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Il caso della «cicatrice francese»

La preside e la lettera i genitori: «Abbiamo coinvolto le famiglie, loro possono cogliere i segnali»

«Non possiamo agire al di fuori della scuola ma solo sensibilizzare»
La preside Marzia Baroni ha scritto alle famiglie degli studenti
La preside Marzia Baroni ha scritto alle famiglie degli studenti
La preside Marzia Baroni ha scritto alle famiglie degli studenti
La preside Marzia Baroni ha scritto alle famiglie degli studenti

«Se fosse stato un solo studente, avremmo pensato a un incidente. Ma il fatto che più di uno di loro si sia presentato a scuola con lo stesso livido sul viso ci ha insospettiti. Dopo che i ragazzi hanno raccontato agli insegnanti del tutorial che sta girando online, e che mostra come procurarsi questa specie di cicatrice, con la referente d'istituto per il bullismo e cyberbullismo ci siamo documentate ed è scaturita l'idea di scrivere alle famiglie. Mi sono sentita in dovere di informarle, perché a casa si hanno sotto controllo i propri figli, ma non sempre si ha la percezione dei fenomeni di massa».

Questo il racconto-ricostruzione di Marzia Baroni, dirigente scolastica dell'istituto comprensivo 11 Borgo Roma Ovest a cui fa capo la secondaria di primo grado «Mazza», da dove è partito nei giorni scorsi un avviso scritto indirizzato ai genitori per metterli in guardia rispetto ai rischi a cui sono esposti i ragazzi con il dilagare del nuovo e insensato trend della «cicatrice francese». Una frontiera, l'ennesima, su cui la scuola di trova nel ruolo difficile di prima linea, chiamata ad inviduare e arginare il pericolo prima che questo dilaghi al difuori di ogni controllo.

 

La lettera ai genitori

La preside ha anche invitato mamme e papà a condividere quella circolare con i propri figli, «per rafforzare quanto ogni giorno viene insegnato loro a scuola». «Il coinvolgimento dei genitori è fondamentale», afferma. «Il regolamento d'istituto vieta agli alunni di portare a scuola lo smartphone, a meno che non siano esplicitamente autorizzati dal dirigente scolastico su richiesta dei genitori. E anche i ragazzi autorizzati devono comunque tenere il telefono spento nello zaino. Sui social ci vanno quando sono fuori da qui, ma noi in classe vediamo le conseguenze di quelle dinamiche».

Il fenomeno è sotto controllo, anche grazie all'attenzione dimostrata dai professori. Ma come spiega la dirigente Baroni, il momento è delicato. «Capita, per esempio, che veniamo a conoscenza di un uso improprio delle chat di classe, dove i ragazzi si scambiano insulti e immagini di ogni tipo. Questo ci fa molto male, anche perché le chat non sono canali che la scuola autorizza, ma un servizio di "auto mutuo aiuto" che gli alunni mettono in piedi in autonomia e che può avere senso fintantoché si condividono le informazioni sui compiti a casa».

 

L'utilizzo «fuori controllo» dei social

L'uso «fuori ordinanza» dello strumento, purtroppo, è ben noto sia agli insegnanti che alle famiglie più attente al comportamento dei propri figli. L'istituto ha già intrapreso delle iniziative di formazione all'uso corretto dei dispositivi rivolte agli studenti, ma per parlare di quanto sta succedendo la dirigente scolastica organizzerà un incontro con le famiglie e verrà coinvolta anche la Polizia postale, in modo da intensificare ancora di più il dialogo e far capire quali possono essere le conseguenze della sovraesposizione a internet ed alla vastissima e non sempre innocua offerta dei social network.

«Non possiamo intervenire su ciò che accade al di fuori dalla scuola, ma possiamo costantemente fare educazione e sensibilizzazione», spiega Baroni, «e in effetti sentiamo la necessità di aiutare i genitori a comprendere quale sia la forma di controllo adeguata da esercitare e quello che i ragazzi possono o non possono fare quando sono connessi, visto che gli adolescenti conoscono il mondo dei social molto meglio degli adulti. L'importante è lavorare in sinergia con le famiglie». La strada maestra per disinnescare, ove possibile, i rischi.

Laura Perina

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