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Nove anni e un trapianto per sconfiggere la leucemia

Sveva, la malattia e il «grazie di cuore» a medici e infermieri. Il primario: «Sono questi gli Oscar per la nostra professione»

di Lorenza Costantino
La piccola, dopo il ricovero, ha scritto a Zaia e inviato un disegno ai suoi «angeli». Che fanno il tifo per lei e per un rapido ritorno alla normalità
Il dottor Cesaro, primario del reparto di Oncoematologia pediatrica dell'ospedale di Borgo Trento, e il disegno che Sveva ha dedicato a lui e al suo staff
Il dottor Cesaro, primario del reparto di Oncoematologia pediatrica dell'ospedale di Borgo Trento, e il disegno che Sveva ha dedicato a lui e al suo staff
Il dottor Cesaro, primario del reparto di Oncoematologia pediatrica dell'ospedale di Borgo Trento, e il disegno che Sveva ha dedicato a lui e al suo staff
Il dottor Cesaro, primario del reparto di Oncoematologia pediatrica dell'ospedale di Borgo Trento, e il disegno che Sveva ha dedicato a lui e al suo staff

Prima, Sveva aveva i capelli lunghissimi. Il suo orgoglio di bambina. Una bimba di 9 anni, con una quotidianità semplice, fra la scuola, in classe quarta alla primaria Collodi di Valeggio sul Mincio, la famiglia, con papà Daniel De Cunto, mamma Rosalba Minieri e il fratellino Norberto, 6 anni, e i sogni tipici dell’età.

Sveva ha sofferto quando i capelli sono caduti: ulteriore sfregio recato da quella malattia - la leucemia linfoblastica acuta - che, da marzo del 2020, in contemporanea allo scoppio del Covid in Italia, l’ha strappata da ogni sicurezza, e ha stravolto la vita sua e quella dei suoi familiari. La bimba di Valeggio, però, è forte. E i suoi genitori insieme a lei. Ma, ammettono tutti, questo calvario durato due anni e mezzo, di cui ora s’intravvede la fine grazie al trapianto di midollo osseo, ricevuto da Sveva lo scorso settembre, sarebbe stato ancora più duro se, intorno a loro, fossero mancati l’incoraggiamento, le premure e i sorrisi del personale sanitario, nel reparto di Oncoematologia pediatrica all’ospedale di Borgo Trento. È per questo che Sveva, appena tornata a casa dai 45 lunghi giorni di degenza post-intervento, ha sentito la necessità di ringraziare.

La Giornata della Gentilezza e la lettera di ringraziamento

Domenica scorsa si celebrava la Giornata della Gentilezza. La mamma le aveva chiesto chi le venisse in mente, di particolarmente gentile. Nella mente della bimba si è disegnata tutta la squadra guidata dal primario Simone Cesaro: i medici, le infermiere, fino alle addette alle pulizie e alle inservienti. Abbracciando anche quel donatore anonimo che ha aperto la prospettiva della guarigione. Voleva ringraziarli tutti, Sveva. Ma voleva farlo in modo ampio, «plateale».

Con i genitori, quindi, ha pensato di scrivere una letterina «all’antica», su un foglio di quaderno a righe, nel suo bel corsivo da alunna delle elementari, e di indirizzarla al governatore del Veneto, Luca Zaia. Raccontandogli la sua storia, soprattutto la vita in reparto, nella sua «seconda casa», come lo ha definito.

«Ho fatto un disegno ai dottori e alle infermiere per ringraziarli, ma volevo il suo aiuto, se è possibile, per farlo pubblicamente... Volevo farle sapere che io e la mia mamma abbiamo ricevuto ogni giorno tanti gesti di amore e di cura, sia in reparto, sia in day hospital». «Abbiamo conosciuto persone speciali e gentili», ha concluso nella missiva, «che amano profondamente quello che fanno, e io e la mia famiglia siamo molto grati a tutti». Obiettivo centrato: tramite le pagine social di Zaia, la letterina ha ricevuto diverse migliaia di visualizzazioni e altrettanti commenti. Toccando e «istruendo» davvero tanti cuori.

Il valore di un sorriso

Rosalba, la mamma, ora commenta: «Non immaginavo così tanto clamore; ma siamo contenti di aver dato risalto all’opera di persone cui, in questi anni scanditi dalle terapie e dai controlli, ci siamo affezionati come a familiari. Tanto che Sveva, pur felicissima di essere tornata a casa, rivà spesso con il pensiero alle sue amiche infermiere, con cui ha stretto un legame molto forte e profondo». «Ciò che è stato per mia figlia, vale anche per me», prosegue. «Solo in quei momenti drammatici si arriva a capire fino in fondo il valore di un sorriso; di una persona che, portando la colazione alla mattina, ti chiede: "Com’è andata la notte?" e ti guarda negli occhi con un sorriso. In reparto, ogni sentimento, ogni gesto di attenzione, si percepisce amplificato».

Il ritorno alla normalità

Il ritorno alla completa normalità è lungo, come spiega il primario Cesaro: «Dopo il trapianto, che è andato bene, bisogna attendere almeno un anno per sciogliere la prognosi. Nel frattempo, continueremo a vedere Sveva a cadenza regolare e potremo ringraziarla per questa dedica a sorpresa». «Sono questi gli Oscar della nostra professione», sottolinea il primario. «Il nostro lavoro non è facile, perché è sempre a contatto con la sofferenza, e la sofferenza dei piccoli, alla quale non ci si abitua mai. Non è facile resistere nel tempo. La nostra soddisfazione è avere costruito, nel tempo, un centro completo, che dà la possibilità ai pazienti di ricevere ogni tipo di terapia senza doversi spostare altrove». Per Sveva, dunque, non è finito il cammino alla riconquista di una normalissima vita da bimba di 9 anni. Ma, circondata dall’affetto, ci sono tutte le premesse affinché tornino le corse al parco, le lezioni a scuola, le merende con gli amici. E anche i capelli lunghi.

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