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tra divertimento e sicurezza

Caos e movida, i residenti: «Il diritto alla salute non è negoziabile». Gli esercenti: «Anche noi a volte rischiamo di prenderle da chi è su di giri»

Le reazioni a Verona dopo che la Cassazione ha stabilito, su un caso di Brescia, che i risarcimenti per i disturbi notturni sono dovuti. I cittadini e le categorie: «Prima di chiedere i risarcimenti, confronto con il Comune»
Buona e “mala” movida Una piazza Erbe affollata di gente in una foto d’archivio: dalla Cassazione il via libera alle richieste di rimborso ai Comuni da parte dei residenti
Buona e “mala” movida Una piazza Erbe affollata di gente in una foto d’archivio: dalla Cassazione il via libera alle richieste di rimborso ai Comuni da parte dei residenti
Buona e “mala” movida Una piazza Erbe affollata di gente in una foto d’archivio: dalla Cassazione il via libera alle richieste di rimborso ai Comuni da parte dei residenti
Buona e “mala” movida Una piazza Erbe affollata di gente in una foto d’archivio: dalla Cassazione il via libera alle richieste di rimborso ai Comuni da parte dei residenti

Prima il dialogo, e poi eventualmente le azioni legali. Era una sentenza molto attesa anche a Verona quella pronunciata dalla Cassazione a cui si era rivolta una coppia di Brescia. I giudici hanno sancito infatti che se i rumori della vita notturna, quelli della cosiddetta movida - sono troppo forti e invadenti per le persone e di conseguenza dannosi per la salute, il Comune ha il dovere di pagare i danni.

Si tratta di una sentenza che potrebbe davvero creare conseguenze enormi per la casse delle amministrazioni e dare origine così a provvedimenti diversi da quanto fatto fino a questo momento.

Una lunga attesa

«Era da tempo che aspettavamo questa sentenza, con i nostri associati avevamo seguito la vicenda da vicino», fa sapere Michele Abrescia, presidente di VeroCentro, l’associazione che riunisce i residenti del centro storico ma che agisce in coordinamento con quelli di Veronetta, San Zeno e Santo Stefano. «In questa situazione gli interlocutori sono tre: gli avventori con cui ovviamente non possiamo parlare, farsi giustizia da soli non è certo la soluzione, poi gli esercenti da cui nel corso degli anni c’è stata una presa di consapevolezza forte, diciamo che nel 97 per cento dei casi hanno capito che il rumore eccessivo va anche a loro discapito, qualcuno però non capisce o non vuole capire e va avanti per la sua strada. Quindi resta il Comune, con cui vogliamo sederci a un tavolo e capire che strada prendere».

Ricordando come il diritto alla salute sia preminente secondo quanto indicato dalla sentenza della Cassazione. «Prevale sugli altri, anche su quello al lavoro», ricorda Abrescia, «il diritto alla salute non è negoziabile, come sancito anche dalla nostra Costituzione».

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Via dalla città

Raccontando come alcuni associati e ormai ex residenti del centro storico veronese se ne siano andati dalle loro case anche per i problemi del rumore e dei locali fracassoni, che hanno la possibilità di tenere aperto fino alle due di notte. «Penso alla zona della Carega, più di qualcuno ha deciso di abbandonare la sua casa per trasferirsi in quartieri periferici verso l’est della città», rivela Abrescia, «vendendo le loro abitazioni o trasformandole in locazioni turistiche, a volte non è una scelta ma diventa una necessità. E per i nostri associati il problema del rumore è uno di quelli più sentiti e che contribuiscono allo svuotamento del centro», al pari della difficoltà di parcheggio o del turismo di massa, anzi secondo il comitato è quello principale.

«Ripeto, quello della salute è un diritto preminente e i Comuni sono tenuti ad attrezzarsi sia come normative che come procedure di controllo per risolvere i problemi, se non attuano queste misure quest’ultima sentenza della Cassazione sancisce il diritto ad essere risarciti e dovranno mettere mano al portafoglio».

Ma il tema è anche quello dell’attrattività turistica. «Parlando con alcuni albergatori ci confermano come parte della loro clientela non apprezza il rumore fino a tardi, anzi a volte sono partiti anche un giorno prima dopo aver passato una notte insonni, soprattutto i tedeschi che sono abituati a ben altri orari», chiude Abrescia. «E quindi i locali fracassoni impattano anche sulla questione economica, non è solo un disturbo della salute. Dobbiamo unirci tra noi residenti con le associazioni degli esercenti e con il Comune, per trovare insieme la soluzione migliore».

Attorno ad un tavolo

La strada della concertazione è quella auspicata anche da Paolo Artelio, presidente regionale di Fipe Confcommercio. «Credo che prima di prendere decisioni più drastiche come ricorsi o altro ci si debba sedere ad un tavolo tra esercenti, residenti e Comune», l’esordio di Artelio, «ma non bisogna sempre girare la palla alle attività e agli esercenti, serve un giusto equilibrio e la “mala movida” è solo una minima parte di tutto il movimento che generano i nostri esercizi commerciali», distinguendo tra un’attività e l’altra e soprattutto tra un gestore e l’altro.

«Nell’80 per cento dei casi, forse di più chi gestisce un’attività o un locale serale lo fa nel migliore dei modi e comunque noi non abbiamo responsabilità per quello che accade in strada, lo siamo all’interno del locale e sul plateatico ma fuori no, anzi a volte rischiamo di prenderle da qualche persona un po’ su di giri», continua il responsabile dell’associazione di categoria che raduna i pubblici esercizi.

«Sono situazioni in cui devono intervenire Comune e forze di polizia locali, se la colpa è dell’esercente cerchiamo di trovare un punto di equilibrio, ripeto non continuiamo a parlare in questo modo della movida e invece sediamoci tutti insieme attorno ad un tavolo».

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Luca Mazzara

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