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Si può assistere al Restauro

La meraviglia della Sant'Anna del Caroto rinasce «dal vivo»

RESTAURO CAROTO

Custodita a San Fermo, lo scorso maggio avrebbe dovuto spostarsi di qualche centinaio di metri verso piazza Bra, per essere esposta come una delle meraviglie pittoriche che compongono “Caroto e le arti tra Mantegna e Veronese”, la mostra in corso in Gran Guardia. Ma la Pala della Madonna dell’artista cinquecentesco veronese Giovanni Francesco Caroto, tela raffigurante Sant’Anna con la Madonna e Gesù Bambino in gloria insieme a San Giovanni Battista, San Pietro Vescovo, San Rocco e San Sebastiano, è stata ritenuta in una condizione troppo fragile per poter essere mossa.
Una brutta notizia che si è presto rivelata un’opportunità. Se durante le fasi di studio e preparazione della mostra sono state riscontrate lacune nella pellicola pittorica e altre alterazioni che hanno decretato la non idoneità del dipinto a un trasferimento dalla sua sede, l’Associazione Chiese Vive ha colto l’occasione per dare il “la” al restauro all’opera. E ora gli studenti del quarto anno della Scuola di Restauro dell’Accademia di Belle Arti sono al lavoro, coordinati dalla professoressa Laura Rivali e affiancata in team da altri docenti.

 

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Capolavoro dell’architettura e della pittura medievale, nonché scrigno di preziosi dipinti e altri manufatti di epoca rinascimentale, la chiesa di San Fermo è ora anche un cantiere aperto, oltre che didattico. Non in Gran Guardia tra gli altri dipinti, la tela del Caroto è comunque visibile anche in questi mesi di restauro che si stanno svolgendo nella grande cappella della navata sinistra della chiesa superiore. Fino al prossimo marzo, entro cui è previsto il termine dei lavori, gli occhi dei visitatori potranno soffermarsi sull’azione dei restauratori, sul lavoro degli studenti, impegnati nel preservare con cura e attenzione questo patrimonio artistico della città, antico di oltre 500 anni. L’Associazione Chiese Vive ha infatti tra le proprie finalità anche il recupero e il restauro del patrimonio artistico e di fede dei beni ecclesiastici di Verona. E grazie ad altri enti coinvolti, che si sono subito messi a disposizione del progetto, la tela del Caroto – uno dei capolavori della maturità dell’artista veronese – sta recuperando l’originale bellezza con la certezza di essere adeguatamente conservata nei decenni a venire.

 


«Siamo felici di aver potuto riprendere l’iniziativa “I Care – Ci Tengo” con cui ogni anno interveniamo per il restauro di opere che rischiano di deteriorarsi ed andare perdute. Nel caso della tela del Caroto, abbiamo sottoscritto una convenzione tra Chiese Vive, la Parrocchia di San Fermo e l’Accademia di Belle Arti per l’avvio del cantiere di restauro, iniziato nei primi giorni di luglio direttamente nella Chiesa di San Fermo, anche considerate le importanti dimensioni dell’opera», spiega il presidente di Chiese Vive, monsignor Giovanni Ballarini.
Il progetto si sta sviluppando grazie alla collaborazione e con l’autorizzazione dell’Ufficio beni culturali ecclesiastici della Diocesi e la Soprintendenza Archeologica, Belle arti e Paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza. «E’ una grande gioia che questo intervento di restauro venga eseguito sì con grande rigore scientifico e metodologico, ma che ad eseguirlo siano chiamate tante studentesse e studenti dell’Accademia di Belle Arti che si avvicinano a un lavoro affascinante, intervenendo su un’opera di grandissimo valore e che siamo sicuri uscirà da questo restauro valorizzata e pronta a stupire nuovamente», commenta il parroco di San Fermo, don Maurizio Viviani, parroco di San Fermo.

 

 

L'OPERA

La tela di Giovanni Francesco Caroto, datata 1528, è collocata in una grande cappella della navata sinistra della chiesa superiore di San Fermo che, proprio per il valore del dipinto, viene chiamata “Cappella della Madonna” o “di Sant’Anna”. Il quadro, molto grande, è tenero e inteso al tempo stesso. Nella parte superiore sono raffigurate, grandi, sedute su una nuvola, Sant’Anna e la Vergine con Gesù bambino, attorniate da alcuni angioletti in volo. Sant’Anna con la mano destra sostiene il “nipotino” per il piedino, mentre con l’altro braccio lo regge sotto la spalla. Il Bimbo nudo sembra appoggiato su un cuscino sulle gambe della mamma: con la mano destra compie il gesto benedicente, mentre con il braccio sinistro si aggrappa al collo di Maria. I tre visi sono tra loro molto avvicinati, in una composizione densa di tenerezza ed il loro sguardo punta dritto verso l’esterno, verso lo “spettatore” tanto che sembra scrutarlo: «un chiaro riferimento stilistico a Raffaello che è qui molto evidente», spiegano da Chiese Vive. Nella metà inferiore del dipinto, in uno scorcio paesaggistico sono collocati, da sinistra, San Giovanni Battista che con il dito indice alzato mostra il Messia e San Pietro, in abiti vescovili, che regge la chiave del Paradiso. Sulla destra sono riconoscibili San Sebastiano, legato e trafitto dalle frecce, e San Rocco, con la conchiglia e il bastone da viandante, nell'atto di sollevare la veste per mostrare i segni della peste. Al centro del quadro è ritratto, in lontananza, San Francesco che riceve a La Verna le stimmate dal Serafino. È questo uno dei capolavori dell’età matura del veronese Giovanni Francesco Caroto (1480 - 1555), il più anziano dei due fratelli pittori, che si formò nella bottega di Liberale. Dell’opera di San Fermo scrive anche Giorgio Vasari, pittore poco più giovane di Caroto, architetto e storico dell'arte, tessendone le lodi e riportando un curioso aneddoto: “Vero è che, o fusse per invidia o per altra cagione, gli fu dato nome di pittore che non sapesse fare se non figure piccole. Per che egli, nel fare la tavola della cappella della Madonna in San Fermo, convento de’ frati di San Francesco, per mostrare che era calonniato a torto, fece le figure maggiori del vivo e tanto bene, ch’elle furono le migliore che avesse mai fatto».

Ilaria Noro

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