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La guida

Dieci cose da fare (e da vedere) in Lessinia - SECONDA PARTE

La Lessinia è un altipiano al confine fra le province di Verona, Trento e Vicenza, ma ricompreso per la gran parte nella provincia di Verona, che presenta decine di bellezze naturali ma anche di opere dell'uomo che meritano di essere visitate.

Fra sentieri, grotte, musei, chiese e malghe, presenta innumerevoli attrattive per escursionisti o semplici turisti. Abbiamo provato a raccoglierne dieci particolarmente significative, divise fra la zona centro-orientale e quella centro-occidentale dei monti Lessini. SECONDA PARTE

(qui la prima parte)

 

Cose da vedere nella Lessinia centro-occidentale

 

  •  FORESTA DEI FOLIGNANI (Erbezzo-Bosco Chiesanuova)

Nel cuore del Parco della Lessinia, a cavallo fra i territori di Erbezzo e Bosco Chiesanuova, prospera la Foresta dei Folignani: insieme a quella di Giazza, uno dei boschi più estesi, selvaggi e caratteristici dell’altopiano veronese, ricco di specie vegetali e animali, e scrigno delle antiche leggende lessiniche su orchi, «fade», «anguàne», e altri esseri misteriosi.
La Foresta, dichiarata Sito di interesse comunitario, è formata principalmente da grandi esemplari di faggio, carpino nero, abete rosso e bianco; fitti alberi che ricoprono i versanti del Vajo dell’Anguilla. Affascinante da visitare in autunno, nei caldi colori del foliage, questo è luogo ideale tutto l’anno per gli appassionati di birdwatching – qui nidificano, tra gli altri, il francolino di monte, il picchio nero, la civetta capogrosso e l’astore – senza dimenticare di trovarsi “a casa” di molte altre specie animali, quali marmotte, caprioli, volpi, tassi, e negli ultimi anni anche lupi.
L’esplorazione potrebbe avere come punto di partenza e di arrivo, in un ipotetico giro ad anello di un paio d’ore, il Rifugio Bocca di Selva (1.550 metri), lambendo le malghe di Folignano di Sotto e Folignano di Fondo.

La Foresta dei Folignani
La Foresta dei Folignani

  • RIDOTTO DEL PIDOCCHIO (Erbezzo)

Un impressionante «Ecomuseo» della prima guerra mondiale a cielo aperto è custodito nel territorio di Erbezzo, sopra Malga Lessinia. Si tratta del sistema di trincee del Ridotto del Pidocchio, lungo il confine che storicamente coincideva con quello dell’Impero austroungarico: un labirinto scolpito a mano tra ammassi rocciosi, formato da cunicoli, gallerie, dormitori, cucine da campo e scale, in parte sormontanti da lastre di pietra.
 Si raggiunge salendo da Erbezzo lungo la strada militare che porta a Castelberto. Questo ridotto difensivo fa parte delle originarie trincee realizzate dal Genio militare italiano, lungo l’arco alpino, prima dello scoppio della Grande Guerra. Nel 2014, la Comunità Montana della Lessinia con l’Associazione nazionale degli alpini ne ha concretizzato il recupero, grazie al lavoro gratuito di decine di volontari.
 Ogni anno, l’Ana organizza in loco appuntamenti aperti a tutti per far conoscere la storia del Ridotto (anche attraverso l’esposizione di reperti militari d’epoca) e le condizioni, drammatiche, in cui versavano i suoi «abitatori», i giovani soldati italiani, morti più di stenti e malattie che di guerra.

  •   PONTE DI VEJA (Sant’Anna d’Alfaedo)

Si dice che ispirò l’esule Dante Alighieri a scrivere le Malebolge. Andrea Mantegna lo ritrasse, in un’atmosfera fiabesca e senza tempo, negli affreschi del Palazzo Ducale a Mantova. E ancora oggi risulta così suggestivo da attirare migliaia di visitatori e venire scelto come scenografia di videoclip, per esempio quello della cantante Giorgia in «Quando una stella muore».
È il Ponte di Veja, tappa irrinunciabile nel territorio di Sant’Anna d’Alfaedo, il più importante monumento geologico della Lessinia e di Verona: un maestoso arco naturale di Rosso Ammonitico, formatosi svariate decine di milioni d’anni fa dal crollo di una caverna preistorica, di cui esso costituiva una sorta di architrave.
Il ponte ha un'altezza di una cinquantina di metri e uno spessore di circa dieci; la sua larghezza media è di 17 metri ed è possibile ammirarlo dalla zona sottostante o passeggiandovi sopra, con una vista spettacolare. Il percorso per i visitatori è attrezzato con tabelle informative, oltre che con scale, appigli, e panchine per una sosta.
 Alla sua ombra, la profonda Grotta di Veja è oggi oggetto di studio da parte dei paleontologi per i resti di animali preistorici che essa custodisce, tra cui in particolare quelli dell’estinto Ursus Speleus: un enorme plantigrado delle caverne, ben più grande di qualsiasi suo pronipote vivente.

Il Ponte di Veja
Il Ponte di Veja

  •  SPLUGA DELLA PRETA E CORNO D’AQUILIO (Sant’Anna d’Alfaedo)

La Spluga della Preta, ovvero «grotta che si apre nel pascolo», è una impressionante voragine di origine carsica che si spalanca improvvisamente nel terreno, entro i confini di Sant'Anna d'Alfaedo, poco a nord della sommità del Corno d'Aquilio, a circa 1.500 metri d’altitudine.
 La sua profondità accertata è di quasi novecento metri. Per gli speleologi d’Italia fu a lungo «l’Abisso», considerata la grotta più fonda del mondo, tanto da «meritare» in epoca fascista l’intitolazione a Benito Mussolini.
 Il «buco» è recintato da molto tempo per impedire la cauta accidentale nel suo primo pozzo (oltre cento metri) sia delle placide mucche che brucano lì attorno sia di imprudenti visitatori. Diverse spedizioni speleologiche si succedettero nel corso del Novecento, pur male attrezzate, arrivando sempre un po’ più in basso e aumentando progressivamente la conoscenza della misteriosa Spluga. Che, comunque, infine non risultò la più fonda del globo.
 Il 20 luglio 1964 vi fu l'unica perdita umana nelle numerosi esplorazioni della Spluga della Preta: morì, precipitando in un pozzo, la giovane Marisa Bolla Castellani.
Il film «L'Abisso» (2005), scritto dallo speleologo Francesco Sauro e diretto dal regista Alessandro Anderloni, riscosse un grande successo, riaccendendo molta curiosità attorno alla Spluga, e lasciando gli spettatori in sospeso, con l’interrogativo irrisolto che, da qualche parte, possa esistere una porta d’uscita dell’Abisso.

La Spluga della Preta
La Spluga della Preta

  •   PODESTARIA (Bosco Chiesanuova)

 La parola «Podestaria» (e non Podest-e-ria) ci rimanda subito a quel complesso di antichi edifici, in mezzo alla Lessinia, dove ogni anno, in estate, si celebra una antica festa, la “Sagra della Podestaria”. La prima menzione ufficiale del toponimo risale al Quattrocento: il luogo, per eccellenza, in cui risiedeva, durante il periodo estivo, il podestà, il procuratore plenipotenziario dei proprietari delle montagne lessiniche.
 Podestaria conserva anche, in epoca più recente, il ricordo di uno degli scrittori italiani più importanti del Novecento, il triestino Giani Stuparich. Suo fratello Carlo, anch’egli letterato, nel 1915 partì volontario dell’esercito italiano contro l’Impero austro-ungarico: a settembre era, con il battaglione, a costruire una strada militare nel cuore dei monti Lessini, la strada di Podestaria.
 Come racconta il bel libro di alba pratalia curato da Giuseppe Sandrini: «Ventidue anni dopo Giani, ormai uno scrittore famoso, lodato da Montale e da Gadda, tornò in pellegrinaggio nei luoghi dove il fratello, morto in combattimento nel 1916, aveva soggiornato. Il racconto di quell’esperienza, che fu anche una felice immersione nel paesaggio dei Lessini, è qui riunito per la prima volta alle diciotto lettere che Carlo spedì a Giani da Verona e da Bosco».

Il rifugio Podestaria in Lessinia
Il rifugio Podestaria in Lessinia

 

Cosa vedere nella Lessinia centro-orientale (qui l'articolo completo)

  • NELLA PROFONDITÀ DELLA GROTTA DI MONTE CAPRIOLO (Roverè Veronese)
  • A «CACCIA» DI COLONNETTE  (Velo Veronese)
  • NELLA QUIETE DELL’EREMO (San Mauro di Saline)
  • CICLOPEDONALE NEI LUOGHI DEI CIMBRI (Da Cogollo di Tregnago a Giazza di Selva di Progno)
  • AL MUSEO E AL COVOLO: NEI LUOGHI DI ATTILIO BENETTI (Camposilvano di Velo Veronese)

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Dieci cose da fare (e da vedere) in Lessinia

 

Lorenza Costantino

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