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La svolta

Citrobacter, chiusa l'inchiesta: sette indagati per la morte di Alice e le lesioni di Benedetta

di Camilla Ferro
In fase di notifica gli avvisi per medici e dirigenti Aoui (alcuni ex) accusati di non aver mantenuto le misure di contenimento e monitoraggio del batterio
Ospedale della Donna e del Bambino in cui si è consumata la vicenda dei quattro neonati morti per l'infezione da Citrobacter
Ospedale della Donna e del Bambino in cui si è consumata la vicenda dei quattro neonati morti per l'infezione da Citrobacter
Ospedale della Donna e del Bambino in cui si è consumata la vicenda dei quattro neonati morti per l'infezione da Citrobacter
Ospedale della Donna e del Bambino in cui si è consumata la vicenda dei quattro neonati morti per l'infezione da Citrobacter

Le indagini preliminari sono chiuse. Stanno per partire dalla Procura le cartoline verdi indirizzate ai sette indagati del caso Citrobacter - manager e medici, ancora in servizio ed ex, dell'Azienda ospedaliera universitaria Integrata di Verona - contenenti l'avviso della conclusione dell'attività investigativa svolta dal pm Maria Diletta Schiaffino.

Ad ognuno di loro, con la notifica ex articolo 415 bis del codice di procedura penale, il pubblico ministero comunica che gli elementi probatori emersi nel corso della fase preliminare dell'inchiesta sono idonei a sostenere l'accusa in giudizio. Che sarà diversa in base al ruolo e al grado di responsabilità, dentro all'imputazione generale che va dall'omicidio colposo alle lesioni colpose gravi e gravissime in ambito sanitario. E che, novità confermata ieri dal procuratore capo Bruno Bruni, riguarderà solo alcune delle persone offese, precisamente quelle rientranti nella «fase tre» o «tardiva» della diffusione del batterio nella Terapia intensiva neonatale e pediatrica dell'Ospedale della Donna e del Bambino, nel periodo tra il 22 febbraio e il 30 maggio del 2020.

 

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La fase «tardiva» della diffusione del batterio

Si tratta dei tre mesi individuati dal team di super esperti come gli unici in cui, se nel reparto fossero state mantenute le misure di controllo e di monitoraggio interrotte per l'arrivo del Covid, si sarebbero potuti evitare il ù e la disabilità grave di Benedetta. Quanto scritto dai medici incaricati dalla Procura (Ernesto D'Aloja, medico legale dell'università di Cagliari; Daniele Farina, neonatologo del Sant'Anna di Torino; Ferdinando Coghe, esperto di analisi chimiche e microbiologia di Cagliari; Clemente Ponzetti, direttore sanitario del Policliico di Monza) è bastato alla titolare dell'indagine Schiaffino che, ritenendo sufficiente la ricostruzione della «catena» degli eventi e delle responsabilità, non ha avuto bisogno di altri approfondimenti nemmeno dopo aver ricevuto le controdeduzioni degli avvocati degli indagati.

Tutto chiaro, per l'accusa, tanto da poter chiudere il fascicolo notificando gli avvisi di conclusione dell'indagine preliminare, stralciando la posizione degli indagati relativamente al decesso di Elizabeth (novembre 2018), di Nina (novembre 2019), di Leonardo (marzo 2020) e per l'infezione e la colonizzazione contratte, con esiti differenti fino alla disabilità grave, da circa un centinaio gli altri neonati ricoverati nel reparto incriminato nell'anno e mezzo di epidemia batterica.

 

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Le conclusioni della maxi consulenza

Era già evidente dalle conclusioni della maxi consulenza di 400 pagine depositata lo scorso dicembre che, nell'arco temporale di quei drammatici 19 mesi (da novembre 2018 a giugno 2020) in cui sono deceduti 4 piccoli, 9 hanno riportato danni permanenti e diverse altre decine se la sono cavata «solo» con danni transitori, a finire sotto la lente della responsabilità penale sarebbero stati gli ultimi tre, quelli della cosiddetta «fase tardiva».

Perché in quelle settimane lì, scrivono gli specialisti della Procura, «non ci sono state riunioni del Cio(è il Comitato infezioni ospedaliero) e della commissione multidisciplinare ospedaliera: dopo l'incontro del 4 febbraio, il successivo è stato il 6 maggio. E non c'è stata alcuna sorveglianza attiva», prosegue l'elaborato, «dal momento che si è interrotto il programma di screening settimanale su tutti i piccoli pazienti accolti nei reparti interessati dalla contaminazione di Citrobacter; inoltre è stato sospeso anche il monitoraggio ambientale perchè non risultano campionamenti dopo quelli eseguiti nel gennaio 2020 fino a maggio dello stesso anno».

Il passaggio successivo, ora, sarà la richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pm mentre, davanti al gup, potranno essere avanzate, dalle difese, eventuali richieste di riti alternativi: se non ce ne saranno, l'intera drammatica vicenda sarà ricostruita in dibattimento.

 

I sette indagati

Destinatari dell'avviso di fine indagini sono i sette indagati: Paolo Biban ex direttore della pediatria; Francesco Cobello, ex direttore generale dell'Aoui; Chiara Bovo ex direttore sanitario; Giovanna Ghirlanda direttore medico ospedaliero; Evelina Tacconelli, direttore Malattie infettive; Giuliana Lo Cascio ex direttore di microbiologia e Stefano Tardivo, risk manager dell'azienda ospedaliera..

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