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Il viaggio di Hennadiy

«Missione compiuta, aiuti giunti al confine ucraino, stiamo rientrando: ora ci servono furgoni»

di Chiara Tajoli
Il viaggio di Hennadiy al confine ucraino
Il viaggio di Hennadiy al confine ucraino
Missione Hennadiy

AGGIORNAMENTO. IL VIAGGIO DI RITORNO E L'APPELLO. «Grazie a tutti i veronesi che ci hanno aiutati a portare aiuti al mio popolo in guerra, ma avremmo bisogno di ritornare al confine polacco per portare molti altri generi di prima necessità che abbiamo raccolto a San Michele Ectra e ora sono nei garage e nelle case di tanti amici ucraini e veronesi».

Hennadiy Kharchenko, l'ucraino residente a San Michele da 18 anni che si è licenziato Per aiutare il suo popolo chiede mezzi in prestito per raggiungere il confine polacco e persone che vogliano guidare i furgoni alternandosi per aiutarlo a portare alla frontiera altro materiale di cui c'è bisogno, come coperte, cibo di veloce preparazione, acqua, latte, pannoloni per anziani, feriti e per chi combatte e non può muoversi dalle postazioni "Arriviamo al confine" continua Hennadiy, tornato da poche ore dal lungo viaggio per portare aiuti umanitari.  «Non entriamo sul territorio ucraino e alla frontiera abbiamo i contatti giusti perché i generi di prima necessità arrivino in modo capillare agli ucraini che ne hanno bisogno» assicura, «ma ci servirebbe qualche furgone. Spero che qualcuno accolga questo appello».

 

Il viaggio di Hennadiy

ARRIVO AL CONFINE UCRAINO. Missione compiuta. Hennadiy Kharchenko, l’ucraino di San Michele Extra che si è licenziato per aiutare il suo popolo e che era partito giovedì scorso su un furgone con i volontari Claudio e Silvia Tacchella, ha consegnato gli aiuti donati dai veronesi.

Dopo quattro ore e mezzo di attesa, finalmente ieri sera il camion ucraino che doveva arrivare è giunto alla frontiera polacca. A bordo del tir un ucraino di 67 anni, riuscito a uscire dal confine grazie alla sua età, visto che gli uomini con meno di 60 anni non possono lasciare il Paese.

«È un imprenditore in pensione, che l’anno scorso il giorno di San Valentino era venuto a Venezia con la moglie», racconta Hennadiy. «È innamorata dell’Italia e ci ha raccontato fatti storici italiani che neppure conoscevo, è una persona molto colta». Che invece di scappare ha deciso di restare per aiutare il suo popolo, portando aiuti a chi ne ha bisogno.

«Abbiamo atteso tanto alla frontiera, perché prima fanno passare i mezzi destinati a portare via donne e bambini e poi quelli dei generi di prima necessità», racconta Hennadiy. «Gli aiuti veronesi che abbiamo portato sono diretti a una chiesa di Kharkiv: nei sotterrane il pastore protestante ha nascosto cinquecento persone che hanno bisogno di tutto. Tra l’altro parlando con la gente», aggiunge, «abbiamo saputo che c’è meno bisogno di vestiti e più di coperte, prodotti per l’igiene personale, cibi con una preparazione veloce, latte, acqua e soprattutto pannoloni per adulti. Non solo per gli anziani e i feriti, ma per i soldati che stanno appostati ore e ore senza potersi muovere».

Nell’attesa del camion Hennadiy ha parlato con i suoi connazionali. Alla frontiera c’erano soprattutto donne con bambini. Disposte a parlare di tutto, della fuga, della guerra, di dove andranno, ma non dei loro uomini, perché alla sola domanda i loro occhi si riempivano di lacrime. «Quello che abbiamo portato non è neanche mezza goccia nel mare, ma tutto serve», commenta Hennadiy.

«Ci hanno spiegato che gli aiuti vengono scaricati a Kovel e caricati su mezzi più piccoli. Hanno fatto esplodere i ponti per non far passare i carri armati, perciò un camion non può passare dalle strade di campagna. Devono muoversi auto più piccole: ne partono tante cercando di arrivare al confine di Kiev, che ormai è circondata, o vanno più avanti a Charkiv, che ha quasi due milioni di abitanti, dove sono diretti appunto gli aiuti veronesi».

Hennadiy racconta che una parte di aiuti era già entrata grazie a un mezzo ucraino e molti altri scatoloni raccolti a San Michele Extra attendono di essere portati qui, ma servono volontari. «Oltre ai grandissimi Claudio e a Silvia, ringrazio Mariella Girardi, Luca Falezza, Maurizio Dal Molin, don Franco Piccinini, oltre a tanti amici ucraini, moldavi, rumeni e tantissimi amici italiani, ex colleghi, ma anche gente che non conosco minimamente e che mi ha aiutato. E poi la mia famiglia per l’appoggio morale e psicologico». 

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