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Il centenario

Fedora, cent'anni come il «suo» Messedaglia: «Ricordo tutti i compagni di classe»

La storia di una donna la cui vita è corsa in parallelo con il Messedaglia di Verona
Fedora Bondi e la sua classe del Messedaglia del 1939
Fedora Bondi e la sua classe del Messedaglia del 1939
Fedora Bondi e la sua classe del Messedaglia del 1939
Fedora Bondi e la sua classe del Messedaglia del 1939

«Il liceo Messedaglia compie cento anni e racconta anche la mia storia».
Fedora Bondi, un secolo di vita festeggiato lo scorso settembre, quella scuola l'ha frequentata. Classe 1922, è lontana quattro generazioni dagli studenti iscritti oggi, ma con loro ha in comune la seconda “casa“ dell'adolescenza, la scuola superiore, che in questo caso è anche il primo liceo scientifico della città e proprio oggi celebra il centenario dalla fondazione.

Una storia di famiglia

«E come ho detto in occasione del mio, di centenario, questo non dev'essere un traguardo ma soltanto un'altra tappa», sorride la signora. «Il mio liceo compie cento anni e le vite di molte persone di questa città lo hanno attraversato», dice. «La mia e quella di mio fratello Werther, deportato e ucciso a vent'anni in un campo di concentramento per essersi rifiutato di arruolarsi e di combattere contro altri italiani nelle fila dell'esercito tedesco. Lo ricorda una targa affissa a Palazzo Ridolfi-Da Lisca, la sede storica del Messedaglia in stradone Maffei, che reca incisi i nomi degli ex allievi morti in guerra. Hanno frequentato questo liceo anche mio figlio Fabrizio Abrescia, medico, che ha avuto qualcuno dei miei stessi docenti, e suo figlio Michele, mio nipote laureato in legge. Chissà dove andranno i miei pronipoti...».
La signora Fedora i ricordi li passa al setaccio nei racconti. Tanti, di altri tempi, a cavallo delle due guerre. Nel mezzo l'insegnamento, la più grande passione di questa ex docente di matematica e fisica, conosciuta in città anche per aver fondato la casa di riposo Le Betulle di Borgo Venezia insieme al marito Nicola Abrescia, noto ginecologo, scomparso nel 2003.

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La riforma Gentile

Oggi si celebra l'anniversario della riforma Gentile, varata con il regio decreto 1054 del 6 maggio 1923, che aveva uno dei sui punti di forza nell'istituzione dei licei scientifici. Per la professoressa Bondi, questa è anche l'occasione di esprimere l'affetto per una scuola che, come detto, è stata come una seconda casa. «Io ho frequentato nei locali di via Fratta, la prima sede», racconta. «Ciascun professore aveva la sua aula, noi studenti ci spostavamo dall'una all'altra al cambio dell'ora. D'inverno si faceva lezione sotto strati di indumenti, perché il termometro sfiorava appena gli 11 gradi. Alla quinta superiore siamo arrivati in 16, ma niente esami di maturità. Iniziavano i bombardamenti, le scuole vennero chiuse. Ci hanno liquidati dal liceo con l'ultima pagella».
Nei suoi ricordi, Fedora custodisce momenti preziosi. «In quinta le uniche femmine eravamo io e Giuseppina Perbellini, di Illasi, che aveva quattro anni più di me», spiega. «Le ragazze, se studiavano, preferivano il liceo classico. Ma specialmente a quel tempo, lo scientifico era una finestra sul futuro. Se siamo state discriminate? Mai. Né dai compagni e tantomeno dagli insegnanti, che avevano un grande rispetto per tutti noi studenti e non facevano differenze. Ho un carissimo ricordo di alcuni di loro». Come quello del professor De Marco, di matematica e fisica, «che insegnava in un'aula ad anfiteatro adatta per assistere agli esperimenti», e di Gianni Doro, di lettere, «uno scrittore che in classe dava il via a grandi discussioni sui temi più svariati, che non c'entravano nulla con il programma, per allenarci a sviluppare un pensiero critico. Parlavamo, per esempio, di libero arbitrio: un argomento audace per l'epoca». E ancora, quello del preside Valenti, professore di chimica. «Aveva il compito di ispezionare le aule per verificare che tutti noi alunni indossassimo la divisa nel giorno cosiddetto “sabato fascista“. Noi ragazze la indossavamo sotto il grembiule, che era obbligatorio, perciò ogni volta il professore era in estremo imbarazzo per doverci chiedere di slacciarlo e mostrare l'uniforme».

 

Il ricordo dei compagni di classe

A distanza di oltre ottant'anni, è vivido e affettuoso anche il ricordo dei compagni di classe. «Uno di loro, Gastone Zanetti, era un grande appassionato di aviazione. Un giorno organizzò un giro sopra il lago di Garda con un piccolo aereo ultraleggero costruito da lui. Salimmo io, la mia compagna Giuseppina e il nostro professore di lettere. Che emozione! Da qualche parte conservo ancora il ritaglio de L'Arena che racconta di questa impresa». In seguito Zanetti si laureò in ingegneria, lavorò anche lui come insegnante e diventò il sindaco-aviatore di Nogara. «Lo sviluppo di un territorio passa anche dalla formazione», afferma la signora Fedora, «e quella del Messedaglia va riconosciuta».

Laura Perina

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