<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
L'intervista

Piero Gros: «Io, uomo di montagna, vivo a Verona per amore. «Conquistato da pearà e pastissada»

Intervista al campione del mondo e olimpico di sci Piero Gros, che ora vive a Verona
Piero Gros ieri e oggi
Piero Gros ieri e oggi
Piero Gros ieri e oggi
Piero Gros ieri e oggi

A Verona è ormai di casa, “per amore, solo per amore” come titola un film di Giovanni Veronesi. In Piazza Erbe Piero Gros arriva in sella alla sua bicicletta, in maglietta e bermuda, e un fisico che per uno che il prossimo 30 ottobre spegnerà 69 candeline fa invidia a dir poco. Tonico come ai bei tempi, la stessa grinta che metteva sugli sci nel divorarsi i paletti degli slalom.

Una Coppa del mondo nel 1974 e un oro olimpico a Innsbruck nel 1976, questo signore è un monumento dello sci alpino; erano gli anni in cui lui e Gustavo Thoeni erano le punte di diamante della leggendaria Valanga Azzurra, la nazionale italiana di sci diretta da Mario Cotelli che negli anni Settanta dettava legge sulle nevi del Circo Bianco: «In quegli anni, sulla scia dei successi della nostra squadra, il nostro sport conobbe un boom che ne cambiò il volto in Italia: fu allora che da noi lo sci divenne un fenomeno di massa», spiega.


Dunque: per amore nella città dell’amore...
In effetti è proprio così…(ride, ndr)! Ci vengo da un anno e mezzo. La mia compagna vive a Verona dove lavora in ospedale; ci siamo conosciuti in Sardegna, a Santa Margherita di Pula dove ho casa dal 1982 quando mi ritirai dall’attività agonistica. È stato a una serata tra amici in comune ed è stato il classico colpo di fulmine.
Verona la conosceva già?
Un po’ sì. Avevo già degli amici qui, i giornalisti veronesi Lamberto Bottaro, che ci seguiva ai tempi della Valanga, e Raffaele Tomelleri, ospite delle sue serate nei teatri della provincia. Un altro amico è Umberto De Amicis, manager sportivo che ho conosciuto alle gare di golf, altra mia passione, a Peschiera. A giocare a Sommacampagna venivo col mio amico, per me un fratello, Paolo De Chiesa. Ma ora che ho la possibilità di viverla direttamente, mi rendo conto che Verona è davvero una città stupenda, a misura d’uomo, che offre tutto: storia, arte, grandi eventi musicali e sportivi; per non parlare delle bellezze dei dintorni.
Un uomo di montagna come lei, come si trova in città?
Vengo da Jovenceaux, borgo di cento anime sulle montagne della Val di Susa, in città non sono abituato a vivere, ma devo dire che qui si sta proprio bene. A Verona passo una cinquantina di giornate all'anno: d'inverno sono in montagna e d'estate al mare in Sardegna dove mi diverto a uscire in barca a pescare.
Innsbruck, dove lei nel 1976 visse il suo giorno dei giorni, non è poi tanto lontana…
La giornata perfetta, la più bella della carriera. Perché vincere l’Olimpiade è qualcosa di speciale, di unico.
A un concerto in Arena è già stato?
Cresciuta in una famiglia di musicisti, la mia compagna è una violinista che ha fatto parte dell’orchestra dell’Arena fino al 2008. Alla lirica ancora non ci sono andato, ma lo farò di sicuro. Un anno fa siamo stati a vedere lo spettacolo di Fiorello e ci siamo divertiti. La mia prima volta in Arena risale però a parecchi anni fa e non fu il massimo...
Racconti.
Io e il mio amico Corrado Barazzutti al concerto di Neil Young. Attorno a noi una tribù di fricchettoni che si facevano uno spinello dopo l’altro; cappa di fumo e aria irrespirabile, così dopo un paio di canzoni ce ne andammo prima che ci venissero le traveggole. (ride di nuovo, ndr).

 

Leggi anche
Sara Simeoni vola oltre quota... 70: «Mio figlio la vittoria più bella»


Parlava di dintorni; cos’ha visitato?
Per prima Valeggio, dove ho scoperto la bontà dei suoi tortellini; poi le camminate sul lago di Garda, dove sono salito fin su al “Naso di Napoleone”, e in Lessinia, una montagna intima, bellissima. Mi fa male vedere gli impianti di risalita in abbandono a San Giorgio con quegli orribili palazzoni di cemento che ora per fortuna vogliono riqualificare. Purtroppo negli anni Settanta un’edilizia fuori controllo ha violentato la montagna, è successo anche dai noi in Piemonte. Ora le racconto questa però...
Prego.
Ero a Soave il 18 marzo scorso, il giorno del compleanno di Ingemar Stenmark: lui a Stoccolma vive in un palazzo con 86 finestre, tante quante le sue vittorie in coppa del mondo. Una specie di castello. Allora ho fatto una foto al castello di Soave e gliel’ho inviata scrivendogli: “Auguri Ingemar, ti piace la mia nuova casa?”.
A Soave avrà anche apprezzato i vini…
Grande vino bianco. Ma sono rimasto anche conquistato dalla Valpolicella e il suo Amarone.
La cucina?
I tortellini di Valeggio li ho in frigo a casa, mi piacciono poi la pastissada de caval, il bollito con la pearà e le lasagnette col musso.

Leggi anche
SuperFede, campionessa a nudo: «Io, le nozze, gli animali e la mia amata casa a Verona»


In città dove bazzica?
Un posto fisso è ormai la Trattoria La Molinara nel quartiere Carega. Un locale tipico e alla buona, di quelli che piacciono a me. Mi hanno adottato. Io vado lì pranzo a trovare il mio amico Vito, un arzillo signore di quasi 93 anni, appassionatissimo di sport e di sci, col quale ci facciamo lunghe chiacchierate e tante risate.
Lo sa che anche Sofia Goggia ha scelto di vivere a Verona?
Non lo sapevo. Mi fa piacere. La conosco da una decina di anni, dal 2013 quando per un nulla finì quarta in supergigante ai mondiali di Schladming. Una campionessa, esempio di grande tenacia. Ha avuto tanti infortuni, e gravi, ma ha sempre avuto la forza di ripartire. Sono contento sia qui, magari ci si vede per fare due chiacchiere a parlare di sci davanti a un buon bicchiere di vino.

 

 

 

Lorenzo Fabiano

Suggerimenti