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E Bagnoli disse: «Se cercate i ladri, sono di là»

AMARCORD. Una sfida giocata in un silenzio irreale: i bianconeri, puniti per la tragedia dell'Heysel, erano infatti costretti a giocare quelle partite a porte chiuse. Un vetro in frantumi per la rabbia, parapiglia nel corridoio. La polizia si presentò davanti allo spogliatoio gialloblù per capire che cos'era successo
Osvaldo Bagnoli osserva perplesso lo «scempio» di Wurtz
Osvaldo Bagnoli osserva perplesso lo «scempio» di Wurtz
Osvaldo Bagnoli osserva perplesso lo «scempio» di Wurtz
Osvaldo Bagnoli osserva perplesso lo «scempio» di Wurtz

Il tempo passa, il ricordo è sempre amaro. Un furto in guanti bianchi. Anzi, in guanti bianconeri. "Mai vista una cosa come questa" dice sempre Preben Elkjaer, uno che ha girato un bel po' e di cose strane ne ha viste parecchie. "Mai visto niente di uguale". Son passati venticinque anni, è furibondo come allora. La foto, quella foto, è scolpita nella memoria di tutti. Lui, con gli occhi fuori dalla testa, vicino a Wurtz, l'arbitro francese. Lui che fa il gesto con la mano, l'indice che passa sul pollice, "...si dice così anche in Italia, no?", ridacchia Elkjaer. Lui glielo disse a Wurtz faccia di bronzo, che quello era stato un furto. "Poteva squalificarmi... Invece io ho giocato ancora, lui non ha più arbitrato, però...". Preben ricorda, Preben scatta, Preben s'infuria ancora. "Allora, non poteva non avere visto quella cosa, sono sicuro...". Quella cosa è Serena che salta, in area juventina, ma non la colpisce di testa, la colpisce con la mano. "Impossibile non vedere". Poi sospira. "Impossibile non fischiare". E invece l'ineffabile Wurtz non fischiò. Il Verona lo assediò, capì in quel momento che il suo destino era segnato e che non ci sarebbe mai più stata Coppa dei Campioni. "Una vergogna" riprende Elkjaer. Fu una vergogna in eurovisione, nel silenzio irreale di uno stadio deserto.
Il "piccolo" Verona pagò il conto, pagò per tutto. La Juve non poteva fermarsi, anche se quel giorno, probabilmente, non era più forte del Verona. Bagnoli l'aveva disegnato per bene. Con Elkjaer unica punta, libero di andarsene per le praterie juventine, centrocampo più robusto con Sacchetti (non c'era Fanna) e più tecnico con Vignola numero 9, Galderisi in panchina. Il piano tattico del generale Osvaldo vacillò dopo 20 minuti scarsi, quando Wurtz, stavolta sì, fischiò un rigore alla Juve. Francese lui, francese Platini, "Oui, c'est plus facile". Era la Juve di Tacconi e Favero, di Brio e Scirea, di Manfredonia e Laudrup. Non era una grandissima Juve, s'era capito anche all'andata. "Dovevamo vincere, li abbiamo messi sotto" ricorda Fontolan. Era finita 0-0, "ma giocammo meglio noi e solo per sfortuna la Juve riuscì a passarla liscia".
A porte chiuse, fu un'altra cosa. "Un'atmosfera strana, irreale" osserva Fontolan. "Un clima difficile da immaginare per una partita di quella importanza. Anche se poi, quando sei dentro, pensi solo alla partita". A porte chiuse, successe di tutto. E' come se Wurtz sapesse di agire nell'impunità, come se l'assenza di pubblico fosse anche assenza di giustizia. Di dignità. La Juve era in castigo, per via della tragedia dell'Heysel. Ma in castigo finì in realtà il Verona. Ferito e umiliato, espulso dalla Coppa per questioni che niente c'entravano col calcio.
La partita, se mai era cominciata, finì nello stesso momento in cui il fischietto di Wurtz non fischiò per il fallo di Serena. Proprio Serena, sempre lui, chiuse il conto in avvio di ripresa. Il 2-0 era un'offesa al calcio, un insulto al buon senso. E la Juve, quella volta, non si comportò da Juve. La gente di Verona ricorda le parole di Eros Mazzi, intervistato in tribuna e scambiato per Nando Chiampan. L'indimenticato Eros, livido in volto, allargò le braccia, brontolando qualcosa a metà tra dialetto e italiano. "Mai vista 'na roba così..". Ma bastava guardarlo per capire che cosa gli passava per la testa. E ogni volta che le telecamere indugiavano su Bagnoli e Mascetti, seduti in panchina, non c'era bisogno di commenti. Le loro facce oneste, manifesto della delusione e della rabbia. Loro, uomini di campo, costretti ad accettare un verdetto che non nasceva dal campo. La partita corse via senza incidenti, qualche battibecco, qualche sfottò. Il Verona provò fino in fondo a cercare, almeno, il gol dell'onore. L'avrebbe meritato. Non arrivò. Wurtz non ebbe bisogno di altre porcherie, per portare a termine la missione per la quale era stato designato. I mandanti avevano scelto bene, il killer era quello giusto. Esperto, vicino alla fine della carriera. Lui eseguì. Fischiò la fine, prese il pallone tra le mani e si diresse verso gli spogliatoi. Strinse qualche mano, ma si accorse che era solo bianconera. Nessuno del Verona e forse ebbe pure la faccia tosta di chiedersi perchè. Fu allora che Preben Elkjaer si levò la maglia e accelerò il passo. "Non finisce così..." pensò dentro di sè. "Ho sempre creduto che il calcio fosse pulito, ma quella volta cominciai a pensare che non fosse così". Allora, Preben corre verso Wurtz, non lo ferma nessuno, perchè quando Preben decide di andare, inutile trattenerlo. Va vicino al fischietto francese, pallone in mano, aria austera. Preben mette una mano come "quaderno", con l'altra finge di scrivere qualcosa. "Ti hanno pagato, eh..." vuole dire a Wurtz. L'arbitro non fa una piega. Guadagna gli spogliatoi. Anche il Verona lo fa. Volano paroloni. Vola anche qualcosa d'altro. C'è un vetro in frantumi. "Chi è stato?" si chiedono tutti. "Qualcuno ha tirato un zoccolo" è la versione ufficiale. Totò Di Gennaro uscirà col braccio fasciato. "Ha rischiato di morire dissanguato" scherza Elkjaer. Interviene la polizia. Bussa alla porta dello spogliatoio gialloblù. Si affaccia Osvaldo Bagnoli, uno che le parole le ha sempre usate bene, non le ha mai buttate via. "Se cercate i ladri, sono di là". Una battuta che ha fatto storia. Come il suo Verona.

Raffaele Tomelleri

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