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L'avventura dell'atleta e istruttore di Peschiera

Massimo Bavieri, il pattinatore folle
dal downhill al Cammino di Santiago

di Giorgia Cozzolino
L'avventura dell'atleta e istruttore di Peschiera
Massimo Bavieri, al centro, arrivato a Santiago
Massimo Bavieri, al centro, arrivato a Santiago
Bavieri sui pattini fino a Cospostela

Chi lo conosce sa che le rotelle le ha tutte ai piedi. E lì, per lui, sono al posto giusto. Massimo Bavieri, il pattinatore folle, uno dei pionieri a Verona e in Italia del pattinaggio in linea «estremo», ovvero di quelli che non si limitano alla pista, ma scendono a 80 chilometri l'ora dai tornanti o saltano dai trampolini, ci aveva già abituato alle imprese sui pattini, ma ora ha deciso di elevare i suoi obiettivi al livello spirituale sfrecciando con i pattini lungo il Cammino di Santiago di Compostela.

 

Partito da Pamplona il 15 luglio, ha pattinato per 28 giorni, concedendosene uno solo di pausa, percorrendo circa 800 chilometri. Alcuni tratti è stato costretto a farli a piedi, per via delle strade non asfaltate e le salite impossibili, ma non si è mai perso d'animo e ha documentato tutto su Facebook, sulla pagina El patino de Santiago de CompoRotella

 

«Ero diretto ai World Roller Games di Barcellona a inizio luglio dove ero coach di due atleti in gara (uno è il campione veronese Roberto Botti, ndr) e avevo in programma di gareggiare poi alla Xamascada di Villablino (nord ovest della Spagna) al campionato europeo di alpino e il 2° mondiale di WSX skate cross downhill che si terrà tra qualche giorno», spiega Bavieri. «In mezzo c'era un mese di tempo e non aveva senso tornare in Italia e poi di nuovo in Spagna e così ho preso la palla al balzo e ho deciso di provare l'esperienza mistica del Camino che era da sempre il mio sogno nel cassetto».

 

Ma per lui che vive di pattinaggio e che ai piedi ha indossato più pattini che scarpe, quel Camino non poteva che essere fatto sulle rotelle. E così è stato, con qualche intoppo e con molti incontri «mistici», ma sempre con l'allegria e goliardia che lo contraddistingue (basta vedere il video per capire!). Tra gli incidenti di percorso anche la perdita di un pezzo del pattino, il cuff, la parte rigida che tiene chiusa la caviglia. «Quando incontravo dei tratti sterrati ed ero costretto a mettermi le scarpe, smontavo i pattini per farli stare nello zaino», racconta, «probabilmente nell'operazione ho smarrito per strada il cuff e non sono più riuscito a ritrovarlo. Ho fatto diversi chilometri in più per cercarlo, ma inutilmente. Lungo il cammino ho trovato un senzatetto che da anni lo percorre pulendolo dai rifiuti lasciati da qualche incivile, e ho scoperto che aveva trovato il pezzo del mio pattino e l'aveva gettato non sapendo cosa fosse. Sono corso a controllare quel cassonetto, ma era già stato svuotato».

 

Una grossa perdita per Bavieri, ma soprattutto una grossa delusione: solo il giorno prima, infatti, aveva deciso di allungare il suo percorso per correre in un paese fuori dal tragitto a comprare una nuova pinza raccogli rifiuti per il clochard, visto che quella che aveva gli si era rotta. Un gesto solidale che forse pensava sarebbe stato «ripagato» con un pizzico di fortuna lungo il percorso.

 

E alla fine la fortuna, o la Provvidenza come preferiscono i pellegrini, lo ha assistito davvero. Dopo 45 chilometri pattinati senza sostegno alla caviglia, Bavieri ha ceduto e ha deciso di fare l'ultima parte del cammino a piedi, come tutti gli altri devoti.  E proprio questa decisione gli ha fatto incontrare una ragazza che lo ha convinto a realizzare un cuff artigianale aiutandolo con fascette da elettricista e una bottiglia di plastica. Il pattino modificato funzionava bene, ma aveva un unico inconveniente: non si poteva slacciare e riallacciare! Ormai, però, non importava più perché, nel frattempo, Bavieri aveva raggiunto Santiago de Compostela.

 

«Da sempre faccio un percorso di conoscenza spirituale, ma devo ammettere: di fronte a questa esperienza, non c'è seminario di crescita che tenga», conclude Bavieri. «Le cose che ho imparato durante il Cammino, le ho lette e le ho studiate, ma qui le ho apprese sul campo, le ho messe in pratica e vissute. Ho vissuto nella reale fratellanza e il mio timore è quello di tornare nel turbine della vita "normale" e perdere qualcosa di prezioso acquisito qui». Un'esperienza che ha persino raffreddato il suo agonismo: «Non sono più certo di voler gareggiare a Villablino e non per via della stanchezza. Sento che mi manca quella "cattiveria" necessaria in una competizione. Non ho più voglia di predominio su un altro essere umano». Sarà vero? Forse il Cammino ha insegnato a Bavieri «solo» a vincere sé stesso.

 

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