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Verso le amministrative

Conta ancora il voto «cattolico»? Ecco come si muove la «galassia» veronese, fra diocesi e associazioni

Verona dall'alto con le sue chiese
Verona dall'alto con le sue chiese
Verona dall'alto con le sue chiese
Verona dall'alto con le sue chiese

Comincia la discesa in campo dei candidati sindaco per le elezioni comunali di primavera - Flavio Tosi, per Fare, Damiano Tommasi, per il centrosinistra, si va verso la ricandidatura di Federico Sboarina per il centrodestra unito, ma si fa largo anche Michele Croce, di Prima Verona - e si fa largo una domanda: ma quanto pesano i voti dei cattolici?


Nella Verona nella quale - nonostante siano cresciute le presenze di uomini e donne di altre religioni, in particolare musulmani ma anche di cristiani ortodossi - c’è un ancora forte radicamento della Chiesa cattolica e di associazioni, movimenti e realtà collegate, i temi “cattolici”, dal sociale alla famiglia all’etica, sono ancora centrali? La città s’interroga. E dai mondi cattolici arrivano richieste e sollecitazioni.
Anzitutto, però, questa galassia cattolica quali dimensioni ha? La diocesi di Verona, guidata da 15 anni dal vescovo Giuseppe Zenti, verso il termine del mandato, comprende anche una parte della zona gardesana bresciana, ma non una parte della provincia scaligera che è diocesi di Vicenza, ha circa 940mila abitanti. Dei quali circa 870mila battezzati. Ciò non significa, ovviamente, che siano tutti praticanti o impegnati in associazioni o nel volontariato sociale. Le parrocchie sono 381, di cui 81 nel Comune di Verona, che ha circa 255mila abitanti.

 

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La galassia Molto articolata anche la realtà laicale. Nella diocesi ci sono 82 tra associazioni, movimenti, gruppi e comunità legate a istituti religiose, riunite nella Consulta diocesana delle aggregazioni laicali. Ci sono poi altre 11 associazioni pubbliche di fedeli, riconosciute in diocesi, e 10 altre aggregazioni o gruppi laicali. Sono decine di migliaia di persona tra giovani, adulti, anziani, a cui vanno però aggiunte cooperative, piccole fraternità, comunità di volontari. Che seguono persone in difficoltà o con disabilità, poveri, famiglie in disagio sociale ed economico. E c’è naturalmente la Caritas con attività di animazione culturale e di sostegno diretto, come l’Ostello Il Samaritano, in Zai, e l’annessa Locanda per senza fissa dimora. Ma c’è poi la massiccia presenza di istituti religiosi maschili e femminili.
Ma quanto pesa e conta, questa galassia, anche in rapporto alla politica e all’amministrazione pubblica? «Conta ancora perché, visto che i partiti svolgono sempre di meno la formazione, come un tempo faceva ad esempio la Dc, i cattolici si sentono un po’ orfani e quindi cercano in questi gruppi, movimenti, associazioni, un luogo di crescita ma anche di impegno», dice monsignor Alessandro Bonetti, vicario per la pastorale e delegato del vescovo nella Consulta delle aggregazioni laicali.
Quest’ultima - anche se due anni di pandemia hanno eliminato se non limitato molto gli incontri in presenza - ha una segreteria formata da sei persone, tra cui il segretario, da poco Franca Sbardellini, e da altri cinque membri, di cui quattro eletti e uno di Azione Cattolica. L’AC, tra l’altro, presieduta a livello diocesano da Paola Sandrini, ha 1.600 soci, di cui cinquecento della città. Va ricordato poi a livello diocesano l’impegno sul fronte culturale della Fondazione Toniolo e della Scuola diocesana di formazione all’impegno sociale e politico. E che Verona è sede del Festival della Dottrina sociale, organizzato dalla Fondazione Segni Nuovi, che porta avanti l’impegno pubblico dei cattolici.


Autonomia «Ma ormai i cattolici sono impegnati e si rapportano alle scelte politiche in maniera autonoma, individuale», dice Riccardo Filipponi, di Comunione e Liberazione, segretario uscente della Consulta, «partendo dalla propria fede ed esperienza nella società». Tanti mondi, tanti fronti di impegno. E tante richieste. Per un mondo cattolico, e un cattolico in politica, sempre a metà strada tra l’essere un po’ di “sinistra” nel sociale a “destra” sui valori. Che cosa chiede, però, questo mondo, a un sindaco? Umberto Fasol, preside delle Scuole Stimate, impegnato nel Sinodo diocesano, volontario all’Unitalsi, detta una sorta di agenda: «Chiedo di creare una squadra di assessori presenti sul territorio per risolvere i piccoli e grandi problemi di ogni giorno, dalla sicurezza nel quartiere alla pulizia dalle immondizie, dalla viabilità delle strade cittadine agli asili per i bambini», dice. «E poi una visione sul futuro della città, che comprenda le sue relazioni con i vicini e i lontani - aeroporto, Fiera, Arena e cultura in genere, ospedali e Università - e la sua urbanistica, attenta alle famiglie nascenti e ai loro anziani. Tutto questo è molto cattolico», conclude Fasol, «perché riguarda il bene universale dell’uomo».


Valori Ma i giovani, per Giovanni Pontara, già direttore dell’Ufficio scolastico provinciale, ora presidente dell’Istituto Don Mazza, devono essere al centro. «Un sindaco dovrebbe concentrare la sua attenzione, concreta e prioritaria, sui giovani e sulle esigenze che hanno di sperimentare un protagonismo attivo di cittadinanza», dice. «Verona è stata terra di grandi educatori, tra cui Don Calabria, Don Mazza, il Bertoni, e mi aspetto che un sindaco faciliti occasioni di aggregazione e di crescita umana, valorizzando le persone. Poi a livello locale», prosegue Pontara, «andrebbero sostenute iniziativa di solidarietà, accoglienza, superamento dei pregiudizi, come ci richiama sempre papa Francesco. Un sindaco dovrebbe fare in modo che Verona sia davvero di tutti».


L’economista Autonomia dei cattolici, quindi, scelte personali, ricerca di comunità. Torniamo, però, alla domanda iniziale: quanto pesa il voto dei cattolici? Secondo Stefano Zamagni, economista, già presidente dell’Agenzia per il Terzo settore, ora presidente della Pontificia Accademia delle Scienze sociali, la mette giù dura: «I cattolici in politica? Sono presenti ovunque e irrilevanti dappertutto», dice. «E questo dipende dall’errore compiuto decenni fa quando, dopo sessant’anni di Dc, c’è stata la diaspora dei cattolici nei vari schieramenti politici, con il risultato che non si conta né incide più nulla».
Tutto questo, però, perché? «C’erano quattro grandi matrici politiche, una volta: liberali, socialista, radicale e cristiana. Ebbene, in Italia solo quella cristiana è scomparsa, mentre le altre hanno dei partiti di riferimento, e nessuno, a causa di una forte arretratezza culturale dei cattolici, pensa di riproporla».
Zamagni ricorda che quasi tutte le diocesi hanno una Scuola di formazione politica, «che prepara le persone, che prà poi non trovano spesso uno sbocco di impegno», conclude l’economista, fondatore di “Insieme”, partito di ispirazione cristiana. «E non è da escludere che ci presenteremo alle prossime elezioni politiche. Prenderemo magari il 5-6 per cento, ma almeno faremo capire che ci siamo».

Enrico Giardini

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