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Verona

Abusi in questura, 12 poliziotti sospesi dal servizio

Non sono fra i 5 che devono rispondere di tortura, ma non intervennero per fermare i colleghi

In giugno il culmine dell’inchiesta, con cinque arresti, sui comportamenti violenti e lesivi della dignità attuati da agenti delle Volanti nei confronti di alcuni fermati. Ora sono in fase di notifica le 12 interdittive, ovvero la sospensione dal servizio, per altrettanti agenti e funzionari che, a vario titolo, pur non rispondendo del reato più grave, ovvero la tortura, quantomeno non intervennero per fermare i colleghi.

Provvedimenti che, come l’ordinanza di custodia cautelare, sono stati emessi dal giudice per le indagini preliminari Livia Magri.

Perché sono stati sospesi dal servizio i poliziotti

Offese, percosse, calci e spintoni oltre che provocazioni ma soprattutto disinteresse per le condizioni fisiche dei cittadini, per lo più extracomunitari, fermati e condotti in Questura per l’identificazione. E con i quali era stato utilizzato lo spray urticante. Ma oltre a ciò, a vario titolo, viene contestata la violenza privata, l’abuso d’ufficio, lesioni, falso in atto pubblico e peculato. 
Queste le ipotesi dell’accusa, che si fonda su intercettazioni telefoniche e filmati ripresi dalle telecamere posizionate all’interno della stanza dei fermati, nei confronti di una ventina di appartenenti alla sezione Volanti.
Per cinque, ritenuti responsabili anche del reato di tortura, fu disposta la misura degli arresti domiciliari (poi revocata per tre di loro e due di questi due sono sospesi) mentre i pm titolari dell’indagine, Carlo Boranga e Chiara Bisso, per altri 17 avevano chiesto la sospensione del servizio per un anno. 

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Nessuna misura

A quattro agenti infine è contestato l’articolo 608 (che non prevede nessuna misura, né interdittiva né coercitiva) perché, recita l’accusa, o abusando del loro ruolo alzando le mani e picchiando un fermato oppure perché pur potendo soccorrere un giovane che, in preda alle convulsioni, non riusciva a respirare non intervennero e non chiamarono i soccorsi.

 

Fabiana Marcolini

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