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Giuseppina Cimolini in ferroni aveva 95 anni

Addio a Pina, uno degli «Angeli» di Pescantina

Era una delle ragazze che raccoglievano i biglietti dei deportati alla stazione di Balconi nel 1943
Giuseppina Cimolini in Ferroni e gli «Angeli» di Pescantina davanti al monumento degli internati
Giuseppina Cimolini in Ferroni e gli «Angeli» di Pescantina davanti al monumento degli internati
Giuseppina Cimolini in Ferroni e gli «Angeli» di Pescantina davanti al monumento degli internati
Giuseppina Cimolini in Ferroni e gli «Angeli» di Pescantina davanti al monumento degli internati

È scomparsa a 95 anni Giuseppina Cimolini in Ferroni detta Pina, che viveva in Borgo Venezia con la famiglia. La sua figura e la sua storia si possono ricollegare direttamente all’epopea delle deportazioni che iniziarono dopo l’8 settembre del 1943 coi treni piombati che portavano nei campi di concentramento e di sterminio i militari prigionieri e gli ebrei rastrellati.

Infatti Giuseppina che da giovane, prima del matrimonio, abitava a Balconi di Pescantina, faceva parte del gruppo di ragazze che, molto rischiosamente, aspettavano l’arrivo e la fermata delle tradotte, bloccate più a lungo dal mitico capostazione Valle col fanale rosso, per portare conforto, nei limiti del possibile, ai prigionieri. Giuseppina Cimolini nelle sue testimonianze racconta che quelle ragazze riuscivano a raccogliere i bigliettini che venivano lasciati cadere e poi avvisavano i famigliari del passaggio del loro caro.

L’iniziativa di quel gruppo era partita da Argia Rizzotti, scomparsa ultracentenaria e a lungo testimone parlante di quella stagione, di cui restano le cartoline postali ricevute dai parenti dei prigionieri transitati da Balconi. “Mia zia”, ricorda il nipote Paolo Ferroni, “veniva sempre invitata all’anniversario di fondazione del Monumento agli ex-Internati di Balconi, la terza domenica di settembre, e non ha mai mancato un appuntamento. Per lei era importante questa memoria della deportazione, ma anche della reazione morale ai soprusi e alle violenze. Cosa della quale i figli Luca e Giovanna erano molto orgogliosi”.

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Lino Cattabianchi

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