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Lessinia

Bocca di Selva, il gestore spiega i motivi della chiusura: «Non si è trovato un accordo»

Nicoletta Sauro e Marco Melotti
Nicoletta Sauro e Marco Melotti
Nicoletta Sauro e Marco Melotti
Nicoletta Sauro e Marco Melotti

Chiude con la notte di San Silvestro il rifugio Bocca di Selva, aperto fino alla fine dell’anno tutti i giorni salvo il giorno di Natale. Una decisione improvvisa annunciata sul profilo Facebook del rifugio dai gestori, i coniugi Nicoletta Sauro e Marco Melotti. Dopo dodici anni si chiude una scommessa che sembrava vinta per sempre dal quell’infausta vigilia di Natale del 2009 in cui il rifugio fu inaugurato sotto un acquazzone torrenziale.

«Sono stati dodici anni ricchi di soddisfazioni, anche di tanti sacrifici perché non è stato facile gestire un rifugio che ti chiede lavoro fino a mezzanotte e poi lasciare la cucina per salire sul mezzo battipista per tracciare la pista fino alle prime luci del giorno», sottolinea Marco Melotti, che è anche vicepresidente di Lessinia Turistsport, la società a capitale pubblico e privato che riunisce oltre un centinaio di soci e ha in concessione dal Parco della Lessinia la gestione delle piste di fondo da San Giorgio a Malga Lessinia.

«La posizione era ideale e collimava con l’idea di una sinergia fra attività sportiva ed escursionistica, sfruttabile in tutte le stagioni, con o senza neve», precisa Melotti. Ma qualcosa si è rotto nell’armonia della sinergia fra gestione e proprietà: «Il contratto è scaduto e non ci è stato rinnovato: non ci sarà neppure nessun subentro», aggiunge. Inutile insistere sui particolari delle ragioni della frattura, ma si capisce dalle parole del gestore che «un accordo economico, seppur a fatica, alla fine si era raggiunto, ma evidentemente non era la condizione essenziale per continuare, se alla fine non è bastato a convincere i proprietari a cedere sul rinnovo. Dispiace perché a livello turistico è un bel danno per la Lessinia tutta, ma alla fine l’accordo è mancato per tanti motivi, non solo economici», rivela Melotti. Era una scommessa dodici anni fa, sulla quale pochi avrebbero puntato, invece Bocca di Selva, con la simpatia e le capacità dei suoi gestori è diventato esempio e traino per tante altre iniziative simili nate sull’altopiano in questa dozzina di anni, perché è parso chiaro a tutti che, se là l’impresa era riuscita, si poteva tentare anche altrove la strada dello stesso successo, come infatti è capitato, e realtà simili sono nate come funghi da Est ad Ovest della Lessinia.

«Dispiace perché ci abbiamo messo anima e corpo in questo progetto; è stato importante farlo per avviarlo e portarlo a questo livello, evidentemente non è bastato per mantenerlo», è l’amara considerazione di Melotti. Ma adesso che succederà? «Fino al 31 dicembre siamo aperti tutti i giorni. Abbiamo deciso di tener chiuso il giorno di Natale perché ci sembra giusto lasciare alla nostra famiglia e a quella dei nostri collaboratori la gioia di passare il Natale in famiglia. Da Capodanno il rifugio sarà chiuso e per il momento non subentrerà nessuno. A noi è stato chiesto di traslocare tutto quanto è di nostra proprietà». Per ora di certo c’è solo che il rifugio chiude e sono cadute nel vuoto le richieste di un prolungamento del contratto almeno fino alla fine della stagione invernale, visto che quest’anno la neve si è presentata puntuale per il primo importante ponte vacanziero prenatalizio. È certo anche che non ci sarà, almeno a breve, nessun subentro di gestione.

Sulla pagina Facebook del rifugio sono decine le attestazioni di stima lasciate da escursionisti, fondisti, appassionati di montagna e centinaia le espressioni lanciate attraverso gli emoticon: la maggior parte dei commenti sono di incredulità, infiniti i punti interrogativi sulle motivazioni, tante anche le espressioni di gratitudine per il lavoro svolto e gli auguri ai gestori perché si realizzi presto quello che annunciano alla conclusione del loro post: «Alla prossima avventura…!». 

 

IL RIFUGIO

Ci voleva fegato per credere che quella malga, seppur in una posizione strategica a uno degli ingressi della pista di fondo della Translessinia, potesse avere successo come luogo di ospitalità. Invece ci avevano visto giusto i vertici di Lessinia Turistsport che fin dal 1995 avevano fatto una corte spietata ai proprietari, Alessandra e Carlo Marchiori, facendoli alla fine cedere per sfinimento.

In sei mesi, da giugno alla vigilia di Natale del 2009, decine di volontari e professionisti della Lessinia avevano lavorato per trasformare quel baito in un rifugio alpino e posto di soccorso a servizio dei turisti e degli escursionisti, oltre che porta di accesso per gli amanti degli sci stretti alle piste della Translessinia. In una settima era state raccolte le firme necessarie per passare con cavi e condotte sui terreni altrui, portando energia e acqua corrente, cambiando la destinazione del baito con un restauro intelligente e rispettoso degli elementi originari.

Il «logo del late» è stato trasformato in sala da pranzo per quaranta coperti, quello del «fogo» è diventato saletta bar, la porcilaia una moderna cucina, e il piano superiore ha accoglienti camere con bagni nel caldo rivestimento in legno. L’intervento è stato un esempio per tutti i successivi operati su analoghe strutture in Lessinia. Alla fine della scorso agosto controlli dei carabinieri avevano verificato che i gestori, Marco Melotti e la moglie Nicoletta Sauro, non chiedevano ai clienti il possesso del Green pass per il servizio ai tavoli all’interno del rifugio: scattò la chiusura per cinque giorni e la multa..

Vittorio Zambaldo

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