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Il 99° festival lirico

La gitana colpisce al cuore. Carmen «strega» l’Arena: un evento che resterà nella storia

Carmen L’opera di Bizet è una fra le più rappresentate in Arena FOTO BRENZONI
Carmen L’opera di Bizet è una fra le più rappresentate in Arena FOTO BRENZONI
CARMEN, PRIMA IN ARENA (BRENZONI)

Un evento musicale che rimarrà nella storia, questa Carmen dell’inaugurazione del novantanovesimo Festival dell’Arena di Verona, andata in scena ieri sera. A partire dalla scenografia immensa, dispiegata a semicerchio nell’anfiteatro romano con i tetti e le architetture d’una Siviglia immaginaria. Poi l’atto terzo, ambientato nella notte sulle montagne nel «sito pittoresco e selvaggio» in cui Carmen e Don Jose si sono uniti ai contrabbandieri, si è stagliato su una porzione di cielo da cui affiorando lentamente dalla trabeazione del monumento, è comparsa una meravigliosa luna piena: la stessa che in condizioni ben diverse hanno potuto vedere in Ucraina.

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La domanda che si poneva Gianni Rodari «Spiegatemi voi dunque,/ in prosa od in versetti,/ perché il cielo è uno solo/ e la terra è tutta a pezzetti» è la medesima che non trova risposta in tutte le vicende come questa di Carmen, in cui si uccide per amore. Un tema molto vicino a Zeffirelli che lo medita, dedicando nel tempo a Carmen cinque diversi allestimenti: al Carlo Felice di Genova nel 1956 con Giulietta Simionato, al Wiener Staatsoper nel 1978 con la direzione di Carlos Kleiber, all’Arena di Verona nel 1995 e nel 2009, nel 1996 al Metropolitan di New York con la direzione di James Levine. L’estetica La ricerca estetica del grande maestro nell’ideazione del bozzetto definitivo, immaginato e mai visto, realizzato ieri sera per la prima volta, campeggia da subito. Uno spettacolo grandioso, cinematografico, vitale, realizzato dall’ufficio regia di Fondazione Arena diretto da Stefano Trespidi con le suggestive luci ridisegnate da Paolo Mazzon con tocco fatato, di cui fortunatamente rimarrà traccia grazie alle riprese dalle telecamere Rai, in collaborazione con Gianmarco Mazzi e Arena di Verona srl.

Ci sono grandi masse in movimento, cavalli belli e scalpitanti come nei quadri per i dragoni del corpo di Guardia, tante belle voci educate dei bambini del coro di A.Li.Ve, liberi di muoversi naturalmente, Lucia Real che ha ripreso per il Ballo areniano le coreografie originali di El Camborio e la partecipazione della Compañia di ballo spagnolo di Antonio Gades diretta da Stella Arauzo. Mille spettacoli in uno, di cui difficilmente una ripresa televisiva potrà restituire il turbinio, costretta a dirigere l’inquadratura su porzioni che inevitabilmente faranno perdere l’insieme brulicante di cantanti e comparse. Tutto bellissimo, eppure sarebbe niente senza la vera protagonista del teatro musicale: la musica.

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Quello che la musica realizza nell’opera non è un accessorio che si aggiunge alla vicenda; è, che gli spettatori se ne accorgano o no, il mezzo che comunica la vicenda al pubblico. C’era un tempo in cui il Festival dell’Arena di Verona costituiva un bello spettacolo, che si poteva vedere solo qui, ora diversamente è teatro musicale da godere ascoltando. Bravi i professori d’orchestra, con suoni da solisti, perfetti che non sbavano le intonazioni, rendono significativi i fraseggi; singoli protagonisti dei legni, degli ottoni, degli archi che vorremmo citare uno a uno. La scelta delle voci Era impensabile trent’anni fa venire all’Arena per ascoltare l’incantevole Quintetto di Mercédès, Frasquita, Carmen, le Remendado, le Dancaïre «Nous avons en tête une affaire», del secondo atto o il terzetto «delle carte» dell’atto terzo con Carmen, Frasquita e Mercedes, concertati che ieri sera sono stati vivi e udibili come in un concerto da camera. Si rischia di apparire scontati a dire cose che dovrebbero essere ovvie, ma che potrebbero non esserlo per tutti, per una cantante come Cecilia Gasdia risulta naturale scegliere le voci adatte ad ogni ruolo, che il cantante lo abbia già affrontato oppure no, che sia celebre o meno.

Bravissime dunque le esordienti Daniela Cappiello (Frasquita), e Sofia Koberidze (Mercedes), magnifico il soprano Karen Gardeazabal, una Micaëla che tiene testa a Carmen, come l’aveva creata Bizet per bilanciare il registro grave della voce della protagonista. In questo caso una lieta sorpresa, il mezzosoprano francese Clémentine Margaine nei panni della sigaraia, un timbro dal colore ambrato, potente anche nel registro medio e grave, che sceglie un fraseggio dagli andamenti un poco dilatati, come per sfoggiare la bellezza di ogni suono. Appropriate le voci del baritono Luca Micheletti come Escamillo e del tenore statunitense Brian Jagde come Don José, convincenti anche dal punto di vista attoriale. Marco Armillato ha tenuto unito il gigantesco affresco musicale con bell’equilibrio che in un’opera così lunga non è scontato, un impronta di buon gusto (incantevole l’entracte del terzo atto) che ha valorizzato le voci evitando gli effetti grossolani per vincere facilmente. Tutto, anche i femminicidi, anche la guerra, sono un problema di comprensione culturale. stelle.•. 

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Elena Biggi Parodi

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