<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
Il ricordo

Tre anni senza il sorriso di Paolo Rossi. «Fa ancora parte della nostra vita»

Il 9 dicembre 2020 ci lasciò Pablito. Beppe Lelj, Vinicio Verza e Franco Cerilli ricordano il Rossi uomo e giocatore a tre anni dall'addio
Addio a Paolo Rossi, aveva 64 anni

Sono tre anni che Pablito non c'è più. Il 9 dicembre 2020 se n'è andato il campione biancorosso che ha amato la vita. L'ha vissuta con umiltà, lealtà, positività. In effetti, sono sempre queste le parole che gli amici stretti, gli ex compagni, chi lo conosceva bene, ripetono quando parlano di Paolo Rossi.

I suoi gol hanno fatto gioire un intero Paese. Ma Pablito, oltre ad essere un simbolo calcistico, è e sarà sempre un simbolo di come la vita dovrebbe essere vissuta.

Ricordi indelebili

L'ultima annata da professionista la giocò nel Verona di Osvaldo Bagnoli, nell'86-87. In gialloblù giocò 20 partite realizzando 4 gol e contribuendo alla qualificazione in Coppa Uefa dell’Hellas, che si piazzò quarta a fine campionato. Al termine della stagione, a causa di problemi alle ginocchia che lo tormentavano sin dagli inizi della carriera, diede l’addio definitivo all’attività agonistica all’età di trentuno anni.

«Quando vado allo stadio a vedere il Vicenza, lo vado sempre a trovare - racconta Beppe Lelj, facendo riferimento alla statua di bronzo del campione che si trova in Largo Paolo Rossi -. Per me non è mai morto. Se n'è andato solo fisicamente. Io sono stato suo compagno di squadra ma l'amicizia è profonda e si è consolidata anche perché abbiamo abitato insieme ad Arcugnano. Ci sono ricordi che nessuno potrà mai cancellare. Quel Real Vicenza ci ha messi sul palcoscenico e Paolo ha recitato anche lui una parte importante. Se ci penso, mi pare una favola di ieri. Nel '78 Paolo regalò a tutti noi compagni una medaglietta, perché era stato il capocannoniere e voleva ringraziarci per avergli permesso di aver vinto quel titolo. Questa gentilezza, questo essere sempre riconoscente, uno dei lati che più ho apprezzato di Paolo. Si distingueva. La vita va avanti ma ci sentiamo sempre molto legati a lui, tanto che in quattro o cinque, periodicamente, ci ritroviamo a S. Anna Morosina, dove andavamo sempre a mangiare quando giocavamo, anche con Paolo. È un modo per ricordarlo. Mi dispiacerebbe che in quest'anniversario non fosse fatto nulla in città per rendergli omaggio, spero ci possa essere un modo».

Leggi anche
Addio a Paolo Rossi, bomber del Mondiale 1982. Gli ultimi gol con l'Hellas

Sempre uniti

Ha sofferto tanto, Vinicio Verza, quando Rossi è morto. Non si dava pace. E mentre scorre nella memoria l'immagine dello stadio Menti invaso dalla gente quando è stata organizzata la camera ardente, per l'ultimo saluto al calciatore più amato dalla città, Verza spiega: «Mi manca la presenza, la quotidianità. Con Paolo mi sentivo e confrontavo spesso. Ci soffermavamo un po' su tutto, sugli aneddoti ma anche sulle vicissitudini quotidiane. Eravamo amici grazie al calcio, ma anche il lavoro nel campo immobiliare, successivamente, ci ha permesso di rimanere sempre uniti. Quest'anno sono stato meglio, perché l'ho lasciato andare: bisogna lasciar andare chi si ama. Il primo anno senza Paolo, per me, è stato devastante. Oggi la vivo più serenamente. Mi dispiace non abbia potuto veder crescere le sue figlie, questo mi addolora. Mi mancano l'onestà, l'umiltà, la lealtà di Paolo in un mondo del calcio che ora è rarefatto. I valori erano completamente diversi una volta, impossibile fare dei paragoni, ma Paolo non è mai stato un personaggio ingombrante, come ce ne sono adesso». Prosegue Verza: «Lo chiamavo bomber. Un giorno gli dissi: ma come fai ad essere sempre così disponibile con tutti? Come riesci a non avere mai un cedimento? Paolo mi disse che voleva restituire alle persone l'amore che gli avevano dato». 

Quelle risate

«Un'amicizia durata oltre 45 anni». Franco Cerilli non dimentica il suo amico. «Mi manca per forza, perché abbiamo condiviso tanto. Oltre all'epopea Real, ci siamo sempre frequentati. Da quando è stato a Chioggia da me per un pezzetto, ai tornei di Sanremo, alle partite una volta chiusa la carriera. Cordiale e disponibile con tutti, difficilmente trovi un campione così. Invidiavo - conclude Cerilli - quella sua capacità di ridere sempre, ridere comunque. Quando si andava a pranzo, nel silenzio lui rideva. Tanto che a volte gli dicevo: Paolo, ma che ridi a fare che non c'è nulla da ridere? Lui era così. E questo suo sorriso, assieme a tutto il resto, me lo porto dentro».

Marta Benedetti

Suggerimenti