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Grezzana

Nel cuore di «Back Yard», l’ex base Nato che era l’antenna della Guerra Fredda

In caso di scoppio di un conflitto gli ordini di lanciare i missili sarebbero partiti proprio da questa base nel Veronese
L'ex base Nato Black Yard
L'ex base Nato Black Yard
Grezzana, l'ex base Nato Back Yard (foto Luigi Pecora)

 Anonima, quanto vitale per la difesa dei confini del Nord-Est d’Italia da eventuali aggressioni del patto di Varsavia, al tempo della Guerra Fredda, quando le superpotenze - Stati Uniti e Unione Sovietica - non si affrontarono mai direttamente nella corsa agli armamenti. Tra gli anni Cinquanta e Sessanta, Back Yard fu una delle due basi primarie dell’Alleanza atlantica.

L’altra, si trovava a Mondragone, in Campania, a sorvegliare l’area del Mediterraneo.

 

La base Back Yard a Grezzana

Non c’erano recinzioni a proteggere l’ex stazione per le telecomunicazioni costruita all’interno del monte Vicino, a Grezzana, la cui proprietà è stata ceduta dal Demanio al Comune. Solo dei cartelli di divieto d’accesso e un paio di mitragliatrici a ridosso dell’altura.

Eppure, fosse scoppiato un conflitto, proprio da Grezzana sarebbero partiti gli ordini decisivi per lanciare i missili - che erano altrove - contro il nemico. Gli abitanti di Grezzana non sono mai stati davvero consapevoli dell’importanza strategica dell’ex baluardo della Nato.

Ex base Nato Black Yard

D’altronde, Back Yard era, tradotto, il Giardino dietro casa. In mezzo al verde della Valpantena. La popolazione si limitava ad osservare l'andirivieni di graduati e soldati. Oggi, molti degli stessi ex addetti che lavorarono nella cittadella, non più vincolati dal segreto militare perché in pensione e perché il presidio fu dismesso nel 2000, accompagnano mogli e figli nei sopralluoghi agli 87 locali in cui erano suddivisi i quasi 6 mila metri quadrati di superficie. (Per le visite vedi box). L’amministrazione comunale, che nel 2022 ha approvato un atto di indirizzo per valorizzare l’ex base, finora ha disboscato la strada che conduce all’ingresso principale.

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Cosa succedeva nella base Nato di Grezzana

Un carabiniere in congedo, che prestò servizio a una delle guardiole per la consegna dei lasciapassare, rivela che gli ordini erano categorici: nessuna «confidenza» tra colleghi, nessuna «aderenza» con il territorio circostante. Il personale, civile e in divisa, era ruotato di continuo. Una riproduzione del fortilizio, disposta su un unico piano simile a tre ipsilon, è incorniciata nel corridoio del municipio.

A proteggere la parte centrale dell’ex base ci sono due anfratti che avrebbero contenuto l’esplosivo per distruggere, dopo l’evacuazione d’emergenza, le telescriventi che stampavano una quantità industriale di missive e, soprattutto, di messaggi criptati, riversati a Grezzana dalle altre postazioni della Nato. E viceversa.

Nel presidio, sorprendentemente, c’è una cabina telefonica. È una trasposizione del celebre telefono rosso di molti film usato, nei momenti di tensione, dai presidenti di Usa e Urss. Una delle più gravi fu la crisi diplomatica di Cuba, che nella Guerra Fredda si era avvicinata alla Russia: nel 1962, i ricognitori americani, volando sull’isola di fronte agli Usa, rilevarono che i sovietici stavano installando basi missilistiche per testate nucleari, dopo quelle statunitensi posizionate in Europa. Back Yard era già operativa dal 1958.

Dunque, la cabina telefonica nel bunker di Grezzana era utilizzata nel corso dei colloqui riservatissimi tra il comandante - che, pur già nella base, era comunque protetto all’esterno dell’abitacolo dalla scorta – e gli altri vertici della Nato. A Back Yard è tornato, recentemente, anche il generale in pensione Gerardino De Meo, che era stato incaricato di dismettere le roccaforti. Il presidio di Grezzana - che sarà violato dai predatori di reperti bellici e ladri di rame - aveva già perso d’importanza dopo la realizzazione di West Star ad Affi. Anch’essa fu chiusa, nel 2007. Ad esercitarsi nella divulgazione, c’è oggi l’Aisf.

 

Stefano Caniato

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