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La storia

A Taiwan la Soave d'Oriente di Giorgio e Andrea Trevisan

Un caposaldo di tradizioni e gusti veronesi nel Paese nel mirino della Cina. «Ma qui si vive bene, passano gli affari mondiali»
Giorgio e Andrea Trevisan
Giorgio e Andrea Trevisan
Giorgio e Andrea Trevisan
Giorgio e Andrea Trevisan

È un ristoratore soavese da 50 anni, metà dei quali trascorsi sull’isola di Taiwan, che è al centro di un braccio di ferro politico tra il mastodonte Cina e la piccola isola che si trova in mezzo al Mar cinese meridionale, dove vivono circa 24 milioni di persone, cinesi per lo più. 
«Botega» e Cantina

Giorgio Trevisan, 69 anni, da 25 lavora e vive a Taipei, capitale di Taiwan, dove ha aperto due ristoranti di cucina italiana, con nomi prettamente veronesi. Si chiamano «Botega del vin» e «Cantina del Gio», dove Gio sta per Giorgio, «ma in cinese significa anche alcol», svela Trevisan. «Distano l’uno dall’altro 80 metri lineari». 

Inutile dire il successo che hanno ambedue i punti ristoro, dato quanto sono golosi dei piatti italiani e dei vini gli isolani orientali: qui Giorgio dà da lavorare a 40 persone, per lo più taiwanesi. Dodici anni fa è stato raggiunto dal figlio, Andrea Trevisan, 37 anni, che attualmente dirige la «Cantina di Gio», mentre il padre Giorgio si occupa principalmente della «Botega del vin»: «Il mio è un locale più tradizionale, mentre la Cantina di Gio è un ristorante “in”, dunque non ci contendiamo le clientela», sottolinea Trevisan. 

«Nemmeno la situazione politica ha ridotto il flusso degli avventori», assicura Giorgio. «Direi che non c’è alcuna preoccupazione tra la popolazione di invasioni militari o guerre civili. Nonostante la maggioranza non voglia passare sotto la Cina, questo non è vissuto come un problema dell’immediato, tanto che gli uomini d’affari riempiono l’isola e continuano a fare investimenti. Anzi, da sempre i rapporti commerciali tra Cina e Taiwan sono stretti e cordiali: molti imprenditori taiwanesi hanno le loro aziende sul suolo cinese». 

Geopolitica

Eppure, il 13 gennaio scorso gli elettori di Taiwan hanno scelto come nuovo presidente il leader del partito progressista - democratico (Dpp) Lai Ching - Te, che ha come impegno principale quello di mantenere l’indipendenza dell’isola e di non cedere l’autorità di governo alla Cina nel 2049, come già avvenuto per Hong Kong e Macao, l’isola e penisola vicine.

«Il 2049 sembra lontano e non è detto che Xi Jinping nel frattempo cambi idea, o cambi lui alla guida del governo cinese», commenta Trevisan. «Resta un’isola ricca, dove la gente sta bene, convive con molti terremoti di piccole e medie dimensioni dovute ai tanti vulcani presenti, sono di cultura cinese, ma molto aperta». 

Taiwan non è mai stata inglobata alla Cina, ha sempre vissuto come «satellite» del gigante asiatico, pur mantenendo l’indipendenza. «Ma la Cina ha grossi interessi ad esempio ad aprirsi una via diretta verso gli Oceani Indiano e Pacifico, proprio attraverso le vie commerciali di Taiwan», descrive il ristoratore soavese. «C’è poco turismo, ma vengono a Taiwan da tutto il mondo uomini d’affari», svela Giorgio. 

Italia

D’altronde il 60 per cento dei microchip usati nel pianeta viene realizzato su quest’isola di 36mila chilometri quadrati, per intenderci più piccola della Sardegna e della Sicilia, per lo più occupata da montagne, con le coste ad elevatissima concentrazione abitativa elevatissima, costellate di palazzi e grattacieli.

Dal 1999, Trevisan, tra i primi ristoratori italiani ad emigrare a Taiwan, importa dall’Italia dai vini alle farine, dagli insaccati alla passata di pomodoro, fino alla mozzarella per fare le pizze, «mentre la pasta la facciamo direttamente noi sul posto», assicura l’imprenditore. «Volevo chiudere e tornare in Italia, ma 12 anni fa è venuto mio figlio a darmi man forte e così ho trovato nuovi stimoli per rimanere».

Si potrà mai portare Taiwan sotto il regime comunista cinese? «Ritengo che, se anche la Cina inglobasse Taiwan in futuro», conclude Trevisan, «lascerebbe una certa autonomia ai taiwanesi di gestire i propri affari e commerci, come avviene adesso». 

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Zeno Martini

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