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lo studio

Acqua, Verona tra le città meno care. Ma qui il costo è aumentato di più

Presentati i dati di un’analisi nazionale condotta dall’istituto di ricerche Ircaf sulle tariffe in tutti i capoluoghi italiani. C’è anche una pagella che giudica «buona» la qualità dei contratti offerti ai clienti dai gestori
Acqua, Verona è tra le città meno care
Acqua, Verona è tra le città meno care
Acqua, Verona è tra le città meno care
Acqua, Verona è tra le città meno care

Nel nostro Paese il costo pro capite per l’accesso all’acqua cresce sempre di più. A Verona una famiglia di tre persone spende all’anno 317 euro: cifra in percentuale lievitata negli ultimi anni più che in altre città d’Italia restando però, a livello complessivo, più contenuto che altrove. 

Nello studio condotto da Ircaf, Istituto ricerche consumo ambiente e formazione, presentato ieri al seminario nazionale alla casa del Mantegna di Mantova, emerge che le aree che soffrono di più l’impennata dei costi sono quelle del centro Italia. Poi il sud e infine il nord. Questione di impianti, ma anche di posizione geografica.

Costo lievitato 

Per dare un’idea di questo incremento basta confrontare le spese nel solo Veneto prendendo in considerazione due estremi temporali: il 2023 e il 2011. Ecco, dodici anni fa il costo annuo per una famiglia di tre persone, con un consumo di 150 metri cubi d’acqua, era di 204 euro. Oggi quella cifra è schizzata a 339 euro. A Verona, invece, l’aumento è stato del 46 per cento, ma rispetto al 2017.

In riva all'Adige si spende meno che altrove

Nella classifica di chi spende di più nei dodici mesi, con Frosinone in testa, la nostra città si piazza ottantunesima su 111. Al cinquantesimo posto la vicina Vicenza; settantatreesima Padova (tra le migliori complessivamente) e novantanovesima - significa quindi che il costo è più basso - Venezia. Quella che in questo senso sta peggio è il Lazio che è passato dai 199 euro annui del 2011 ai 451 d’oggi. L’incremento più contenuto lo registra invece in Valle d’Aosta che è passata da 175 a 232 euro (circa il 32 per cento).

Lo studio di Ircaf è stato condotto su 111 città italiane per un campione di circa diciotto milioni di italiani. Da qui ne emerge un dato nazionale che può essere confrontato, ancora una volta, con il Veneto. In Italia il costo, sempre per quanto riguarda i costi di una famiglia di tre persone, è di 378 euro annui, 39 euro in più rispetto alla nostra Regione. Ma come detto nord, centro e sud vivono situazioni completamente diverse. Nel dettaglio, di media, nel nord-ovest il costo annuo è di 313 euro, nel nord-est di 365. Al centro il dato più elevato pari a 501 euro mentre al sud e nelle isole è di 354.

«Differenze dunque rilevanti con cause molteplici, quali, efficienza e tipologia dei gestori, livelli di investimento, politiche attuate dai vari gestori, fonti di investimento, morfologia del territorio, numeri di utenti serviti, dati relativi alle perdite della rete e numerose altre», si legge nel report.

 

Servizio idrico virtuoso

Il report di Ircaf poi fa delle ulteriori analisi. Lo studio sottolinea che a Verona l’«RQTI», la regolazione della qualità tecnica, è sufficiente (la classificazione sono ottimo, buono, sufficiente, scadente e pessimo) mentre quella «RQSII», la qualità contrattuale del servizio idrico, è buona (anche qui gli indicatori vanno da ottimo a pessimo).

La qualità contrattuale è stata condotta su 81 gestori, prendendo in considerazione quasi 35 milioni di abitanti standard, e comprende l’avvio e la cessazione del rapporto contrattuale, la gestione del rapporto contrattuale e l’accessibilità del servizio. Quella tecnica, invece, va ad incidere sulle perdite idriche, le interruzioni di servizio, la qualità dell'acqua erogata, l’adeguatezza sistema fognario, smaltimento fanghi in discarica e qualità dell'acqua depurata.

«Nella zona nord-est», si legge ancora, «ad una spesa media di poco superiore alla media nazionale corrispondono una qualità tecnica molto superiore alla media nazionale e una qualità contrattuale molto superiore alla media nazionale dove i tre quarti dei gestori si collocano nella fascia ottimale».

Nicolò Vincenzi

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