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La pasta a fuoco spento: perché sì

Lo chef Vignolle: «A casa si può fare, al ristorante no. Ok alle consegne a chilometri zero»

di Ilaria Noro
Bruno Vignolle
Bruno Vignolle
Bruno Vignolle
Bruno Vignolle


Ad aprire le porte della propria cucina, quelle della Locanda 4 Ciacole di Roverchiara, è il primo chef Bruno Vignolle, 36 anni, per cinque al fianco del collega stellato Francesco Baldissarutti.

Il caro bollette sta cambiando le abitudini ai fornelli di un numero crescente di persone: questa rivoluzione si riflette anche nella sua cucina?
Direi di sì. Da un lato sfruttiamo le buone pratiche che la tecnologia ci permette, dall’altro teniamo ciò che di prezioso ci arriva dalla tradizione.

Veniamo subito al dunque, al dilemma tutto italiano di queste ultime settimane che riguarda la cottura della pasta: è possibile, come insegna il nobel Parisi, gustarla al dente senza una fiamma costante, e costosa?
Sì, tecnicamente è possibile. L’ho provato io stesso, ancora anni fa in tempi non sospetti a una lezione. Occorre qualche minuto in più, la giusta quantità di acqua salata ma il glutine cuoce anche a temperature minori dei 100gradi e non si perde in consistenza o gusto. Certo, può essere fattibile a casa, conoscendo i tempi dei pasti, per un solo servizio: in un ristorante non è pensabile. Abbiamo però a menù tutta pasta fresca: quella sì necessita di una cottura più dolce. Serve sobbollirla e per meno tempo.

Tecnologia e tradizione, dunque, per il risparmio in cucina: qualche dettaglio in più?
È un’abbinata vincente, confermo. Per tecnologia intendo, ad esempio, un forno trivalente di ultima generazione che ci da la possibilità di cuocere anche durante la notte e complessivamente abbiamo diminuito il consumo di gas. Utilizziamo inoltre la vasocottura e la fermentazione: facciamo le conserve come una volta le nostre nonne, sfruttando sale e zucchero.

C’è altro?
Consegne frequenti e il più possibile a chilometri zero , dai produttori locali che girano il territorio e possono passare più volte la settimana. Ci siamo accordati con Coldiretti per trovare un canale che ci permette di arrivare direttamente alla distribuzione. Così facendo abbiamo meno stoccaggio, dettaglio che ci ha permesso di spegnere due celle frigorifere.

Nel menù cosa si riflette di questa trasformazione “dietro le quinte”?
Poco o nulla, in realtà. Ciò che offriamo è sostanzialmente sempre la stessa tipologia di cucina, di piatti. Abbiamo diminuito ad esempio il numero di menù degustazione ma affiancato sempre il menù alla carta. Più marcata forse la stagionalità dei nostri prodotti ma è una filosofia che comunque ci accompagna da sempre.

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