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Processo «Isola scaligera»

'Ndrangheta nel Veronese: condanne per 150 anni di reclusione

La sentenza infligge pene pesanti nel primo grado del processo alla criminalità organizzata
La lettura del dispositivo da parte del giudice Pasquale Laganà
La lettura del dispositivo da parte del giudice Pasquale Laganà
La sentenza del processo "Isola Scaligera" video Marchiori

Il riconoscimento dell'aggravante dell'associazione mafiosa e poco meno di 240 gli anni di carcere: queste erano state le richieste del pm della Distrettuale antimafia di Venezia, Stefano Buccini, per venti dei 23 imputati che hanno scelto di affrontare il dibattimento davanti al collegio presieduto da Pasquale Laganà.

Centocinquanta gli anni di reclusione inflitti a 17 di coloro che all'esito delle indagini condotte dall'Anticrimine e dallo Sco oltre che dalla Mobile di Verona e Venezia risultano aver fatto parte, seppur con ruoli differenti, della locale di 'Ndrangheta che ha radici nella nostra provincia e che vede in Antonio «Totareddu» Giardino il capo indiscusso di quel sistema deviato che, attraverso le false fatturazioni e reati fine, soprattutto lo spaccio di droga, procurava all'associazione il denaro necessario da utilizzare poi per «aiutare» imprenditori in difficoltà con lo scopo di subentrare nella gestione dell'azienda.

 

La lettura della sentenza

In questa direzione la sentenza letta nell'aula della Corte d'Assise poco dopo le 20.30 dal presidente del collegio composto anche dai giudici Enrico Zuccon e Valentina Fabiani.

La locale di 'Ndrangheta e Antonio «Totareddu» Giardino, classe 1969, detenuto a Opera e in video collegamento, è il vertice indiscusso di quel sistema che il pm Lucia D'Alessandro aveva più volte definito come un «camaleontico adattamento al territorio (il Veneto e Verona) che si accinge a colonizzare e che colonizza». Ieri sera lei e il collega Buccini erano in aula: «Non possiamo rilasciare dichiarazioni» ma quegli oltre cento anni di reclusione confermano la loro tesi: l'esistenza di un'associazione mafiosa in Veneto.

Il quadro ha retto, 150 gli anni di reclusione inflitti, sei le assoluzioni, il tribunale ha disposto la confisca di circa 200mila euro (già sequestrati) a carico di sette imputati e condannato tutti, in solido a risarcire le parti civili fissando una provvisionale di 150mila euro alla Regione, 15mila euro a Amia e 15mila euro ciascuno a Cgil Veneto e Cgil Verona.

Poi le interdizioni in perpetuo piuttosto che per cinque anni a ricoprire cariche pubbliche, a contrattare con la pubblica amministrazione e a dirigere uffici finanziari.

 

Le condanne

Oltre a «Totareddu», punto di riferimento nella gestione degli affari della cosca e l'unico ad avere il potere e la possibilità di dirimere le controversie, di gestire gli affari e i rapporti anche con la cosca di Isola Capo Rizzuto, stessa pena, 30 anni, inflitta ad Alfredo Giardino quindi 23 anni a Michele Pugliese e 15 a Francesco Vallone (il direttore dell'istituto Fermi che entrò in contatto con Andrea Miglioranzi per l'organizzazione dei corsi anti incendio, corsi che poi non si tennero) che non potrà in futuro contrattare con la pubblica amministrazione.

 

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Un divario considerevole tra queste e le altre condanne: 9 anni e 8mila euro ad Arcangelo Iedà, otto anni e sei mesi ad Antonio Lo Prete, 5 anni e sei mesi a Brunello Marchio, stessa pena per Agostino Durante e Silvano Sartori (4 anni e 9 mesi) e quattro anni e 8 mesi a Francesco Giardino.

Infine 3 anni e 4 mesi a Giuseppe Mercurio, 2 anni e 3 mesi a Francesca Durante, tre anni a Francesco Scino e due anni e mezzo a Francesco Caruso e Luigi Caruso. Reato riqualificato e condanna a 10 mesi e 2mila euro per Giovanni Giardino.

Disposta la misura di sicurezza della libertà vigilata per tre anni, una volta scontata la condanna, per «Totareddu», Alfredo Giardino, Iedà e Pugliese.

 

Le assoluzioni

Al termine della requisitoria il pm aveva ritenuto che solo per tre imputati non vi fossero elementi sui quali basare la richiesta di condanna. Di diverso parere il collegio che ha assolto Domenica Altomonte perché il fatto non sussiste, Antonella Bova, la moglie di Antonio Giardino (difesa Milan) per non aver commesso il fatto (il dottor Buccini aveva chiesto 26 anni e 27mila euro ritenendola inserita nel contesto criminale nonostante per lei il Riesame avesse escluso l'appartenenza all'associazione mafiosa), assolti anche Bledar Dervishi e Sandra Scino.

«Assolto per non aver commesso il fatto» Gianandrea Napoli (difesa Manzato e Villani), chiamato in causa da Domenico Mercurio nel corso della sua deposizione del 29 giugno. In quella sede il legale fece emergere alcune discrepanze sostenendo che il teste si stava confondendo con un'altra famiglia Napoli, di Sona, che con i titolari della New Doule up (la sala giochi) non avevano nulla a che fare (Marco Napoli e Andrea Ricciotti erano già stati assolti dal gup di Venezia nel 2021).

Assolto anche Luigi Russo (difesa Milan e Lugoboni) per il quale erano stati chiesti 24 anni e 36mila euro. Il 23 ottobre 2020, sei mesi dopo gli arresti, la Cassazione lo aveva escluso dall'associazione mafiosa per mancanza di indizi e annullato l'ordinanza a suo carico. Al termine della lettura le urla contro il collegio: «Vergognatevi, come faccio a dire a mio figlio che suo padre starà in carcere 23 anni». Era la moglie di Michele Pugliese.

Fabiana Marcolini

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