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L'emergenza

Baby gang in centro: le due quindicenni sono state portate in comunità, una è riuscita a scappare

di Camilla Ferro
La polizia locale in via Roma dopo l'aggressione
La polizia locale in via Roma dopo l'aggressione
La polizia locale in via Roma dopo l'aggressione
La polizia locale in via Roma dopo l'aggressione

Il giudice del Tribunale dei minori di Venezia ha convalidato l'arresto e disposto la misura cautelare del collocamento in comunità delle due quindicenni veronesi arrestate martedì sera per rapina aggravata e lesioni. I loro avvocati, Massimo Martini per Anna e Marco Galli per Paola (i nomi delle ragazze sono di fantasia), hanno consigliato la linea difensiva del silenzio, in «attesa di ulteriori sviluppi delle indagini». Perchè non sarebbe, spiegano, «tutto così chiaro». E quindi, proprio perchè possano rendere dichiarazioni coscienti «cosa al momento impossibile con le indagini alla fase embrionale», chiosano, le due giovani si sono avvalse della facoltà di non rispondere alle domande del gip.

Una volta portate nella struttura, però, una delle due è fuggita. Ha approfittato di un momento di disattenzione dei responsabili ed è sparita. L'hanno cercata fino a tarda sera senza risultato.  Hanno parlato, invece, i genitori: la mamma e il papà di Anna, indicata dai testimoni come la «picchiatrice» del ventunenne gambiano derubato del monopattino e del pensionato intervenuto a difenderlo, e la mamma di Paola, presente da sola all'udienza perchè l'ex marito e padre della quindicenne vive all'estero «Quindicenne? Non li ha ancora compiuti i 15, li farà nei prossimi mesi», precisa il suo legale, «è poco più di una bambina, non so nemmeno se si rende conto della situazione grave in cui s'è messa, più grande di lei», riflette Galli.

«Al di là comunque delle singole responsabilità che vanno individuate con precisione», aggiunge, «motivo per cui io e il collega Martini attendiamo di poter visionare i filmati delle 10 telecamere che il sindaco ha ricordato essere attive nella zona teatro della vicenda, la priorità ora è concentrarsi sul recupero di queste adolescenti». «C'è un disagio profondo», continua, «che arriva da lontano alla base dei comportamenti sbagliati della mia giovane assistita e che è fondamentale indagare per poter curare: questo è l'obiettivo a cui punta il codice penale minorile, confermato anche stamattina in udienza, cioè il reintegro e il recupero attraverso gli strumenti previsti dalla legge dei giovani che delinquono. L'azione punitiva mira a costruire, non a distruggere più di quanto già da sola sia riuscita a fare». Le indagini «Non sarà un percorso veloce nè facile», aggiunge Martini riferendosi ad Anna, «ma questo è adesso ciò che le spetta: la situazione è molto complessa, la strada da percorrere evidentemente lunga e la famiglia ora più che mai non può essere lasciata sola perchè da sola, è chiaro, non è riuscita a evitare questo disastro. Chiedo quindi non comprensione, nè giustificazioni», sottolinea l'avvocato, «ma disponibilità a chiarire tutto quello che è successo sia in via Roma che prima, proprio per ricostruire l'intera vicenda, dall'epilogo alla fine: c'è in ballo una quindicenne che, evidentemente, non funziona e c'è in ballo un progetto di vita da costruire su di lei perchè sia reintegrata nella società, a cominciare dalla scuola, ad esempio».

Sì, perchè le due amiche non vanno a scuola, hanno deciso, dopo la Dad, di interrompere e di riprendere eventualmente a settembre. Nel frattempo, trascorrono le giornate andando in giro con la «banda», la baby-gang quasi tutta femminile che negli ultimi tempi si sarebbe resa protagonista di episodi illegali in centro città. «Il quadro è intricato, le indagini sono in corso, mancano ancora elementi fondamentali», riprende Martini, «per ora gli addebiti, per entrambe, restano la rapina aggravata e le lesioni, anche se non si sa in realtà che fine abbia fatto il monopattino e soprattutto se l'aggressione fisica sia la risposta ad un qualcosa che è successo prima». E confessa: «Come l'ho vista, Anna? Affaticata, stranita, spaventata». E i suoi genitori? «Disarmati, in difficoltà, consapevoli di non essere in grado, a questo punto, di gestire la figlia: in casa sembra una cosa, fuori si trasforma. Le regole non vengono rispettate. Le uscite sono quotidiane, nonostante i divieti. E poi l'abbandono della scuola, quello è l'altro grande problema».

Nel primo pomeriggio di ieri le due amiche sono state caricate su un blindato e trasferite da Venezia nelle due comunità della provincia di Verona - una separata dall'altra proprio per interrompere il rapporto malsano che le lega - a cui il giudice le ha destinate. Affronteranno un percorso rieducativo, seguite da psicologi e professionisti impegnati a recuperare minorenni colpevoli di reati, «isolate dagli ambienti e dalle persone loro familiari», spiegano i legali, «impegnate in attività, laboratori, terapie in grado di ricostruire ciò che è andato perso a livello di relazioni e di socialità. Potranno, con il tempo, avere contatti con i genitori, noi le sentiremo e terremo i contatti con i responsabili delle Comunità che le hanno in consegna». Per quanto? «Per tutto il tempo necessario, che non sarà poco», concludono. 

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