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Il caso

Pfas, analisi del sangue troppo care e nessuno le fa. Scoppia la polemica

di Luca Fiorin
Costano 90 euro a persona e solo 42 persone della zona arancione le hanno fatte. E i medici di base non ne sanno nulla
Provette per l'analisi del sangue
Provette per l'analisi del sangue
Provette per l'analisi del sangue
Provette per l'analisi del sangue

L’opportunità di partecipare ad uno screening per capire se si siano assunti Pfas nell’organismo e se ciò stia provocando conseguenze sulla salute, non è stata colta dai cittadini di Lobia e Locara di San Bonifacio e nemmeno dai residenti di tutta la zona arancione.

Secondo le opposizioni in Consiglio regionale, in particolare il consigliere Pd Andrea Zanoni, che sta promuovendo iniziative su questo tema a Venezia, e secondo i No-Pfas e alcuni cittadini, però, a pesare su questa situazione è il fatto che le analisi sono a pagamento: costano 90 euro a persona e, oltre tutto, i cittadini non sarebbero stati informati adeguatamente. Considerazioni che a San Bonifacio fanno discutere anche l’amministrazione comunale.

 

Prenotazioni scarse

Secondo quanto riferisce la Regione, che ha annunciato l’avvio delle analisi fra fine di maggio e inizio giugno, ad oggi hanno fatto richiesta di partecipare alle analisi solo 42 persone. Risultato decisamente scarso, visto che sono potenzialmente interessati i residenti di 12 Comuni, 11 dei quali della provincia berica. Si tratta, quindi, di decine di migliaia di persone. «Per accedere al dosaggio dei Pfas non è richiesta alcuna prescrizione del medico di base, basta contattare, anche dopo l’avvio dei test, la centrale Screening Pfas dell’Ulss di competenza», scrive la Regione.

Secondo quanto riportato sul sito dell’Ulss 9, i residenti di Lobia e Locara possono prenotarsi telefonando dallo 045.8076043 o scrivendo a screening.pfas@aulss9.veneto.it.

 

Mamme no Pfas: informazione scarsa

Secondo le Mamme no Pfas, «le persone non sono state informate in modo chiaro di questa opportunità, tanto che stanno attendendo che il servizio venga attivato per potersi iscrivere». Le attiviste sottolineano che sino ad ora chi si è rivolto ai medici di famiglia per avere informazioni non hanno ottenuto risposte - «anche loro non ne sapevano nulla» - e ricordano che non è irrilevante il fatto che siano esclusi dal test bambini ed anziani.

Intanto, a San Bonifacio c’è chi tira in ballo l’amministrazione. Giuseppina Stefanello, presidente uscente del comitato «Lobia per Lobia», nel 2017 promosse una indagine dalla quale emerse la presenza di valori significativi di Pfas nel sangue di alcuni abitanti della località e chiese che la frazione fosse servita da acqua pulita. «Purtroppo degli screening qui nessuno sapeva nulla», dice oggi. «Né la Regione, né l’Ulss hanno pubblicizzato l’opportunità e pure l’amministrazione comunale non ha fatto nulla in questo senso. Il Comune preveda contributi per ridurre il costo delle analisi», chiude.

«Neanche il Comune è stato informato dell’avvio dello screening: è materia che è sempre stata gestita direttamente da Regione ed Ulss», afferma il sindaco Gianpaolo Provoli. «La mia amministrazione ha sempre seguito questa vicenda, ottenendo l’installazione di pozzi di controllo sul territorio e costituendosi parte civile nel processo in corso a Vicenza, ma temo sia difficile pensare all’erogazione di contributi per gli esami, perché costituirebbe un precedente», conclude.

 

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