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Bici e monti

Sui Denti del Pasubio, dove ad ogni passo la Grande Guerra si racconta

Percorso da Cheserle al Palon sul Pasubio, attraverso il rifugio Lancia, il dente austriaco e il dente italiano
La croce realizzata con i residuati bellici sul Dente Austriaco
La croce realizzata con i residuati bellici sul Dente Austriaco
Bici e Monti Sui denti del Pasubio, la Grande Guerra in diretta

Salire ai Denti del Pasubio passando per il rifugio Lancia è un’esperienza decisamente diversa rispetto ai classici accessi dalla Strada degli Eroi o da quella delle 52 Gallerie, che si staccano dal Pian delle Fugazze e dal Colle Xomo. Intanto, anche nei giorni festivi, qui non ci si deve mettere in coda, e poi l’ambiente nel quale ci si muove è completamente diverso. Su questo versante boschi, vasti pascoli e dolci crinali erbosi; sull’altro è la roccia a dominare l’escursione, con ambienti più severi e, almeno sulla Strada delle 52 Gallerie, anche alcuni tratti esposti prima del rifugio Papa. Inoltre, si può arrivare fino a quota 1.500 metri con l’automobile, riducendo quindi il dislivello (fra 700 e 900 metri a seconda del punto di partenza).

La salita verso il rifugio Lancia sul Pasubio

La mia idea iniziale era di percorrere in salita il bellissimo traverso sotto il monte Roite, più volte disceso in bicicletta. Ma, una volta arrivati alla Sella del Roite, viene quasi naturale percorrere anche l’altro bellissimo traverso fin sotto al Dente Austriaco. E così abbiamo fatto, io e mia moglie Daniela, e il nostro cane Nairobi.

Partenza dal Cheserle (1.361 m), che si raggiunge salendo da Rovereto per la Vallarsa, quindi Vanza, Boccaldo e poi su a Giazzera da dove, su stretta strada asfaltata (e poi sterrata), si sale fino alla verde vallata di malga Cheserle. In macchina si può arrivare fino alla Pozza, a quota 1.500 metri. In ogni caso il primo tratto a piedi è su strada sterrata, i cui tornanti si possono tagliare su sentiero segnalato. In questo modo, in un’oretta si è alla bellissima Alpe Pozza, con il rifugio Vincenzo Lancia (1.825 m), dedicato al pilota e creatore del famoso marchio automobilistico, grande amico dell’allora presidente della Società alpinisti tridentini di Rovereto, Amedeo Costa, nonchè frequentatore dell’Alpe Pozza. Lancia morì nel 1937 ad appena 55 anni, e tre anni dopo la Sat inaugurò il rifugio dedicandolo al pilota.

Il Lancia è tra i miei (tanti, lo so) luoghi del cuore, un ambiente che mi rilassa e che è un’ottima base di partenza per una serie di facili escursioni e traversate che vanno dal Col Santo e Col Santino al Pasubio, dal Corno Battisti al passo della Borcola, porta di accesso al lungo crinale del monte Maggio, che si affaccia su Folgaria.

Dal rifugio si va a destra sul sentiero 102 che sale dolcemente alla Bocchetta delle Corde (1.900 m), da dove è possibile scendere alla Bocchetta di Foxi e al Corno Battisti, oppure salire al monte Testo. Qui lasciamo il sentiero 102 e seguiamo il 105, lungo il quale corrono il Sentiero della Pace e quello europeo E5, e a zigzag fra i mughi saliamo verso il crinale del Roite che si staglia davanti a noi. Si cominciano ad individuare sul terreno le prime trincee di quel grande campo di battaglia che fu, oltre cent’anni fa, il massiccio del Pasubio. Il tracciato ad un certo punto va a destra fino a scollinare ai piedi della cresta, affacciandosi sulla vallata dell’alpe Cosmagnon, con lo Zugna e il Carega all’orizzonte.

Il percorso sotto la cresta del Roite e le trincee del Pasubio

Qui inizia il bellissimo, lungo e panoramico traverso che corre in dolcissima salita sotto la cresta del Roite. Il sentiero - uno spettacolo se percorso in discesa in mountain bike - sbuca sulla Sella del Roite (2.081 m), dove il volto della montagna improvvisamente cambia e ci si ritrova immersi in un paesaggio nel quale i segni delle terrificanti battaglie combattute quassù durante la prima guerra mondiale iniziano ad essere ben visibili sul terreno, caratterizzato dagli infiniti crateri causati dalle bombe, che hanno rimodellato il vasto altopiano che si estende sulla nostra sinistra. E poi i crinali segnati da trincee, gallerie e postazioni militari. Sullo sfondo la selletta del Groviglio, caratterizzata dal complesso di fortificazioni, depositi e gallerie realizzate dagli austroungarici. Il sentiero prosegue alto, sempre senza particolari dislivelli, ma con una maggiore esposizione (minima, ma c’è), fino a sbucare sulla Sella del Piccolo Roite (2.111 m, incrocio di sentieri) dove i segni lasciati dalla Grande guerra cominciano ad essere ancora più evidenti, con ossa e resti metallici di esplosioni. Qui inizia a destra la salita al Dente Austriaco (2.203 m) e poi al vicinissimo Dente Italiano, di fatto un museo della guerra a cielo aperto, classificata come zona sacra, che continua ad impressionare anche ad oltre un secolo di distanza.

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La storia del Dente Austriaco e del Dente Italiano sul Pasubio

Per capire la follia di quel che avvenne qui fra il 1916 e il 1918 bisogna ricordare che il crestone del Pasubio allo scoppio delle ostilità, il 24 maggio 1915, era in mano austriaca. Gli imperiali, ritenendolo però poco difendibile, decisero di arretrare le loro linee lasciando mano libera agli italiani, che in pochi giorni occuparono l’intero massiccio. Per un anno le posizioni rimasero inalterate. Tutto cambiò nella primavera del 1916, con la Strafexpedition, la «spedizione punitiva», e cioè l’offensiva degli austroungarici sugli altipiani, che permise loro di rioccupare, ma al prezzo di enormi perdite umane, quel che un anno prima avevano abbandonato senza colpo ferire. La controffensiva italiana e le successive, sanguinose battaglie non cambiarono di molto le posizioni sul terreno, cristallizzate sui cosiddetti Denti, con alpini e fanti da una parte e kaiserjäger dall’altra, che si fronteggiarono in combattimenti estenuanti, distanziati da poche decine di metri di roccia, che entrambi gli eserciti fortificarono. Nella montagna già crivellata vennero scavati lunghi tunnel per quella che - come sul Lagazuoi - si trasformò in una guerra di mine i cui segni sono ancora lì a colpire l’escursionista, in particolare quella che gli austroungarici fecero scoppiare il 13 marzo 1918: 50mila chili di esplosivo sbriciolarono la parte settentrionale del Dente Italiano.

Sul Dente Austriaco, segnato da numerosi monumenti e cippi commemorativi, colpiscono soprattutto gallerie e anfratti che permisero ai soldati di sopravvivere, in condizioni estreme, alla neve e al gelo, alle bombe, al tiro dei cecchini e alle malattie.

Dal Dente Austriaco si può scendere alla selletta e salire quindi sul Dente Italiano, dal quale si accede per cresta alla vera e propria cima del Pasubio, il Palon (2.231 m). Oppure è possibile scendere al rifugio Papa e, volendo, prolungare il trekking su due o tre giorni. Il rientro avviene lungo il percorso di salita.

 

Quanto ci vuole per percorrere i denti del Pasubio

Calcolare circa 2.30-2.45 ore per la salita dal Cheserle al Dente Austriaco e un paio abbondanti per la discesa. Ma questo, più di altri, è un itinerario che non si deve percorrere con il cronometro in mano: è una immersione nella storia, e come tale va vissuta. Se si vogliono esplorare i tunnel è opportuno portarsi una pila frontale.

 

Claudio Mafrici

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