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il femminicidio del 2013

Lucia, uccisa dall'ex come Giulia. Il padre: «Giovani narcisi, la vita è fatta anche di sconfitte. Vorrei abbracciare quel papà»

Lucia Bellucci fu uccisa dieci anni fa dal veronese Vittorio Ciccolini. Il padre lancia un messaggio al padre di Giulia: «Sembra impossibile ora, ma si può sopravvivere anche a questo dolore. Io ne sono la prova. Vorrei poterlo confortare. La sua, è la mia storia»
Giulia Cecchettin, uccisa dall'ex fidanzato Filippo. A destra Lucia Bellucci, trucidata nel 2013 dall'ex, il veronese Vittorio Ciccolini
Giulia Cecchettin, uccisa dall'ex fidanzato Filippo. A destra Lucia Bellucci, trucidata nel 2013 dall'ex, il veronese Vittorio Ciccolini
Giulia Cecchettin, uccisa dall'ex fidanzato Filippo. A destra Lucia Bellucci, trucidata nel 2013 dall'ex, il veronese Vittorio Ciccolini
Giulia Cecchettin, uccisa dall'ex fidanzato Filippo. A destra Lucia Bellucci, trucidata nel 2013 dall'ex, il veronese Vittorio Ciccolini

Il femminicidio di Giulia Cecchettin riporta la memoria ad un altro caso in cui venne coinvolto un veronese, l’avvocato, oggi detenuto, Vittorio Ciccolini che uccise la sua ex Lucia Bellucci, lei aveva 31 anni.

Dottor Giuseppe, mi scuso perché la farò ripiombare indietro di dieci anni. La chiamo per l'ennesimo femminicidio.

Questa è una storia triste che mi ha fatto piangere. Avrei voluto abbracciare quel babbo perché mi ci son riveduto proprio. La storia è la stessa, è uguale. L'attesa, la speranza e la macchina da cercare. Scomparsi. Ho rivissuto le nostre angosce. Anche se per noi l’attesa era durata meno tempo. Tre giorni.

Il dottor Bellucci fa una pausa.

Io vorrei abbracciare quel papà. Purtroppo siamo lontani. Ma vorrei abbracciarlo quel padre. Vorrei dirgli che io ce l'ho fatta sopravvivere e che si deve far forza per sopravvivere anche lui. Anzi, se voi volete mandargli questo messaggio, sono molto contento. Ditegli che io sono Bellucci, sono il babbo di Lucia. E lo abbraccio tanto, diteglielo che io ce l’ho fatta a  superare questa tragedia, anche se piango sempre. Quindi bene o male ce l'ho fatta a sopravvivere, anche mia moglie. Ancora siamo qui. Anzi lei mi coglie in un momento di festa perché oggi c'è mio suocero che fa 100 anni. E allora siamo venuti qui in un ristorante, siamo un centinaio di persone. Sono contento d’aver risposto alla sua telefonata perché mi permette di togliermi un magone.

Giuseppe Bellucci, il padre di Lucia
Giuseppe Bellucci, il padre di Lucia

È sempre delicato chiamarla, ci si sente in colpa.

Questa telefonata è un segno del destino. Penso a Giulia da quando era scomparsa, anche prima in chiesa pensavo alla sua storia e mi dicevo quanto soffrirà quell'uomo, pensando al padre. Ce lo siamo chiesti tutti, poi lei avendolo provato immagino quanto possa capire. Non ci sono parole. Ma se quel padre fosse qui, se soltanto lo potesse alleggerire anche la mia storia, tragica come la sua. Vorrei dirgli c'è qualcun altro che ha sofferto come te, sta soffrendo ancora qua e son passati dieci anni, ma è sopravvissuto.

Secondo lei, dottor Bellucci noi come società cosa possiamo fare per fermare i femminicidi? Perché evidentemente sbagliamo qualcosa se continuano.

Si continua a parlare a vuoto, non siamo riusciti a trovare l'elemento cruciale di queste storie. Sembra un parlare a vuoto perché tutti ripetono le stesse cose: bisogna, bisogna, e bisogna. Abbiamo sviluppato una mentalità, non la mia generazione, ma le generazioni che si sono susseguite di grande debolezza, grande mancanza di carattere che ci faceva superare i momenti di crisi. Chi di noi non ha patito, chi non è stato lasciato da una ragazza. Queste cose si ricordano anche dopo tanto tempo e quasi si sorride. C’è stata l’emancipazione femminile, tanta libertà in più. La mia era una società molto patriarcale dovevamo obbedire dovevamo quindi eravamo anche sfavoriti eppure ce la cavavamo, anche se eravamo poveri. Adesso sembra che i giovani abbiano tutto e invece non hanno niente perché non hanno non hanno sviluppato i recettori che possano accoglierle queste parole. Si deve ricominciare da capo dalle scuole come dice Crepet, dalle scuole. Capire che nella vita non puoi avere tutto, ma soprattutto che una persona non si possiede, non è un oggetto proprio. Troppi giovani sono narcisi e non accettano le difficoltà che la vita ti mette davanti. Io ho studiato fuori con tra mille sacrifici senza mezzi economici e mi sono laureato in medicina. I giovani non hanno entusiasmo. Li abbiamo cresciuti senza ambizioni sane, pensano soltanto ad apparire ad avere il telefonino di ultima generazione, l’auto di grossa cilindrata, gli abiti alla moda e griffati. C’è bisogno di far capire loro che la realtà è un’altra, la vita è altro. È fatta di sconfitte, di perdite.

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Alessandra Vaccari

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