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La rapina di via Roma

La madre della giovane fuggita dalla comunità: «Se mia figlia ha sbagliato, pagherà. Ma le serve aiuto»

«Forse con lei sono stata troppo accondiscendente perché temevo di tornare indietro a due anni fa, quando ho rischiato che morisse di anoressia»
Carabinieri, vigili e ambulanza in via Roma dopo la rapina (Marchiori)
Carabinieri, vigili e ambulanza in via Roma dopo la rapina (Marchiori)
Carabinieri, vigili e ambulanza in via Roma dopo la rapina (Marchiori)
Carabinieri, vigili e ambulanza in via Roma dopo la rapina (Marchiori)

«Mi sono fatto un profilo Instagram finto per mettermi in contatto con mia sorella. Lei ci aveva bloccato tutti, mia mamma, l’altro mio fratello con cui tra l’altro va d’accordo, io, tutti. Così ho pensato come faccio a sapere che sta bene? Ci ho provato. Ho fatto un profilo fake, ho detto che mi chiamavo Sami e le ho chiesto come stava, le ho detto che non volevo sapere dove era, ma solo se era tutto a posto. Lei mi ha risposto trenta secondi dopo, rassicurandomi. Non sapeva neanche con chi stava parlando, ma mi ha risposto».

A parlare è il fratello maggiore della minore fuggita dalla comunità veronese in cui era stata posta dopo la convalida dell’arresto per rapina e lesioni ai danni di un ventunenne del Gambia. La giovane si è poi presentata spontaneamente in questura l’altra sera. L’altra sua amica, imputata per gli stessi reati, lo aveva fatto poche ore dopo la fuga. «Avevo persino pensato, assieme agli amici che mi avrebbero aiutato, di iniziare a seguire le amiche di mia sorella per vedere se ci avrebbero portato da lei, tra loro si coprono, non mi volevano dire nulla», aggiunge il ragazzo, «siamo stati a cercarla nei posti che sappiamo frequentava, anche da Adigeo, abbiamo bombardato di telefonate i carabinieri di alcuni paesi, quelli di Verona, sempre chiedendo se avevano notizie. Siamo a Verona, mia sorella si è presentata da sola, mi chiedo se davvero sia mai stata cercata, dal centro è andata in questura a piedi», dice il ragazzo che abita in provincia con la famiglia.

«Eravamo molto preoccupati, stiamo parlando di una ragazzina che compie 15 anni a fine mese. Stiamo parlando di una ragazzina che ha dormito in strada o chissà dove. Abbiamo avuto paura che disperata scegliesse di gettarsi in Adige e si uccidesse, abbiamo temuto che incontrasse qualche delinquente che la stuprasse, o la drogasse, abbiamo passato l’inferno», aggiunge la madre della giovane. E aggiunge: «Mi stupisco che in comunità non ci sia stato alcun genere di controllo. Mia figlia è stata portata là con un furgone e poi nessuno l’ha presa in carico, nessuno le ha spiegato quello che avrebbe dovuto fare, a cosa andava incontro, non ha parlato con uno psicologo. E pochi minuti dopo se n’è andata. So che la comunità non è un carcere, nel mio Paese ho conseguito la laurea in giurisprudenza, ma deve pur esserci un custode dei minori. Se le fosse accaduto qualcosa, chi ne avrebbe risposto?», aggiunge la madre.

La ragazza ha due fratelli, uno neo laureato a pieni voti, orgoglio di tutta la famiglia, l’altro bravo ragazzo che va bene a scuola, così come la ragazzina, che i voti li aveva alti. Non fosse per quello che combinava anche a scuola. «Si fa presto a parlare a dare etichette, le cose è necessario conoscerle a fondo. Mia figlia alle medie è stata bullizzata, i compagni le dicevano “Scendi dalla bicicletta che si rompe“ perchè era un poco cicciottella, anche la pediatra glielo aveva fatto notare ed io allora non ce l’ho più portata. Ma da allora lei non ha più voluto nè mangiare nè bere ed ha perduto 25 chili. Aveva 12 anni, ho creduto che morisse», racconta la madre, «l’hanno ricoverata in ospedale, prima è stata nutrita con il sondino e poi con il cibo per bambini, non passava neanche l’acqua. In questi giorni, in queste ore ho pensato a tante cose. Ho fatto anche un’analisi su di me, forse con lei sono stata troppo accondiscendente perchè temevo di tornare indietro a due anni fa, quando ho rischiato che morisse di anoressia. È stata seguita da uno psicologo per sei mesi dopo era cambiata, speravo che fosse tutto alle spalle. Se mia figlia ha sbagliato, se è stata lei a picchiare le persone è giusto che paghi, ma facendo un percorso con assistenti sociali e psicologi, quelli che non ci sono stati quando io ho chiesto aiuto dopo l’episodio a scuola, quando sono stata costretta a ritirarla per evitare la bocciatura. Mi sono rivolta ai servizi sociali, ma non ho avuto risposte. Io lavoro 12 ore al giorno. Ho tirato su da sola lei ed i suoi fratelli. Il papà se n’è andato quando lei aveva due anni, non si è mai più fatto sentire, nè ad un compleanno, nè in qualsiasi altra circostanza, e mia figlia ha molto sofferto di questo. Io spero che lei adesso faccia il giusto percorso per ritrovarsi, un percorso assistita anche da medici che possano capire se oltre alle sue ribellioni c’è qualcosa d’altro, di patologico. Noi le staremo accanto come siamo sempre stati, pronti ad assumerci le responsabilità, se emergeranno colpe sue in tutta la vicenda. È necessario fare un passo avanti. Da una parte ricostruire la vicenda dell’aggressione di cui è accusata, dall’altra ricostruire la sua vita e costruire il suo futuro», conclude la madre.

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Alessandra Vaccari

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