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monteforte

Da fascista salvò gli amici ebrei, ma per gli onori non basta. Il Consiglio: «Serve una ricerca storica»

Il riconoscimento del Comune al capo delle Brigate nere, alla luce della protezione che diede ai Benedict, è in sospeso dal fine 2021 in attesa di approfondimenti. Il consigliere Savoia, a nome del nipote, torna a chiedere di onorarne la figura
A sinistra, Filiberto Antonini. A destra, la stele all’ingresso del Giardino dei Giusti dello Yad Vashem e il memoriale dell'olocausto di Gerusalemme
A sinistra, Filiberto Antonini. A destra, la stele all’ingresso del Giardino dei Giusti dello Yad Vashem e il memoriale dell'olocausto di Gerusalemme
A sinistra, Filiberto Antonini. A destra, la stele all’ingresso del Giardino dei Giusti dello Yad Vashem e il memoriale dell'olocausto di Gerusalemme
A sinistra, Filiberto Antonini. A destra, la stele all’ingresso del Giardino dei Giusti dello Yad Vashem e il memoriale dell'olocausto di Gerusalemme

La storia di Filiberto Ambrosini merita di essere conosciuta: tutta, però. Il Consiglio comunale lo aveva detto quattordici mesi fa e a distanza di tempo il consigliere Andrea Savoia, che siede sui banchi della minoranza, torna oggi a ribadire la richiesta che Monteforte d’Alpone ne onori la figura. Lo fa proprio ripartendo dalla necessità di approfondimento con cui, a dicembre del 2021, sia la maggioranza del sindaco Roberto Costa che il gruppo di minoranza di Teresa Ros, si riservarono di sviscerare la storia del montefortiano e di quell’approfondimento chiede ora conto.

La figura di Filiberto Ambrosini

Filiberto Ambrosini nacque a Monteforte il 22 giugno 1894 ma visse a Caprino Veronese, dove era farmacista. A Monteforte, la salma di Ambrosini è tornata un anno e mezzo fa quando il nipote Bruno Zanetti ha chiesto che il paese conoscesse il gesto con il quale lo zio, nel 1944, salvò dalla deportazione la famiglia ebrea fiumana dei Benedict.

Zanetti per buona parte della vita aveva odiato quello zio che tra 1944 e 1945 era stato il capo delle Brigate nere a Caprino. Lo ha sempre considerato responsabile dell’arresto e deportazione di suo padre Umberto.

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La lettera rivelatrice

Ma una lettera dell’ingegner Francesco Benedict, ebreo fiumano, ed il racconto che sua figlia Rosemarie (all’epoca quattordicenne) affidò alle pagine di un piccolo memoriale, gli hanno fatto scoprire quel salvataggio. Ha iniziato così a vedere tutto sotto un’altra luce e la riabilitazione della figura dello zio è diventata una delle sue priorità.

Le richieste di riconoscimento del titolo di Giusto alla Yad Vashem sono state più d’una: l’esito da parte del Dipartimento per i giusti tra le Nazioni, che contattò anche L’Arena, è stato un riconoscente grazie per aver segnalato il fatto ma anche il freno sulla richiesta perché l’attribuzione è riservata «al gruppo più ristretto di coloro che hanno attivamente rischiato la propria vita o la propria libertà con il preciso scopo di salvare gli ebrei dalla persecuzione e dall’omicidio».

Ad agosto 2021 L'Arena ospitò il racconto e l’appello di Zanetti: il consigliere comunale Savoia se ne fece carico presentando una mozione con la quale propose al Consiglio comunale la cointitolazione dell’area verde dedicata a Norma Cossetto, vittima delle foibe, ma l’unico voto a favore fu il suo.

La mozione

Zanetti e Savoia poi si incontrano e quest’ultimo, a fine 2021, presenta una seconda mozione con cui chiede di organizzare un’ iniziativa sulla figura di Ambrosini ritenendo, appunto, «che la storia del dottor Ambrosini merita di essere conosciuta e divulgata (...) dal momento che ha rischiato tutto e in prima persona per salvare una famiglia da morte certa».

I dubbi

Ros, a riguardo, non ha però dubbi: «Proprio alla luce dell’importanza di un riconoscimento come Giusto, la figura di Ambrosini meriterebbe una ricerca allargata, una ricerca storica completa per arrivare ad una vicenda ricostruita e condivisa da tutti per poi essere adeguatamente celebrata».

Pure Costa sceglie la massima prudenza: «Servono altre informazioni e in futuro potremo allora pensare ad organizzare un evento anche insieme al Comune di Caprino».

A margine del Consiglio più di qualcuno si chiede perché Caprino, dove Ambrosini visse, non gli abbia attribuito gli onori che si propongono, invece, nel paese in cui è nato. Zanetti, presente alla seduta consigliare, spiegò il fatto con contrasti sorti con l’Associazione dei partigiani di Caprino. Per lui, come disse, «il bene prevarrà sicuramente» ma quel riferimento ci ha spinti a cercare elementi per provare a fare chiarezza.

Paola Dalli Cani

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