<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
La guida

Dieci cose da fare (e da vedere) in Valpolicella

di Camilla Madinelli
Archeologia, storia, ville, natura: dieci cose da fare e vedere in Valpolicella, la terra dei grandi vini rossi veronesi

Terra di grandi vini rossi, vocata fin dall’antichità alla coltivazione della vite, la Valpolicella si estende a nord di Verona nella fascia collinare ai piedi delle Prealpi veronesi. Confina a ovest con la Val d’Adige, a nord con i Monti Lessini e a sud con l’Adige. Il paesaggio predominante è collinare, composto da un ventaglio di valli che si sviluppano da nord a sud: sono le vallate di Fumane, Marano e Negrar, in cui scorrono altrettanti progni, ai cui piedi si trovano i territori di San Pietro in Cariano e Sant’Ambrogio.

Tra siti archeologici, pievi, parchi naturali, ville venete, distese di vigneti, grotte e cascate, turisti in viaggio o veronesi in escursione non hanno che l’imbarazzo della scelta per una visita giornaliera o un soggiorno di più giorni. Abbiamo raccolto qui di seguito 10 mete e idee di visita, ai siti e monumenti di maggior interesse.

 

Archeologia

  • La Villa dei Mosaici di Negrar

Grande. E spettacolare. Per dimensioni e caratteristiche sia architettoniche che decorative questa villa romana tardoantica (IV secolo d.C.), riemersa sotto ai vigneti in località Colombare di Villa dopo un secolo dai primi scavi sistematici condotti da Tina Campanile nel 1922, ha stupito gli stessi addetti ai lavori per le dimensioni notevoli, la conservazione dell’apparato musivo e la sua bellezza. Andando ben oltre le aspettative del team di archeologi della Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio di Verona e della Sap-Società archeologica sotto la direzione scientifica del funzionario archeologo Gianni de Zuccato.

Si tratta di una villa a peristilio estesa per quasi 4mila metri quadrati, organizzata attorno a un cortile centrale delimitato da un portico colonnato, dotata di stanze con pavimenti a mosaico e di terme, oltre a una parte agricolo produttiva dedicata ai raccolti. Abbastanza, dicono gli studiosi, perché la villa di Negrar possa essere considerata uno dei maggiori e più bei esempi di ville della tarda antichità romana in tutta l’Italia settentrionale.

Scavi e studi in questo sito sono ancora in corso. Ma in attesa della fine e della musealizzazione, l’area è stata messa in sicurezza e attrezzata grazie alla sinergia tra Soprintendenza, Comune di Negrar di Valpolicella e aziende agricole Benedetti e Franchini (proprietarie dei campi in cui si è scavato), per accogliere i visitatori e iniziare a farla conoscere in tutto il suo splendore. Vederla vale davvero la pena, meglio ancora se accompagnati da una guida, per poter comprendere appieno i resti. Informazioni e modalità aggiornate, per visite gratuite o guidate a pagamento, sulla pagina Fb Villa dei Mosaici Negrar.

 

  • Il Tempio di Minerva a Marano

Il Tempio di Minerva sul monte Castelon è considerato uno dei più importanti siti del Nord Italia per il connubio tra interesse scientifico e scenario ambientale magnifico. Si tratta di un tempio romano risalente al I secolo d.C. dedicato alla dea Minerva. Era già stato portato alla luce nell’Ottocento dal conte Giovanni Girolamo Orti Manara, studioso di antichità locali, ma poi se ne persero le tracce.

Nel 2005 la Soprintendenza per i beni archeologici del Veneto e il Comune di Marano di Valpolicella avviarono un progetto per la riscoperta del tempio e fu individuata la zona del monte in cui effettuare i sondaggi. Dopo 170 anni le strutture sono così riemerse sotto un riporto di terra di tre metri. Nel 2010 e nel 2013 alcune campagne di scavo hanno permesso di mettere interamente in luce l’edificio visto in parte in passato, evidenziando la presenza di ulteriori strutture. Tre infatti le stratificazioni di fasi storiche individuate: oltre al tempio di età imperiale, anche uno di età tardo repubblicana e un rogo votivo dell’Età del Ferro. Gli scavi hanno evidenziato tracce di un’area cultuale protostorica, al di sotto delle strutture inizialmente visibili.

L’area archeologica è raggiungibile solo a piedi o comunque con mezzi non motorizzati. Gestione e visite sono affidate al gruppo Ctg Valpolicella Genius loci. Informazioni sulla pagina Fb Tempio di Minerva di Marano di Valpolicella.

 

  • La Grotta di Fumane

Visitare questa grotta nel cuore della montagna e tra la boscaglia ha il sapore di un viaggio nel tempo. Un salto indietro di quasi 90mila anni. Si tratta di uno dei più antichi e importanti ripari risalente al Paleolitico, che permette di immergersi negli albori dell’umanità.  L’esplorazione all’interno della grotta consente di indagare sia le ultime tracce della vita e della cultura dell’uomo di Neanderthal, sia la comparsa dei primissimi uomini Sapiens, i nostri più antichi progenitori.

La grotta di Fumane
La grotta di Fumane

Nella Grotta di Fumane, infatti, in un periodo che va da 90mila a 25mila anni fa, sono passati gruppi sia di Neanderthal e Sapiens, che hanno usato l’anfratto come riparo di caccia e insediamento stagionale. Negli scavi sono stati effettuati ritrovamenti che raccontano molto della vita di quegli antichi gruppi umani: da utensili a ossa di animali, da tracce di focolari a reperti vari, fino a disegni antichissimi.

La grotta si trova a nord del paese di Fumane, imboccando la strada nella Val dei progni in direzione Molina. Per informazioni e modalità di visita, consultare il sito www.infovalpolicella.it.

 

Storia

  • La pieve di San Giorgio Ingannapoltron e il borgo in pietra (Sant’Ambrogio)

Da vedere la pieve longobardo romanico di San Giorgio Ingannapoltron, borgo collinare in pietra da cui si può godere una vista spettacolare sulla Valpolicella, il lago di Garda e le colline moreniche. Costruita su un luogo di culto pagano risalente all’VIII secolo, la chiesa è uno degli esempi più antichi e interessanti dell’architettura romanica nel Veronese per la struttura architettonica, gli affreschi all’interno, il pregevole ciborio con scritte d’epoca longobarda e il chiostro adiacente.

Meritano una visita anche l’area archeologica sul retro, dove sono stati riportati alla luce i resti di alcuni edifici scavati nella roccia risalenti all’Età del Ferro, e il museo Antiquarium annesso alla pieve, dove sono conservati reperti archeologici protostorici, romani e altomedievali provenienti dall’area circostante come ammoniti giurassiche, stele romane con iscrizioni, pesci fossili del monte Pastello.

L’intero paesino di San Giorgio, inserito nel club dei Borghi più belli d’Italia, merita una passeggiata. Una chicca, sulla stradina che conduce al piccolo cimitero: la Via Crucis dei lapicidi. Racconta in 16 formelle incise su supporti a forma di libro aperto, in pietra locale, la passione di molti ambrosiani, cavatori, scalpellini, scultori ed imprenditori che hanno contribuito a valorizzare il territorio. Le formelle sono state realizzate dallo scultore Matteo Cavaioni con gli allievi del corso di scultura della Scuola d’arte Paolo Brenzoni di Sant’Ambrogio, con il coordinamento del direttore della Scuola Beatrice Mariotto e su disegni e modelli di Libero Cecchini. L’opera prende spunto infatti da una serie di formelle in ceramica e bronzo realizzate dall’architetto Cecchini, nativo di Sant’Ambrogio e morto centenario nel 2020.

 

  • Pieve di San Floriano (San Pietro in Cariano)

Altro splendido esempio di architettura romanica veronese lo si trova nella pieve di San Floriano, frazione di San Pietro in Cariano, facilmente raggiungibile dalla strada provinciale 4 che le corre al fianco. La costruzione del primo nucleo risale secondo alcune fonti già al X secolo, in epoca longobarda, sui resti di un antico cimitero romano.

La pieve di San Floriano con «el campanil»
La pieve di San Floriano con «el campanil»

L’edificazione è certa nei successivi XI e XII secolo. La facciata in tufo è molto ben conservata e quasi del tutto integra, con grande rosone al centro e finestre laterali aggiunte in seguito. Possente e particolare la torre campanaria che le svetta a fianco, sul lato settentrionale: il basamento è in pietra chiara, il resto invece presenta file alternate di conci di tufo e cotto, terminando con il solo cotto all’altezza della cella campanaria. Pregevole anche il chiostro di epoca seicentesca. L’interno, a tre navate, è stato completamente rimaneggiato nel Settecento.

A poca distanza dalla pieve, nella villa Lebrecht restaurata dalla Fondazione Cariverona, ha sede il dipartimento di Scienze e tecnologie vinicole ed enologiche dell’università di Verona. Annesso un grande e bellissimo parco, aperto nei giorni di lezione e attività dell’ateneo.

 

Ville venete

  • Villa Della Torre a Fumane

C’è tutta la forza, bellezza e maestosità del Rinascimento in questo palazzo del Cinquecento immerso nella campagna che ospita oggi un Wine&art relais ed è sede dell’azienda vitivinicola Villa della Torre della famiglia Allegrini. Villa Della Torre è opera dei maestri Giulio Romano e Michele Sanmicheli, che la disegnarono secondo il modello della domus romana.

Si sviluppa intorno a un peristilio, un cortile interno con colonne e fontana centrale, e si compone di ampie stanze. Tutti da ammirare i monumentali camini con bocca a forma di mostro o animale marino che ornano gli ambienti e ammiccano alla potenza del fuoco. Tra il complesso monumentale e le mura di cinta la villa cinquecentesca si compone anche di peschiera, tempietto, ninfeo e bucintoro per la raccolte delle acque.

 

 

  • Villa Mosconi Bertani a Novare (Negrar)

Di epoca settecentesca, questa villa veneta in stile neoclassico nella conca verde di Novare, ad Arbizzano, è sempre stata legata alla vocazione vinicola della Valpolicella. Fu costruita dalla nobile famiglia Fattori di Verona a lato della cantina che era stata edificata nel Cinquecento nel luogo di un insediamento prima degli Arusnati e poi degli antichi romani. Fu venduta incompiuta ai Mosconi, nel 1769, che completarono la costruzione aggiungendo il parco di otto ettari in stile inglese e incrementarono l’attività vinicola. Durante la proprietà dei Mosconi, inoltre, la villa è stata teatro tra Sette e Ottocento di salotti letterari assai frequentati da scrittori, poeti e artisti tra cui Ippolito Pindemonte e Ugo Foscolo.

Abbandonata per alcuni decenni, fu anche la prima sede della Cantina sociale di Negrar fondata nel 1933 e che tenne a battesimo proprio qui le prime bottiglie di Amarone. Nel 1957 villa Mosconi fu acquistata e ristrutturata dalla famiglia Bertani e dal 2012 è proprietà della famiglia di Gaetano Bertani, che in questa sede con la Tenuta Santa Maria continua la tradizione di famiglia nella produzione di vini.

Magnifico il salone delle Muse, interamente affrescato, dove vengono ospitati concerti, incontri letterari, eventi. Di rara bellezza anche il parco sul retro della villa, dove sorgenti, laghetto e giochi d’acqua, chalet e ghiacciaia si trovano immersi in una fitta boscaglia con moltissime varietà di alberi e arbusti.

 

Giardini

  • Giardino di Pojega a villa Rizzardi (Negrar)

Per gli amanti dei giardini e gli appassionati di botanica, da non perdere in Valpolicella il Giardino di Pojega di Villa Rizzardi, a Negrar capoluogo. Un gioiello che si estende su un’area molto grande, disposto su tre livelli, tra templi e labirinti tra bosso e cipressi. La sua unicità sta nel riuscito accostamento tra il formale giardino “all’italiana” della tradizione rinascimentale e il giardino “romantico”, nato per ricreare un sofisticato ambiente naturale. Per le modalità di visita: www.pojega.it.

Il giardino fu commissionato a fine Settecento da Antonio Rizzardi all’architetto Luigi Trezza (1752-1823), uno dei maggiori esponenti dell’architettura neoclassica veronese e veneta, e realizzato tra il 1783 e 1796.  Si estende su un’area di 54 mila metri quadri, in pendio e in piano, con tre percorsi paralleli diversi per quota e vegetazione. Asseconda le naturali pendenze del terreno, esaltandone le peculiarità, con un’appendice semicircolare in cui si trova il teatro di verzura, chiamato anche teatro o arena verde, con siepi di bosso, cipressi, nicchie nel carpino per ospitare le statue dei personaggi mitologici e sette ordini di gradinate in bosso. Unico nel suo genere, viene tuttora utilizzato per concerti o spettacoli di rilievo.

Trezza seppe studiare un ambiente molto originale, unendo questo teatro naturale e la parte del giardino all’italiana, spettacolare e formale, con un concetto più romantico degli spazi all’aperto creati nel boschetto, dove crescono spontanei carpini e querce caduche con un sottobosco di piccole palme e ciclamino europeo, erba trinità, ortica bianca.

 

Natura

  • Parco delle cascate di Molina (Fumane)

Selvaggio. Spettacolare. E sempre fresco anche in piena estate. Per una giornata in mezzo alla natura con gli amici o la famiglia, al riparo dalla frenesia moderna, il luogo ideale è il Parco delle cascate di Molina (www.parcodellecascate.it). Si sviluppa tra sentieri, boschi e numerose cascate d’acqua, ospitando spesso laboratori e iniziative guidate rivolte ai più piccoli o agli adulti, per andare alla scoperta dei segreti di quest’area protetta tra natura e Preistoria: dalle piante alle forme di vita nell’acqua, dagli animali che vivono in questa vallata dei Monti Lessini alle grotte abitate dai Neandertal e dai primi uomini Sapiens.

Nel 2023 il Parco festeggia i suoi primi cinquant’anni di vita. Inaugurato nel 1973, l’8 luglio, il Parco delle Cascate fu fortemente voluto dagli abitanti di Molina, frazione di Fumane, che misero a disposizione i loro terreni e lavorarono ai nuovi sentieri e alla messa in opera delle strutture necessarie a visitare le cascate, situate in una forra stretta e quasi inaccessibile. Tra gli anni 1972-73 il l’ispiratore e trascinatore fu Giuseppe Perin, alias Fratel Perin, naturalista e divulgatore, insegnante dei Buoni Fanciulli del Don Calabria di Verona. I molinesi furono aiutati inoltre dal gruppo speleologico dei Falchi, per i lavori più arditi, e da altri volontari.

Merita una visita anche il borgo di Molina, interamente costruito in pietra della Lessinia, con le sue corti caratteristiche, la malga turnaria e gli antichi mulini. In particolare, il Molin de Lorenzo ed il settecentesco Molin dei Veraghi sono stati restaurati e sono aperti al pubblico su prenotazione per mostrare come le macine per il grano e altri cereali, insieme ad altri ingegnosi dispositivi, erano messi in funzione dall’energia dell’acqua convogliata sulle ruote dei mulini.

 

  • Cave in galleria di Prun (Negrar)

Ampie, maestose. Come cattedrali di pietra. Sono le cave in galleria di Prun, frazione all’estremo nord della vallata di Negrar, al confine ormai con la Lessinia. Sono state scavate a mano dagli scalpellini e dai cavatori locali, sfruttate per centinaia di anni in ogni loro parte per ricavare la pietra di Prun, o pietra della Lessinia, ossia la pietra naturale di tipo calcareo tipica di questi monti e dai tanti usi. In primis, come materiale di costruzione per abitazioni e tetti. In seguito, sono state abbandonate come luoghi di estrazione e sono iniziati gli scavi a cielo aperto.

Le cave in galleria, però, sono ancora al loro posto. A memoria di lavoro, fatiche, attrezzi, storie umane da recuperare, valorizzare e tramandare in un contesto naturalistico e paesaggistico di valore. Negli anni sono state scelte anche per girare videoclip di cantanti e ospitare concerti e spettacoli.

A Prun è impegnata su questo fronte da trent’anni l’associazione “La Malga”, che organizza durante l’anno escursioni guidate nelle cave, passeggiate nei dintorni e iniziative di promozione con l’idea di creare un museo a cielo aperto. Per ragioni di sicurezza infatti, e perché in molti casi sono private, le cave in galleria sono visibili in solitaria sono all’imbocco e non possono essere percorse all’interno. Visitarle con una guida del posto regala un’esperienza unica, un salto indietro nel tempo, nelle radici storiche e culturali di questa terra.

 

Leggi anche
Dieci cose da fare (e da vedere) in Lessinia

Suggerimenti