Andreoli e Papalia (Marchiori)

Crescono i casi di cronaca che offrono testimonianza di violenze e aggressioni perpetrate da minorenni a danno di altri minorenni, non di rado potenziate dall’impiego sconsiderato dei social network e da dinamiche di gruppo difficili da arginare. Lo confermano i dati contenuti nel rapporto della Direzione centrale della polizia criminale che mostrano un incremento di oltre il 14% dei minori denunciati o arrestati nei primi dieci mesi del 2022 rispetto allo stesso periodo del 2019, pre-pandemia.

Nel giorno in cui arrivano le prime condanne per i componenti della baby gang veronese Qbr, il tema della violenza giovanile è stato al centro di un convegno organizzato dal dipartimento di Scienze Giuridiche dell’università, dalla Questura di Verona e dal Centro di scienze della sicurezza e della criminalità delle università di Verona e di Trento. Ha partecipato lo psichiatra Vittorino Andreoli, con una lectio magistralis dal titolo “Dalla violenza alla distruttività: l’inclusione come antidoto alla paura”, presenti il direttore di Scienze giuridiche Stefano Troiano, il presidente del Tribunale di Verona Ernesto D’Amico, l’assessora alla Sicurezza Stefania Zivelonghi, il questore Roberto Massucci, il già procuratore Guido Papalia, il direttore del Centro di scienze della Sicurezza e della Criminalità Andrea Di Nicola e il ricercatore di Filosofia morale Matteo Bonazzi.

«Nell’era dei social network, la violenza è diventata anche autodistruzione», ha affermato Andreoli, rivolto a una platea composta anche da studenti dell’istituto professionali Sanmicheli e da allievi della Scuola di Polizia di Peschiera.

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«Viene ripresa con il telefonino e i protagonisti si preoccupano di apparire bene nei video, perché lo scopo è di essere guardati. Come se non sapessero che, così facendo, le forze dell’ordine riescono a individuarli rapidamente. I ragazzi non pensano più “soltanto” a infrangere la legge e a provocare danni all’altro, lo fanno anche a loro stessi».

Si tratta di un comportamento che va studiato nel profondo, ha detto Andreoli, dando senso alla sua lectio magistralis con un invito rivolto alla comunità intera: se la molla della violenza giovanile è la paura dell’altro, l’antidoto sta nell’inclusione, nel far sentire i ragazzi allo sbando, spesso italiani di seconda generazione, davvero accolti. 

Laura Perina

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