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Rapina e lesioni

Pestaggio in via Roma: «Quella ragazzina sembrava indemoniata». Per le due 15enni accuse pesanti

L'ambulanza in via Roma (Foto Marchiori)
L'ambulanza in via Roma (Foto Marchiori)
L'ambulanza in via Roma (Foto Marchiori)
L'ambulanza in via Roma (Foto Marchiori)

Sono state trasferite nel Centro di Prima Accoglienza di Treviso, a fianco del carcere, in attesa dell’udienza di convalida dell’arresto che questa mattina si svolgerà a Venezia, al Tribunale dei Minori. L’accusa è pesante: rapina aggravata e lesioni, reati che il nostro Codice penale punisce severamente, con il carcere da 4 fino a 20 anni.
A finire nei guai sono due amiche residenti in provincia, entrambe quindicenni, fermate l’altra sera - dopo il tentativo di fuga - dai carabinieri di Verona. Parte di una «banda» - per lo più al femminile - avrebbero prima sottratto il monopattino ad un giovane di origini africane all’imbocco di via Roma, a due passi da piazza Bra, e poi, al suo sforzo di difendersi e di riaverlo di ritorno, l’hanno picchiato (il condizionale qui non serve più) provocandogli un trauma facciale ed uno addominale per i quali è stato necessario il trasferimento al Pronto soccorso sull’ambulanza del 118. 


I fatti Il tutto è successo martedì poco dopo le 18. La «banda» insegue il giovane che spinge a mano il suo monopattino, all’inizio di via Roma, strada pedonale che collega il cuore della città - Gran Guardia, piazza Bra, Liston - a Corso Cavour, davanti a Castelvecchio. Il ragazzo, classe 2001, viene accerchiato dal gruppo. Non è chiaro se prima ci sia stato un «abboccamento», uno scambio di battute, ma poco importa. Gli sfilano il mezzo dalle mani, volano parole pesanti, lui cerca di opporre resistenza, arrivano le prime spinte, le accuse, le offese, poi le minacce fino a quando la situazione degenera: sono tanti contro uno, non può farcela. Parte del gruppo, agguantato il monopattino, decide in fretta di allontanarsi: sul posto restano Anna (chiamiamola così, è veronese doc) con un coetaneo (straniero). Inizia il pestaggio.

 

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Una furia Anna si scatena a dare calci e pugni alla sua vittima, infierisce senza preoccuparsi di essere sotto agli occhi di tanta gente: mena le mani, colpisce dove capita, grida e urla «cose irripetibili», diranno poi i testimoni, tanto che dalla gelateria Savoia esce di corsa il titolare, preoccupato per «quel rumore, quelle parolacce, quelle bestemmie che arrivavano fin dentro il mio locale». 
«Esco e vedo questa ragazzina fuori di sè», racconta Marco, «indaffarata a pestare, perchè questo letteralmente stava facendo, un maschio, con una violenza indescrivibile, fregandosene di chi intanto si fermava e diceva “basta, smettila, ma cosa fai?, adesso arrivano i carabinieri“». 
La telefonata al 112 in effetti parte subito e nel giro di poco i militari arrivano in via Roma. Nel frattempo, però, l’aggressione continua e si allarga: a prendere botte è anche un passante che interviene, l’unico tra tanti, a fermare quel delirio (è Fiorenzo Prealta, ndr). Marco Savoia insiste: «Quella ragazzina era indemoniata, una cosa mai vista, uno se non era lì non può capire. Picchia pure l’unico adulto che si era intromesso per difendere il poverino derubato: macchè pace, le prende di santa ragione pure lui insieme al rapinato, li colpisce tutti e due con una scarpa. La picchiatrice era fuori di sè», ripete Savoia ancora sconvolto, «senza freni, incontenibile, una vera e propria furia». 


L’arresto I carabineri ascoltano subito la vittima prima che venga portata in ospedale e poi i testimoni. E’ fondamentale la descrizione della banda, ogni elemento è utile per individuare i componenti. Anna, nonostante Prealta cerchi di trattenerla in attesa che arrivino le forze dell’ordine, nel parapiglia generale riesce a divicolarsi e a scappare. Forse, attraverso i cellulari, è in contatto con il resto del gruppo, che la aspetta da qualche parte. Non può essere andata tanto lontano da via Roma. Infatti di lì a poco, grazie anche ad una foto scattata durante l’aggressione in cui è chiaro come è vestita, viene fermata dai carabinieri. Insieme a lei, anche un’altra della banda (che chiamiamo, per privacy, Paola). Vengono portate tutte e due in caserma, in via Salvo d’Acquisto. Arrivano le famiglie. Viene informata la Procura. Sono in arresto, accusate di rapina aggravata e lesioni.

 

Testimone dell' aggressione (Marchiori)


Gli avvocati Massimo Martini è il legale di Anna, Marco Galli di Paola. Questa mattina saranno a Venezia per l’udienza di convalida dell’arresto delle ragazze che hanno passato la notte nel Centro di Prima accoglienza di Treviso, struttura dipendente dal Ministero di Giustizia, colelgata al carcere minorile. I legali non le hanno ancora viste, spiegano. Oggi a Venezia ci parleranno per la prima volta. 
«La mia cliente è accusata di reati», conferma Martini, «puniti molto severamente dal nostro sistema giudiziario, anche quando a compierli sono dei minori. Nella misura peggiore c’è la detenzione in carcere da 4 anni e mezzo fino ai 20 anni. Prima di andare davanti al giudice», continua Martini, «cercherò di capire da lei cosa è successo, mancano infatti dei particolari che vanno chiariti: non si sa, ad esempio, se il monopattino sia stato preso o se poi alla fine sia rimasto lì, quindi la rapina diventerebbe “tentata“. E poi è importante anche capire cosa sia successo “prima“. La misura prevede anche la collocazione in Comunità, con un programma di riabilitazione, ed è lì che mi auguro si arrivi». 
Solo spettatrice? Galli è più ottimista «perchè la mia cliente (Paola) avrebbe “solo“ assistito, non avrebbe preso parte all’aggressione e al resto. Tra l’altro pare che il monopattino alla fine non sia stato preso, il che allegerirebbe la rapina». E aggiunge: «Lei è pulita, è una ragazzina di 15 anni senza precedenti o segnalazioni. I genitori sono algerini ma lei è nata qui, vive con la mamma: sono separati, il papà è in patria. Se l’arresto oggi venisse convalidato», ipotizza, «mi auguro di evitare la misura afflittiva del carcere, sostituita da quella in una struttura protetta, oppure direttamente a casa con l’obbligo di dimora. Le possibilità sono diverse», conclude il legale, «di sicuro è importante individuare le responsabilità che credo siano diverse». All’orizzonte, comunque vada oggi, non c’è nulla di buono: «quando succedono fatti così gravi», dicono i difensori, «è sempre una sconfitta». 

Camilla Ferro

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