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La vittima

Il senzatetto: «Costretto a buttarmi nella mia pipì». L'altra vittima: «Non ricordo niente, ero drogato»

Un senzatetto racconta di essere una delle vittime degli abusi dei cinque poliziotti arrestati per violenze all'interno della questura di Verona
Senzatetto
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Si chiama Nicolae e afferma di essere stato «buttato nella sua pipì» dopo essere stato portato in Questura: sarebbe una delle vittime dei cinque poliziotti arrestati ieri per le violenze avvenute a Verona tra il luglio 2022 e il marzo 2023. Nell'intervista video rilasciata al sito del Mattino di Padova racconta di essere stato fermato mentre si trovava al bar insieme ad un amico e portato negli uffici investigativi.

«Ho chiesto di andare in bagno - spiega in un italiano stentato - ma un agente mi ha risposto 'falla qui dentro la cella'. Poi mi ha preso - continua - e mi ha buttato nella mia pipì». 
 

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Il presidente della Ronda della Carità

"Nicolae è una persona incapace di fare del male a qualcuno, un trattamento del genere non se lo merita". Alberto Sperotto è il presidente della 'Ronda della carità' - un'associazione di 400 volontari di Verona che girano per le strade della città per assistere i senzatetto portando loro cibo e coperte - ed è stato lui, stamattina, ad accogliere il 56enne romeno che in base alle indagini della procura di Verona è una delle vittime dei pestaggi e delle torture in questura commesse dai 5 agenti di Polizia che ieri sono stati arrestati.

"È venuto all'alba da noi in mensa per la colazione - racconta sostenendo che l'uomo era ignaro del fatto che i giornali riportassero la sua storia - e poi so che ha pranzato dai frati di San Bernardino. Lo conosciamo tutti da un paio d'anni, è la persona più pacifica che io conosca, collaborativo e con una gran voglia di integrazione tanto che sta facendo un corso di italiano per imparare meglio la nostra lingua".

La giornata di Nicolae e trascorsa come tante altre, divisa tra la coda alla mensa dei poveri e la ricerca di un lavoretto per raggranellare qualche soldo. Sperotto lo descrive come una persona calma e ribadisce che il romeno sarebbe incapace di fare del male a qualcuno.

"Quando ho letto cosa gli è accaduto mi sono venuti i brividi, un trattamento del genere non se lo merita" dice riferendosi alla circostanza riportata nell'ordinanza in base alla quale l'uomo sarebbe stato costretto ad urinare in una stanza e poi sarebbe stato spinto a terra e utilizzato, dice il gip, come uno straccio per pavimenti. "Non è un violento - ripete il presidente della Ronda della Carità - fa solo fatica a spiegarsi".

Certo è un senzatetto, vive di carità e dorme sulle panchine di Verona. E proprio quest'ultimo fatto, vietato da una specifica ordinanza municipale, potrebbe averlo fatto finire secondo Sperotto, in questura. "Nicolae ce la mette tutta per avere un reddito - spiega - fa il bracciante agricolo a chiamata, ha esperienze pregresse nel settore edile e si intuisce che nel suo passato ha fatto un lavoro di qualità. Da noi si presta sempre a sistemare le biciclette". Con l'associazione, ribadisce, "si è sempre comportato nella maniera migliore". 

 

L'altra vittima non ricorda il pestaggio

Non si ricorda di essere stato picchiato e messo ko, all'esterno del famigerato 'acquario' della Questura di Verona, una delle vittime dei poliziotti arrestati ieri nell'ambito dell'indagine per tortura. Si tratta di un italiano, Mattia Tacchi, sentito dal magistrato nel dicembre scorso per confermare il quadro che stava uscendo dagli accertamenti e dalle intercettazioni sugli agenti delle Volanti. 

È nei suoi confronti che uno degli arrestati si vanta al telefono con la fidanzata: «Adesso ti faccio vedere io quante capocciate alla porta dai, boom boom boom boom». «E io ridevo come un pazzo», raccontava alla ragazza. Parlava delle "stecche" sul volto, dei calci e dei pugni. «Ho caricato una stecca amo', bam, lui chiude gli occhi, di sasso per terra è andato a finire, è rimasto a terra», racconta al telefono.

La vicenda risale al 22 agosto scorso, quando Tacchi viene visto da una Volante, probabilmente dopo aver assunto alcol e sostanze, e condotto in Questura per accertamenti. Portato nell'"acquario" si trova assieme ad altre tre persone, cittadini nordafricani anch'essi fermati dagli agenti. Saranno questi tre a confermare la dinamica dell'episodio. Tacchi avrebbe dapprima tirato alcune testate alle pareti in plexiglas della stanza; uno degli agenti lo avrebbe quindi invitato a uscire, sapendo che all'esterno dell'"acquario" non vi sono videocamere di sorveglianza, e lo avrebbe colpito facendogli sbattere la testa sulla porta.

Tornato dentro, il giovane ha iniziato a inveire nuovamente contro gli agenti, fatto uscire ancora e qui colpito con un pungo al volto che lo ha fatto stramazzare a terra. Un terzo agente, aizzato dal collega, lo avrebbe infine colpito con calci alla schiena. Gli inquirenti hanno sentito Tacchi il primo dicembre scorso nella Casa circondariale di Montorio, ma egli dichiarò di non ricordare assolutamente nulla, perché sotto l'effetto di farmaci e alcol.

I fatti hanno poi trovato conferma nel racconto dei tre che erano con lui, e che hanno riconosciuto gli agenti in fotografia, raccontando i fatti come aveva fatto lo stesso poliziotto con la sua ragazza. Per questo, il Gip ha configurato il reato di tortura nella forma del 'dolo intenzionale', considerando il "vero e proprio godimento" mostrato dall'agente nei confronti di Tacchi che, scrive, "senza aver commesso reati di sorta e semplicemente fermato per identificazione, si è trovato tra le grinfie di quegli indegni operanti di polizia".

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