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Il caso

Dalle accuse di sessismo alla cattedra in ateneo, il ritratto del «veronese» Morisi

A sinistra, la barchessa di Morisi. A destra con Salvini
A sinistra, la barchessa di Morisi. A destra con Salvini
A sinistra, la barchessa di Morisi. A destra con Salvini
A sinistra, la barchessa di Morisi. A destra con Salvini

Ha definito Verona la sua seconda città. Qui si è laureato in filosofia. Qui, all’Università, dal 2004 al 2011 e dal 2013 al 2015, quindi per nove anni, è stato docente a contratto di informatica filosofica.

E nella provincia di Verona, a Belfiore, ha casa. Ha un legame consolidato con la città scaligera Luca Morisi, 47 anni, mantovano, il social-megafono e capo della “Bestia”, la macchina da guerra comunicativa del leader della Lega Matteo Salvini. Morisi, da poco dimessosi dal suo incarico con la Lega, ora indagato per droga dalla Procura di Verona, è stato tra gli artefici del boom di consensi del Carroccio guidato dal “Capitano”. Titolo dato a Salvini proprio da Morisi. Dal 3-4 per cento, quando la raccolse alla segreteria, la Lega di Salvini è schizzata a oltre il trenta. Tanto di questa impennata è attribuita a Morisi. Alla sua capacità di rilanciare sul web, sui social, anzitutto Facebook ma poi anche Twitter e Telegram, i messaggi politici del segretario.

«Ma io non sono né uno spin doctor né un portavoce, perché Salvini è un portavoce di se stesso», disse Morisi a L’Arena il 12 dicembre 2014, raccontando il suo lavoro di titolare di un’impresa di software, a servizio del Carroccio. Spiegò che i tecnici parlano di “reach”, cioè gli utenti unici raggiunti dalla pagina Facebook di Salvini. Nel novembre 2014 il dato era di 17 milioni. In pratica, l’85 per cento degli utenti che accedevano a Fb almeno una volta al giorno - venti milioni, allora, mentre venticinque milioni quelli che ci andavano una volta al mese - aveva visto un post di Salvini nell’arco di 28 giorni, cioè l’unità di misura simil-mensile di Fb. E i “Mi piace” su Salvini erano al top. E questi dati sono cresciuti, fino a oggi. «È Salvini a scrivere i suoi messaggi su Fb», raccontava Morisi, «che vengono percepiti in maniera autentica. Il compito mio e dei miei collaboratori è amplificarli con varie tecniche multimediali, attraverso grafiche, foto e video, perché bisogna sempre avere modelli sensoriali diversi». 
Morisi notò Salvini a “Porta a Porta”, da Bruno Vespa, nel 2012: il leader fu il primo ad andarci con l’Ipad, interagendo in diretta con le persone collegate con lui. Lo stesso fa nei suoi tour politici, anche a Verona, con l’aiuto di uno stretto collaboratore di Morisi, il veronese Fabio Montoli, leghista, che segue passo passo Salvini con video, foto e interviste, che lancia su social e web. Nel marzo 2015, nella campagna elettorale per le regionali, Morisi finì nella bufera per un post su Facebook, rilanciato poi su Twitter. Postò una foto che accostava il manifesto elettorale delle candidata del centrosinistra alla presidenza della Regione, Alessandra Moretti, del Pd, a quello che pubblicizzava una spettacolo per soli adulti con immagini esplicite di donne seminude, per un night club del Veneto. Sopra la foto, il commento: «Involontarie simmetrie (#scelgozaia)». Accuse di sessismo da parte del Pd, e ferma presa di posizione dell’allora rettore Nicola Sartor.

«Accogliendo il sentimento di indignazione, espressomi da più parti, per il contenuto sessista del post pubblicato da Luca Morisi su Facebook e ripreso dai media locali e nazionali», commentò, «rilevo con dispiacere che tale comportamento reca danno alla reputazione dell’Università di Verona, violando il Codice Etico di Ateneo che ogni docente, anche se soltanto nel ruolo di professore a contratto, è tenuto a conoscere e rispettare». Nel 2015, in ogni caso, Morisi terminò il suo contratto con l’ateneo. Ora la bufera politica.

Enrico Giadini

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